La parola è impegnativa, importante, spesso male interpretata, abusata o non considerata affatto. Etica. La applico ad un caso concreto, ad un esempio.
Edizione del TG1 delle 20, appena andata in onda. Si parla dei nubifragi che hanno investito ieri il Friuli. Ci sono stati due morti. Ovviamente viene intervistata la moglie di uno dei due. La quale, ovviamente, è sconvolta dal dolore, non riesce a parlare. Non più di venti secondi. Poi si passa ad altro.
Mi chiedo: a che cazzo serve mandare in onda venti secondi di disperazione così? E non è di certo un caso isolato. Vengono intervistati padri di bambini uccisi da auto pirata, vedove della mafia, giovani donne che hanno appena perso il marito. Il dolore va mostrato possibilmente quando è fresco.
Procediamo in maniera logica. Si potrebbe dire che loro potrebbero rifiutarsi di farsi intervistare. Certo. Come se uno che vive il dolore più grande della sua vita abbia la razionalità di scegliere, decidere, dare permessi. Si potrebbe dire che intervistare queste persone (anche il termine “intervista”, in questo caso, credo che sia decisamente fuori luogo) arricchisca la notizia. E questa, credetemi, non è un’ipotesi acida, sarcastica o ironica: si usano veramente giustificazioni del genere. E allora mi chiedo che cosa mi abbia dato in più sentire i singhiozzi della vedova friulana mezz’ora fa.
È veramente una battaglia persa quella dell’etica nel e del giornalismo?
Mi piacerebbe parlarne con tutti voi.
A me è capitata la stessa cosa…appena morto mio fratello di 14 anni avevo giornalisti fuori casa a rompere le palle…appena sono arrivati all’ingresso c’eravamo io e mia zia ad aspettarli, alla fine sono stati fuori casa. Non erano di nessuna tv,ma di un giornale locale, cmq hanno fotografato me e mia zia mentre li guardavamo male e ci hanno messi in prima pagina…-_-;;
Si, è una battaglia persa! E’ ormai radicata una marcia cultura del sensazionalismo praticamente impossibile da estirpare.
Quando seguo un telegiornale provo solo nausea. Non si ascoltano notizie ma tentavi di spettacolarizzazione degli eventi.
Come si cambia una così diffusa mentalità?
Shadowplay
Il punto è che si è passati, come dici tu, da una narrativizzazione della notizia ad una sua spettacolarizzazione. La mentalità è sicuramente diffusa, ma credo che (forse mi sbaglio) la “classe giornalistica” abbia coscienza di sé e quindi possa fare qualcosa. Ma forse sono solo utopie. Almeno noi continuiamo a parlarne.
I giornalisti (o comunque l’ordine dei media al gran completo) hanno capito che per dribblare il concetto di etica ci si può riempire la bocca con l’ormai famoso ‘diritto all’informazione’. Spettacolarizzare una notizia tremenda è il minimo che possa accadere…tutto in onore del dio Auditel!
Mi ricordo quando, diversi anni fa, su Avanzi, Guzzanti faceva la parodia di Mixer interpretando un favoloso Gianni Minoli. La sigla iniziale mi suona ancora per la testa…
no.e comunque, anche fosse persa la battaglia, non ci si rassegni a perdere la guerra. le interviste ai parenti delle vittime, le interviste ai funerali, le interviste ai citofoni. il singolo redattore che va a farle sta eseguendo spesso obtorto collo delle direttive. che come dice la parola stessa vengono dal direttore (o dalle sue dirette emanazioni). i direttori, a loro volta, sono emanazione di un tempo, di una politica, di una tendenza. ad oggi, ecco il risultato. se c’è un direttore che ha sempre avuto un altissimo senso dell’etica, nella professione, quello è minoli. credo che, sempre ad oggi, l’abbia capito persino guzzanti (figlio).
[…] corsi e i ricorsi di cui sotto continuano. Esattamente quattro anni fa scrivevo un post, intitolato Etica, in cui mi chiedevo che limiti si potessero raggiungere nel giornalismo […]