Negli ultimi giorni mi è capitato di intervistare per la trasmissione tre persone diverse. Non posso scendere in particolari, come capirete, ma si tratta di persone abbastanza “in alto”, per così dire. Non personaggi famosi, ma uomini e donne in posizioni che comportano un certo potere, quanto meno culturale.

Uno era tra i curatori della mostra su un fotografo del passato. Prima di intervistarlo mi sono documentato con una (una) pagina di Wikipedia sul fotografo in questione, tanto per. Quando gli ho chiesto qualcosa di più specifico oltre alla cartella stampa, ho sentito chiaramente il rumore delle sue unghiette sul vetro – e badate bene che un’intervista non è e non dev’essere un interrogatorio. Alla mia domanda sull’evidente importanza e rivistazione dei temi del fotografo oggi, con una finta l’intervistato mi ha parlato del fatto che “prima o poi tutto viene ripreso dalla moda”. Mi mancava solo che mi parlasse della completezza di uno sport come il nuoto, come mi ha detto prima FedeMC.

Una era la direttrice del luogo dove veniva esposta una collettiva di fotografi del presente. Ha definito “inglese” uno nato a Dublino, e ha raggruppato diversi paesi dell’Europa del nord, da dove provenivano altri artisti, dicendo “da nord”. Hic sunt leones. Con quel freddo.

Uno era il responsabile di un’importante galleria milanese. Ha citato un film sbagliandone la data. Ne ha citato un altro sbagliandone la pronuncia (e non stiamo parlando dei capolavori della cinematografia ungherese). Ma soprattutto ha usato continuamente l’espressione “mentre che” completamente a caso, messa in mezzo alle frasi, così, come si lanciano i coriandoli. Per non parlare dell’uso ormai diffusissimo di “piuttosto”, adoperato alla stessa maniera di un “o” congiuntivo.

Lo so, sono discorsi spocchiosi e pallosi. Ma così non solo si parla male, ma lo si fa credendo di essere colti. L’esempio di questo “piuttosto” usato a cazzo è evidente. Semplificando al massimo:
– qualcuno, in una posizione culturale di potere X, usa “piuttosto” nel modo sbagliato (per motivi che non ci è dato di sapere);
– un altro, in una posizione X-1, riprende l’uso sbagliato senza porsi domande, perché il signor X vuoi che parli male? Inizia ad usare quindi “piuttosto” in quel modo, sentendosi anche quasi manzoniano, colto, all’altezza di tutto quello (esagero) che il signor X rappresenta.
E la catena è infinita.

Sì, ci sono problemi più grossi al mondo, è vero. Ma non posso pensare che, anche in questo, siamo un paese approssimativo, arretrato, per molti versi orrendamente borbonico. E ciò si vede anche dalle parole, e da come sono usate per esprimere dei contenuti, per di più talvolta inesistenti.

Mentre che, piuttosto, eh?
Appunto.