Archivi mensili: Novembre 2005

Aristide Benassi vs. Tsai Ming-Liang

No, niente, cioè, lo sapevo che butàva male nel pomeriggio, che era arivata mia suozera. Oh, dite voi, tua suozera, ma come, Benassi, tu hai settantatré anni, la mamma di tua moglie quanti ne ha, trezento? Eh no, perché la mamma della mia signora, Calzolari Nina in Benassi, ha novantatrè anni. E portati benissimo: rompe i maroni come una di quaranta. Inshomma, la Nina mi fa: “Arìva mia mamma”, con quel tono “mezzo avvisato” e io dico: “Oh, beh, tanto io volevo andare al cinema”. Che poi mi sono reso conto che era una scusa del casso, perché non vado al cinema dal settantanove. Però, oh, ormai… Sono uscito giusto in tempo, ed ero alle tre e mezzo bello lì davanti al cinema. Appena ho visto la locandina, mi sono detto: “Ma che fortuna, oh, un film di carnassa sotto casa”. No, perché di solito devo andare a vedere i film osè, ecco, dizamo, ben lontano, eh. Invece oh, avevo visto i provini di questo “Il gushto delanguria” e mi aveva ricordato un film di quelli un po’ osè, sempre di cinesi: “L’impero dei senshi”. Oh, l’avevo visto con la Nina, così, per rivivazizzare il rapporto di coppia, come si dice. Poi ho visto com’è finito e mi sono preoccupato, ma tanto la Nina il film se l’era gubbiato per metà, e allora sono stato tranquillo.

Nella foto: Aristide Benassi si appoggia ad un noto monumento felsineo (photo courtesy umarells blog)

Insomma, pago il mio bel biglietto ridusione pensionato, perché ho lavorato, io, e quello che ho me lo sono guadagnato, entro e mi siedo in un posto a caso, vizino a uno studente, uno di quelli del DAS, sapete, barbino, ochialino, faccia di culo, di uno che non ha mai lavorato un’ora una nella vita. Mi apro un po’ l’impermeabile, si spengono le luzi, oh, inizia il film. O almeno io così credo: un minuto di immazine fissa su un coridoio. Vuoto, sensa niente e nesùno. Siccome capita che il proiezionista nei zinema, quelli là osè, si adormenta, alòra io dico ad alta voce “Oh, ma qua non suzzede niente!”. Chi è che si incassa? Lo sbarbino del DAS, che mi fa “Silensio, che qui siamo al zinema.” Oh, shcusa, non l’avevo mica capito. Una battuta ho fatto. Soccia, così zovane e così triste e incassato, e non ha neanche mai fatto un casso. Ma comunque, evito la rissa e mi ziro verso lo schermo dove, incredibile, la zente si muove. E come si muove: oh, c’è una sul letto, a gambe aperte con un’anguria là in mezzo. Mi si illuminano gli occhi. Arriva uno e mi dico “Mo vai che zi siamo!” e quello cosa fa? Mo non gli mette un dito nell’anguria, senza toglierla, e lei gode! Oh, io lo sapevo che i film osè erano finti, ma fino a questo punto… Poi, niente, se la lecca, le spalma l’anguria sulle bocce, lei zeme, zeme e poi… Niente. Cambio di scena, alè. Una davanti alla televisione a gambe larghe. Che non fa niente. Poi c’è uno, che non ho capito se era quello dell’anguria di prima, che sti cinesi son tutti uguali, ‘nsomma, uno che si fa un bagno sul tetto, si trasforma in un sherpente marino e inizia a cantare in zinese, neanche fosse Coferati (ho fatto la batùta). Oh, ma dico davèro!

Gnente, me ne shono andato. Poca carnassa e troppe canzoni: oh, se volevo le cansoni, mi ascoltavo la radio.
Sono arrivato a casa presto e la Nina mi fa “Oh, già finito il film?” Stavo per raccontarle del sherpente, ma poi ho visto mia suozera che già era pronta a dirmene quattro e sono sceso giù al bar.

