Siccome oggi anche mia madre mi ha detto che non scrivo niente del mio viaggio sul blog, ecco qua, qualche annotazione.
La prima cosa che ho notato quando ho iniziato a girare per New York è che tutti, uomini, donne, neonati, vecchi, gialli, neri, bianchi, ricchi e poveri, sono sempre là a mangiare, ciucciare, bere, ingurgitare qualcosa. Ma con gusto, eh. Ho visto bambini di pochi mesi bere dei liquidi con dei colori assurdi, forniti dalle loro madri, che dicevano: “Ma tanto è piccolo, mica se ne accorge che sta bevendo una roba fucsia: a quell’età non vedono i colori.” Ho subito un odore tremendo di patatine alla merda (presumo) che si è sprigionato dal sedile dietro di me mentre andavo a Boston in pullman. Alle ore otto e cinquanta antimeridiane.
La seconda cosa che ho notato è che, qualsiasi cosa tu chieda da bere, ti danno la cannuccia. Caffè, the, gin tonic, coca cola. Solo quando ho chiesto del whisky in un jazz club me l’hanno dato in un bicchiere senza niente. Se no, cannuccia per tutti. E tutti succhiano come pazzi, contenti, da enormi mastelli pieni di qualsiasi cosa.
La terza cosa che ho notato è che spesso c’erano signori di cinquanta e passa anni vestiti da deficienti, con t-shirt con scritte improbabili, cappellini portati all’indietro, scarpe da ginnastica talmente colorate che se un epilettico dovesse fissarle avrebbe sicuramente una crisi, calzettoni tirati su, bandane.
Ho riflettuto, cercando di collegare tutto. Cannucce, schifezze da mangiare a tutte le ore, vestiti improbabili. E ho capito. Gli americani sono un popolo di dodicenni. A quell’età bevi tutto con la cannuccia, mangeresti patate fritte anche a colazione, cominci a fare il cretino, a diventare adulto, ad urlare, ti esalti per le donnenude (questo magari anche dopo, eh), ami il wrestling, tutto dev’essere colorato e grandissimo, videogiochi, filmazzi, moto e heavy metal ti bastano e avanzano (visto che di donnenudevere non ce ne sono a portata di mano).
Ma sei anche all’inizio della tua massima creatività, sei curioso, inizi a scrivere, suonare, conoscere l’amore, corri, ti stanchi, sudi (e per rinfrescarti, voilà, bibitone verde pisello), sei curioso, parli con la gente, sperimenti te stesso e le cose che puoi fare, senza limiti, ostacoli, vergogne e preconcetti. Senti di avere il mondo ai tuoi piedi.
Quindi, non leggete queste poche righe come una critica, non è così. A parte il fatto che, dopo meno di due settimane in due città non esattamente esemplari per gli USA, non ho abbastanza conoscenze per sputare sentenze: questa è solo un’impressione.
Il problema non è, insomma, la bambinaggine degli statunitensi (parlo in genere, poi ovviamente le eccezioni sono moltissime): quella ha fatto sì che gli USA siano comunque (stati) la fucina di cultura popolare più importante degli ultimi 100 anni. Il problema è che, ora come ora, il mondo è governato da un dodicenne. E su questo vi sfido a darmi torto.
Quell’estate Wes aveva preso in affito una casa ammobiliata a nord di Eureka da un ex alcolizzato che si chiamava Chef.
Sai cos’è, è che Carver da qualche parte è venuto. E a me piace pensare che ci sia un perchè. E non solo a me, eh
e mica solo carver (che pure amo con tutto il cuor). che dire di serissimi personaggi come cheever e faulkner? però poi c’è poe, e barthelme, e anche lo stesso hemingway.ma il commento voleva essere una bacchettata alla superficialità (ammessa, peraltro) delle considerazioni?
Assolutamente no, direi il contrario. Carver & company (io ci metto anche De lillo e D.F. Wallace) hanno solo messo “in musica” considerazioni analoghe alle tue, credo
geniale….
Descrizione magnifica.
Va anche aggiunto che gli americani, i newyorchesi, almeno, che conosco assai meglio, proprio come i bambini, tendono incredibilmente, nonostante tutto quello che gli è capitato, a fidarsi del prossimo e li vedi sempre insieme, con grande voglia di parlare, di appoggiarsi l’un l’altro, di darti una mano, di darti LA mano, di fare attenzione alle piccole cose. New York, la città più grande, popolosa, caotica del mondo, è il luogo più tranquillo e a misura d’uomo in cui abbia mai messo piede. Sì, nonostante i macdonald’s. (la cucina di new york è senza l’ombra del minimo dubbio la migliore cucina del pianeta)
[Ste]
non male il blog a tema Beatles
Sono tutti dodicenni perché anche il loro paese in confronto a tutti gli altri è un paese appena agli inizi dell’adolescenza? Voglio dire, centra sempre la questione di quei pochi anni di storia che hanno alle spalle?
giorgi, non credo che si possa applicare la psicologia dello sviluppo ad un popolo intero. se fosse così, noi e i greci dovremmo guidare saggiamente il mondo.
la cucina di new york la migliore del pianeta? forse perché composta da tutte o quasi le cucine de mondo?
non sono mai stata negli stati uniti e me li immagino come una disneyland enorme, e un po’ anarchica.
amico, domani torno a NY per 4/5 giorni, un bel viaggetto con la macchina da chicago.
vivo in usa da 5 mesi oramai, ma sento che ancora molto mi sfugge, posso pero’ confermare l’impressione di entusiasmo adolescenziale…
tra le altre cose, non hai notato l’ossessione per il ghiaccio?
Pero’ no….non dite che a NY c’e’ il cibo migliore del mondo..non sapete quello che dite. Italia senza dubbio number 1, non ci sono cazzi. E scusa se mi appassiono ma il cibo e’ una questione cruciale per un’italiana che vive in USA.
Ste, come ti viene in mente???
🙂
Salutini dall’Illinois, e’ un piacere leggerti caro Fra.
pupona, ma sei tu? mitica! tranquilla, che ad aprile prossimo sono di nuovo a nyc, a costo di raccogliere pomodori per un’estate.
[…] proiezione al Tribeca Film Festival, un pranzo alla Princeton University (pure!). Insomma, rispetto all’anno scorso, un po’ meno turista, un po’ più qualcosa che si avvicina al vivere la città. Maps […]