Gente non troppo gradevole, un po' come gli operai

Vi ricordate questo post?
Beh, ho chiamato quella società di consulenza, come se fossi un piccolo imprenditore e…
Ho sentito cose che voi umani potrete sentire domani sera, a Monolocane. Come al solito dall 2230 all 0030, su Città del Capo – Radio Metropolitana. E se non siete a Bologna c’è lo streaming, tranquilli.

(Nel  caso finissi dentro, le arance mi piacciono molto, davvero)

Update: per oggi il servizio non va in onda. Il diretùr ha per ora sospeso salomonicamente la decisione.

Sembra carne ma non è

Lo ammetto: ho un istintiva diffidenza verso i vegetariani, vegani, eccetera. E lo so che questo mi attirerà molte antipatie, ma non ci posso fare niente. La mia diffidenza non è dovuta a divergenze ideologiche, anzi, in linea di principio so che mangiare carne provoca sofferenze agli animali, soprattutto se non sono ancora del tutto morti quando li addentiamo. Ma il fatto è che per me i vegetariani fanno parte dell’insieme di persone che non mangiano determinate cose: è quello che mi rende diffidente, anche se rifiutarsi di mangiare la minestra è politicamente meno forte, come gesto, di rifiutarsi di mangiare della carne. Insomma, il punto è che, visto che mi piace cucinare e soprattutto farlo per gli altri, mi scoccia quando ci sono degli ostacoli di qualche tipo alla mia fervida fantasia culinaria. Uau.

Questa lunga premessa per raccontare qualcosa che mi è successo una settimana fa.
Avete presente quei posti circondati da fattorie, con cani e gatti che scorrazzano senza problemi, che di inverno sono completamente immersi nella nebbia e nel silenzio, silenzio attutito solo dal rumore sordo che provoca lo sbattere contro i muri dei cani e dei gatti privati del senso dell’orientamento dalla nebbia e dal silenzio? Avete presente quei posti che hanno come tovaglietta/menù tutta una serie di notizie e notiziuole che, in fondo, hanno come scopo quello di farti sentire una merda perché una volta hai mangiato una barretta di cioccolata e hai buttato la carta per terra, la quale ha soffocato orribilmente una lumaca?  Quei posti in cui sul muro ci sono le foto-ricordo di ogni cavolfiore e carota che state per mangiare, con scritte come “ci mancherai”, o “sempre presente nei nostri orti”?*
Beh, ci sono stato. E non ho neanche mangiato male, devo dire. Ma una cosa mi ha lasciato perplesso. Arrivati al secondo, ho visto planare verso di me delle cose che sembravano, indubitabilmente, delle scaloppine. Prima ho pensato ad una follia del cuoco; poi mi sono detto: e se il cuoco su fosse liberato così, finalmente, di quella rompicoglioni di sua moglie? Infine mi è balenato in testa che potesse essere un modo rapido ed economico di sbarazzarsi di animali malati, e ho pensato che, in effetti, anche la moglie del cuoco poteva essere malata. Infine le ho addentate: seitan.
Ma io mi chiedo perché. Perché avete le tovagliette che dicono che non uccidereste un animale neanche morti, perché avete tanti bollini di bio-certificazione, perché propugnate (giustamente) una causa condivisibile… e tentate di fregarmi? Datemi del seitan a forma di seitan, santiddio, e se il seitan non ha forma, datemelo cubico, circolare, piramidale, ma non a forma di carne. Se no è come dire: “Eh, lo so che vorresti una bella bistecca, come secondo. Anche noi, sai, ci saremmo anche rotti le palle di dare da mangiare alla mucca e basta, e che ci vorrebbe, due colpi, et voilà, una bella fiorentina. Ma non possiamo. Quindi ti diamo qualcosa che ti ricordi la carne, ma che non lo è neanche lontanamente. Su, mangia che si fredda.” Lo spirito di sacrificio, ecco cosa non mi piace di un certo modo di mangiare. E ho pensato che il seitan a forma di scaloppina è l’equivalente alimentare dell’invidia del pene.

*Beninteso, ogni ortaggio si è sacrificato per il vostro stomaco. Per quello ve lo fa pesare, dopo. Come postilla, infatti, devo dire che il macrobioticovegetallycorrect mi è rimasto sullo stomaco fino all’ora di cena.

3%

Ho appena finito di vedere il servizio di Rai News 24 su quello che è accaduto a Falluja, Iraq, negli ultimi mesi.
La frase del servizio che mi ha più colpito è stata quella che si riferiva ai filmati della guerra del Vietnam: solo il tre per cento del materiale video proveniente dal Vietnam aveva contenuti violenti, ma (anche) questo è servito a scatenare la protesta contro la guerra.

Per questo pubblico qui diversi link, che hanno a che fare con quello che io, nel mio minuscolo, e altri hanno fatto per documentare quello che è successo a Falluja e in Iraq e che sta presumibilmente accadendo ancora. Una piccola parte del materiale disponibile in rete. Il 3%?
Solo l’ultimo link riguarda il servizio andato in onda qualche giorno fa.

Leggete e guardate tutto con attenzione, per quanto immagini e parole siano insostenibili. Poi vi chiedo un favore: copiate questo post, o solo i link in esso contenuti, magari aggiungendone degli altri, sul vostro blog. Oppure usate la mail, o qualsiasi altro mezzo che il 2005 ci offre, trent’anni dopo il Vietnam.
Si dice sempre che siamo in pochissimi, “noi blogger”, e forse è vero. Siamo “un” 3%? Si dice anche che siamo bravissimi a fare catene sui libri che leggiamo o i dischi che ascoltiamo. Adesso facciamo una catena diversa, se vi va.

Enzo Baldoni parla di Falluja (RealMedia)
Enzo Baldoni racconta di Falluja
(agosto 2004)

Giuliana Sgrena: Falluja, una strage al giorno
(settembre 2004)

Falluja: ieri e oggi
(novembre 2004, periodo del primo probabile attacco con MK-77)
Il video linkato nell’articolo si riferisce ad un attacco dell’aprile 2003: scaricatelo qua (tasto destro, salva con nome)

Rapporto da Falluja 1 e 2
(gennaio 2005)

Napalm by any other name
(aprile 2005)

Il servizio di RaiNews24
(novembre 2005)

Sapevatelo

Cos’è la premiata ditta “Cingoli e detonazioni”? Quanto costa andare a fare brunch da Carmine? Perché si sono sciolti i Murator Boys? Cosa ci fa Superitaliano in una pompa di benzina?

Tutto questo e altro ancora ogni martedì in And the Radio Plays.

L’etere non sarà più lo stesso.

(Bona la prima, pausa pranzo).

P.S. Ovviamente, anche se non vivete in Cofferazia, potete ascoltare il tutto cliccando qui (all’ora giusta).
P.P.S. Ehi, incredibile! Grazie a quel guaglione di QP, And the Radio Plays andrà in onda in replica anche su Radionation, alle 1845 di ogni mercoledì. Per sentire, cliccate qua.

Daniela Santanchè: il dito medio del potere – terza e ultima parte

La Santanchè arriva alla Camera nel 2001, e inizia a circondarsi di amici.

Ora ho un ottimo rapporto con Italo Bocchino, Andrea Ronchi, Carmelo Briguglio, Nino Strano, e anche Maurizio Gasparri, con cui, all´inizio non c´era molto feeling.

Strano, lui che è così simpatico. Ma il vero mentore della Santantiè è sicuramente lui, La Russa.

Quanto a Ignazio La Russa dico solo che io esisto, perché se lui non avesse creduto in me non ci sarebbe mai stata una Daniela Santanchè story sul Foglio…

Ignazio, le tue responsabilità nei nostri confronti crescono a dismisura.

Ma non si circonda solo di politici, la Santanfriendly, e il suo biografo fa risaltare bene il fatto.

Tra le amicizie di Daniela Santanchè , in Parlamento e fuori, spicca Paola Ferrari, risultata in un recente sondaggio comparso sui quotidiani la giornalista tv più apprezzata dai camionisti.

Aspettiamo presto legami con Brigitta Bulgari e Lady Dominio, quindi.

Ma com’è, come non è, insomma, la Santanchair è in Parlamento. Per provarlo, ci dice esattamente dove si siede.

Ora a Montecitorio, sono vicina di banco di Roberto Alboni, Antonio Mazzocchi e Nicolò Cristalli, però Mazzocchi non c´è quasi mai perché sta al tavolo di presidenza, così io posso usare la sua sedia per poggiarci sopra borse, giornali e cappotto…

Che meraviglia. Puoi anche stendere le gambe, pensaci. Santanbag, una donna concreta, come una dei suoi idoli.

Quando ero ragazza impazzivano tutti per Claudio Baglioni, che andava per la maggiore, ma io no. Non ho mai avuto dei miti, che so i cantanti, gli attori, e infatti non avevo neppure i classici manifesti appesi in camera. Solo ora, con la politica, mi è venuta la passione per Margaret Thatcher: una donna che mi avvince, che ha cambiato la storia del suo paese.

Daniela, se ti va ti passo un bootleg degli Iron Lady, lo sai, il gruppo in cui suonava Maggie.

Ma i veri miti sono in casa (delle libertà).

Nel centrodestra Silvio Berlusconi è il genio, Gianfranco Fini la politica, Umberto Bossi il mattatore, Marco Follini l´equilibrista.

I fantastici quattro, insomma. Notare gli epiteti mascherati per Bossi e Follini. Ma è per il suo Presidente che Santanlacchè spende le parole migliori.

Gianfranco Fini, grande presidente di Alleanza nazionale, la cosa che più mi colpisce è la sua capacità oratoria eccezionale, se si decide di ascoltare qualcuno per capire la politica non ha pari. E poi le sue uscite sugli immigrati, oppure su Israele, appartengono a una destra moderna ed europea, popolare ma non populista, meritocratica ma non classista, elitista ma non elitaria. La destra dei grandi valori: l´appartenenza alla patria, la sacralità della vita, la centralità della famiglia. Questo vuol dire essere di destra.

Un po’ incerta la sintassi, Daniela, la prossima volta ti voglio più preparata, ma un sei più te lo do. Adesso va’ a posto, e scrivi il tema sul Natale.

Un lavoro bestiale fare gli alberi e tutto quanto. A Roma ho addobbato il camino con il pino verde, le lucine, le palline e i fiocchetti rossi; a Milano ho fatto, oltre al presepio, l´albero con i fili d´oro, le palle d´oro e bordeaux e le lucine tutte bordeaux; a Cortina poi, dove arriverò il venticinque, l´albero è tutto d´argento. Lì festeggeremo con Paola e Marco De Benedetti, i miei amici Trentin e Schemoz, e tutti i bambini. Ci sarà un Babbo Natale che entra dal giardino e lascia i regali nel camino, il Mercante in Fiera, per i piccoli le patatine fritte con la cotoletta alla milanese e il succo di uva nella finta bottiglia di champagne, per i grandi i cappelletti in brodo e bollito. Niente panettone, bensì pandoro con la panna montata e la frutta secca. Quanto ai regali vorrei ricevere le borsette Kelly di Hermes, che colleziono, e altri salami da Paolo Bonaiuti: io sono ghiotta da matti di salami. L´unico politico cui farò il regalo, invece, sarà Ignazio La Russa, che per me è come un familiare.

Daniela Santaclaus si misura con i suoi colleghi di partito, anche con i più spinosi.

Un ottimo rapporto ce l´ho anche con Mirko Tremaglia… se penso ai culattoni, io quella battuta non l´avrei detta, ho tanti amici tra gli omosessuali… comunque non commento le parole di un ministro della Repubblica… e poi, se ci ripenso, mi viene troppo da ridere.

Ti sarà sicuramente venuta in mente una bella barza sui froci, eh?

E adesso, varie ed eventuali (feat. The Club). Cucina (notate le virgole, messe come il prezzemolo)!

E´ bello, nel mondo, di internet, portare avanti le tradizioni, avere ancora delle cose antiche cui fare riferimento, stare tra i tegami. Quanto al mangiare invece ho una passione per la minestrina, quadrucci e stelline con il brodo di carne oppure di pollo ma senza parmigiano, per le mammole dei carciofi bolliti e, ancora di più, per i salami di ogni tipo, felini, piccanti, cacciatorini… solo la finocchiona mi piace un pò meno. E poi adoro la mortadella, il prosciutto crudo, il culatello, il lardo, la pancetta, la coppa….

Amore!

Non ho mai avuto, neanche da ragazzina, il prototipo dell´uomo ideale, del genere biondo, alto, con gli occhi azzurri. Mi sembra una stupidaggine. Diciamo in generale che, per quanto mi riguarda, l´uomo perfetto non deve essere perfetto, però deve volere solo me, deve farmi sentire che sono l´unica, che non c´è nessun altra al mondo, insomma devo essere la sua regina. Da un punto di vista fisico ho una sola preferenza: non deve essere alto, diciamo al di sotto dell´uno e ottanta…

Carriera!

Io, appena eletta nel 2001, trascorsi tutto il mese di agosto a prendere lezioni private con un professore universitario. E non è che ero del tutto a digiuno: mi sono laureata in scienze politiche, dove mi hanno fatto due palle così con Marx e co´ sto Capitale…

… per non parlare della Corazzata Potemkin, eh, Daniè? Andiamo avanti!

Sono nata fortunata, con un buon carattere, mi piace ascoltare gli altri, perché penso sempre di avere da imparare da tutti, so cucinare, ricamo bene… a punto croce e a mezzo punto… e ho solo vizi modesti: fumo, anzi fumavo visto che ho smesso da poco, mi mangio le unghie, sono pigra.

E per finire… lapsus!

Però non sono ingorda, non solo lussuriosa, non sono invidiosa. Sembro forse un tipo lussurioso?

No, Daniela. Abbiamo capito dal tuo gesto che sei troppo fine per essere lussuriosa.

fine

P.S. Un grazie a Succo di mela che, grazie ai commenti a questo post, mi ha fatto scoprire l’imprescindibile sito della Santanweb.

Daniela Santanchè: il dito medio del potere – seconda parte

All’università, però, sono guai: Daniela è circondata da comunisti. E lei, per reazione, diventa una “cremina”.

I cremini stavano a Torino, come i sanbabilini a Milano: avevamo la gonna blu a pieghe, la camicia Oxford azzurra, i golfini, le prime borse firmate Chanel e Vuitton, i jeans stretti Levi’s, le scarpe Scott blu.

Incredibile come non avendo una lira si possa diventare una cremina: o Daniela Saintchanel si vestiva solo con capi taroccati? Rimane il mistero. Ma inizia a capire che è la destra quella che conta, anche se ancora non sa che è il dito medio di quella mano il vero centro di tutto.

Poi, il biografo viene rapito e sostituito di punto in bianco dal mago Horus.

Daniela ritiene di essere “una parte tipo animale, intuizione e fiuto, e per l´altra parte un tipo fortemente razionale”

E il mago Horus viene a sua volta sostituito da un’articolista di Cosmopolitan. O da un autore di The Club.

Per conquistarmi, un uomo deve farmi sentire una principessa, coccolarmi, viziarmi, ma viziarmi di modi, farmi sentire la prima del mondo, occuparsi solo di me, che vuole solo me, importante, unica. Deve farmi sentire amata. Nella conquista mi affascinano i modi, non le cose o i gioielli…

Il tutto senza soluzione di continuità. Daniela, iniziamo a parlare di politica o no?

Il primo uomo politico che mi ha conquistato è stato Ignazio La Russa, ma prima avevo già conosciuto Paolo Cirino Pomicino. (…) Ignazio, invece, l´ho conosciuto nel 1995. (…) Poi di lì abbiamo cominciato a frequentarci, siamo diventati amici, e con quest´uomo brillante, capace, molto intelligente, ho cominciato ad appassionarmi di politica…

Appassionarsi di politica con La Russa? Allora ci si può anche interessare di musica con Drupi.

Daniela, prima che una politica, è una donna, che ha conosciuto l’amore e anche il dolore che c’è quando l’amore finisce. Il suo primo matrimonio con il chirurgo plastico che le ha rifatto il naso giunge ad un termine, come abbiamo visto, ma non senza che Daniela lo faccia diventare “il chirurgo più famoso d’Italia” (sic). E peccato per la presenza ossessiva del dottor Kildare oltreoceano, se no si poteva tentare lo sbarco in America…

Ho lavorato dodici anni della mia vita (…) per le pubbliche relazioni. Facevo il campionario, gestivo gli studi e le cliniche, tenevo la contabilità, incassavo i soldi ero una che gestiva la sua azienda, la nostra era una Spa. E c´ero e non c´ero, faceva la differenza. Lui non faceva niente di questo, operava e basta.

Un chirurgo che opera e basta? Incredibile. Come un politico che si occupa solo di politica. Ma Daniela Santasubito si rifà col suo nuovo uomo, Canio.

Canio mi ha detto: come mi piacerebbe avere un figlio da te. Figuriamoci, io avevo un marito che mi portava i libri sulle patologie neonatali e mi diceva: quali figli, ma tu sei pazza, e di colpo mi trovo un uomo che parla di continuità, che crede nella famiglia, nelle cose importanti, nei figli e tutto…

Ma esattamente come il matrimonio di Daniela Santanciak sembra un film, lo è anche il modo in cui ha lasciato il marito (sì, è un flashback nel flashback nel flashback…)

“Paolo, ti devo parlare”. “Adesso? Non vedi che sto studiando?”. “Adesso si, guarda che forse per te è meglio adesso”. “Che c´è?” “Tra noi è finita, mi sono innamorata di un altro, che vuole un figlio da me. Me ne vado”. “Ma che stai dicendo?”. “Non sono fesserie. Ti lascio” Ah, va bene. Però ti chiedo solo una cosa. Potresti, prima di andare via, organizzare la festa dell´undici di agosto in Sardegna?”

La logica biografia ci fa tornare indietro (ancora!) alle aspirazioni della diciassettenne Daniela, che, intervistata durante “Viva le donne” (sì, il programma con Amanda Lear), dice di voler fare il Ministro del Tesoro.

Allora, non è che volevo fare il ministro per diventare famosa, ma per fare una cosa in cui si diventa autorevoli, senza essere un numero, e dove si arriva solo se si ha una testa… Giulio Tremonti, ad esempio, per me era un genio…

Perfetto. Continuiamo così.

fine seconda parte

Daniela Santanchè: il dito medio del potere – prima parte

Una nota iniziale. Per motivi che mi sfuggono, nella biografia on line di Daniela “terzo dito” Santanchè, espressioni come “tant’è”, “n’è” sono scritte senza apostrofo. Il che mi fa pensare che Daniela si chiami, di cognome, Santanch’è.
Tutto è copiato e incollato così comè. Ops: com’è.

Lo riconosco: io da piccola ero una peste,una ribelle, una rompiballe, se mio figlio fa a me quello che io ho fatto ai miei genitori sono rovinata.

In questo non possiamo che essere empatici: se tuo figlio fa quello che tu hai fatto a noi, siamo rovinati.

Ero una ribelle, una bambina ingombrante, fastidiosa anche nei confronti dei miei fratelli, che erano perfetti, mentre io li incitavo a reagire verso la famiglia. Insomma, mi potevano ammazzare di botte, ma io niente, se avevo un´idea non la cambiavo. Mia madre era l´addetta alle sberle, alle punizioni fisiche, mi tirava perfino i capelli, e mi stupisco ancora di averne tanti.

Ribelle, si è capito, soprattutto dal gestus, segno di ribellione per eccellenza. Fomentatrice, anche. Del resto se uno ha una madre “addetta alle sberle” si può anche capire. Daniela “Masoch” Santanchè ha avuto un’infanzia difficile, ma dei capelli sani e resistenti. Che balsamo avrà usato?

Ma il castigo peggiore era quando venivo chiusa al buio nello sgabuzzino. Ci finivo se rispondevo male, se non rispettavo apposta gli orari che mi davano, se non raccoglievo le cose da terra. Io ci morivo, ma non facevo un plissè, una piega, e tanto meno urlavo “aprite”. Mai!

Plissè? Voilà, parbleu! Francesismi che non ci saremmo mai aspettati da Danielle “le doigt” Santanque. Notate anche il “mai!” finale, che ricorda tanto certe urla di qualche decina di anni fa. “A nous!”

Dopo il liceo dissi a mio padre: vado a fare l´università a Torino, Scienze Politiche. E lui: `Allora sei una brigatista!´. Io volevo dimostrargli che ero una brava, una capace, ma quando mi ha detto che ero una brigatista, allora lì mi è crollato il mondo. Lui non voleva vedere l´evoluzione della famiglia, prima contadini, poi lui che diventa imprenditore nei trasporti… pensava fosse un gap il fatto chi io mi laureassi… ma se mio figlio domani fa più di me io sono contenta.

Daniela Santanche è esempio per tutti che i soviet più l’elettricità non fanno il comunismo, così come università a Torino più scienze politiche, incredibile, non fanno il brigatismo.
Ma Daniela, evidentemente, è fissata con suo figlio: vorrebbe che facesse di più di lei. Che ne so, un doppio dito medio, un mexican fuckoff?

Il problema di Daniela, però, risiede nel rapporto coi genitori. Sentite qua.

E neanche quando sono diventata parlamentare è andata bene: nessuno della mia famiglia è mai venuto a vedermi alla Camera.

Forse perché non trovavano la biglietteria?

I soldi, i soldi sono un problema anche per Daniela, che all’università, come molti, non ha una lira. Vive a cappuccini e brioche per mesi, ma i soldi mancano, mancano, mancano. Allora deve fare dei lavoretti: intreccia perline (molto freak), lavora come cameriera al bar “Patria” (ecco, questo è meno freak), fa la modella per Coveri così si può rifare il naso, in modo tale, immagino, che non le entri in maniera fastidiosa nel cappuccino. Già che c’è sposa il chirurgo che l’ha operata. Ma Daniela Santancrazy è matta matta…

Si fanno tutti i preparativi, ma quando arriva la data del matrimonio, il 23 giugno, io, il giorno prima, decido di annullare tutto. Arrivo a Cuneo e dico: mamma, dai tutto indietro perché non mi sposo più. Ma come? E tutti gli invitati? A quel punto sono iniziate una serie di telefonate, prima mio padre poi il promesso sposo con mia madre (…). Al mattino mi era passata, oppure mi ero fatta forza, e, insomma, arrivai in chiesa al braccio di mio padre. Mi ricordo l´ingresso in questa chiesa fantastica, il quartetto d´archi, l´Ave Maria di Schubert, tutto predisposto a perfezione dal mio ex marito. Senza sapere neanche come, in sei mesi mi sono ritrovata sposata.

Tentare di annullare un matrimonio a colpi di telefono: già si sente nell’aria lo spirito di quella che sarà la Casa delle libertà.

A questo punto della biografia c’è una nota del redattore, che evidentemente ha grandi pretese e invece gli tocca scrivere la biografia di Santanchì. Oppure è stato molto provato dalla scrittura.

Ndr: l´onorevole Santanchè, ricordando nelle precedenti puntate la sua prima automobile, “una Renault due cavalli” , ha inteso citare Barney Panofsky (“la versione di Barney, Adelphi, pagina 19). La popolare macchina due cavalli – come annota anche Michael Panofsky – era naturalmente la Citroen. (sic)

fine prima parte

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