Felicità
A quanto pare, Romina Power si faceva le canne, e se ne faceva pure parecchie.
Ora si spiega l’espressione perennemente assente in video e foto della cantante, nonché la disperata richiesta di Albano espressa in alcune canzoni.
A quanto pare, Romina Power si faceva le canne, e se ne faceva pure parecchie.
Ora si spiega l’espressione perennemente assente in video e foto della cantante, nonché la disperata richiesta di Albano espressa in alcune canzoni.
Supponiamo, care lettrici e cari lettori, che George Clooney sia omosessuale. Supponiamo, quindi, che la storia con Elisabetta Canalis fosse una copertura ritenuta necessaria (mah) per preservare l’immagine mascolina di Clooney e che la fine della suddetta storia supporti la maschialità dell’attore, che deve per forza cambiare una donna ogni tot.
Supponiamo che Clooney abbia un sacco di soldi e che quindi abbia ricompensato la Canalis con vitto e alloggio fino a che sono stati “insieme”. E, probabilmente, con dei soldi per le piccole spese. Tipo buste con dentro contante a sufficienza per comprarsi un’isola greca. Anche due, mi sa, coi tempi che corrono. E supponiamo anche che la Canalis non se li sia sputtanati proprio tutti, questi soldi, che si sia accontentata di una sola isola, e/o che Clooney continui a darle qualche centone ogni tanto. Un vitalizio.
Che fa quindi la Canalis, senza avere pensieri economici e priva del pesante fardello, costituito da presenzialismi, tappeti rossi e cene di gala, che grava ora sulla nuova compagna di Clooney? Elisabetta Canalis si annoia a morte. Gioca alla Wii, va a fare footing, fa i pigiama party con le sue amiche, va al cinema (ma si scoccia).
Il problema è che non la guarda nessuno: prima era sempre sotto le luci della ribalta. “Ma anche quando ho smesso di fare la velina, mica le cose andavano male…”, pensa lei. Insomma, sta sinceramente per deprimersi, ma arriva una telefonata mentre sistema i suoi armadi delle mutande. La sua agente le offre di partecipare alla versione USA di “Ballando sotto le stelle”.
Lei non perde l’occasione e, già che c’è, mostra-e-non-mostra le tette, anche in un’altra trasmissione.
Viene eliminata dallo show, è vero, la sua agente le lascia un messaggio criptico (“U R hopeless”), e su quelle due misteriose lettere lei pensa di potere imbastire una storia alla Lost; è proprio nel mezzo della scrittura dei titoli di testa dell’episodio pilota quando un servizio alla televisione la menziona per cinque secondi. Nonostante il titolo odiosamente fazioso del servizio (“Quante se n’è fatte George!”), si rende conto che, in fondo, la gente è tornata a guardarla.
È bastato passare qualche serata a ballare male seminuda in tv. “Un ritorno alle origini…”, pensa lei. La Canalis ha quindi un’idea geniale: fare intravedere le tette, sempre e comunque. FIschietta, ricordando il detto popolare “Capello che vince non si cambia”, e prepara il suo piano, mentre disdice con un sms l’appuntamento con la parrucchiera.
La mattina successiva va dal benzinaio come ci andreste tutte, mie care lettrici, indossando solo una canottierina e i pantaloni della tuta. Scende dalla macchina, dice “Rifornimento, KITT!”, non accade niente. Allora comprende appieno l’espressione “self service”, e l’accetta, nonostante le faccia tanto villaggio vacanze di quarta categoria.
Osservate le foto: il perenne sguardo smarrito di fronte ai temibili marchingegni della stazione di servizio è dovuto all’effettiva difficoltà che la Canalis prova nell’azionamento degli stessi. L’espressione circospetta, invece, non deriva dall’ipotesi che stia rubando del carburante, bensì dall’idea che si possa manifestare da un momento all’altro David Hasselhoff, peraltro eventuale ottimo compagno di bevute da carriera-in-declino. In ogni caso, sebbene Michael Knight non si palesi, la missione è compiuta.
Il giorno dopo decide di aumentare la posta ed entra in un piccolo emporio per comprare un pacchetto di gomme da masticare, non prima di avere cambiato i pantaloni della tuta per degli shorts inguinali. Sfortunatamente quel giorno la macchina fotografica del paparazzo (Gavino Canalis, un puro caso di omonimia: LA è grande, eh) ha le batterie scariche e l’unico a vedere la Canalis in tali vesti è il proprietario del negozio, a quell’ora deserto, Desmond Callego.
L’ottantaquattrenne viene trovato morto d’infarto qualche ora dopo dalla nipote, che dichiarerà alla polizia: “Prima d’oggi non avevo mai visto il nonno così felice. Per non parlare del sorriso che ha sul volto.”
Il fallimento dell'”Operazione Cingomma” non fa demordere la nostra, che decide di buttarsi su Twitter, nonostante l’increscioso incidente di qualche mese prima. Accede all’account, cancella i mille messaggi di Jennifer Aniston (che la minacciano in seicentoquindici modi diversi: ogni tanto la Aniston si ripete) e il messaggio di Iggy Pop (“I’ll kill U”, e quella U le fa pensare a un complotto sulla sua agente) e si butta come una pazza a commentare, disquisire, raccontare di sé.
Tuttavia non è soddisfatta: sente che c’è un anello mancante. “Mica quello stronzo di George l’avrà voluto indietro?” Ma la Canalis soprattutto si chiede: come fare intravedere le tette anche su Twitter?
Scopre quindi che quella finestrella sul suo cellulare non è una presa d’aria, ma l’obiettivo di una macchina fotografica incorporata nel cellulare stesso: ragazzi, l’America. E si ricorda anche che è possibile mettere su Twitter le proprio fotografie, anzi, l’ha già fatto!
Come dimenticare le foto del Piccione Aldo, o quelle di lei-in-macchina-con-un’-amica? Licenzia Gavino con professionalità e cortesia, urlandogli dietro “Tu cugino mio più non sei”, poi, presa dal rimorso, chiama papà in Italia per mostrarsi pentita dello screzio familiare. Lo squillo del telefono di casa Canalis sveglia tutti alle cinque del mattino, allarmando anche il cane: il fuso orario non è un concetto così semplice da incorporare. Passa una notte infame, ma il giorno dopo decide di andare in spiaggia, per iniziare una nuova vita sotto i riflettori del suo cellulare.
Per ora la Canalis è felice, ma poi, che succederà? Datele da fare, perché la noia è una brutta cosa.
Probabilmente la notizia che Brad Pitt si stia impegnando per interpretare John Lennon in un film biografico concentrato sugli ultimi anni di vita del nostro è una palla. Qua, più che altro, lo si spera ardentemente. Ciononostante, questa voce mi ha fatto immaginare come potesse essere nata la malsana idea nella mente di Pitt e del suo entourage. Potrebbe essere successa una cosa così.
Casa Pitt-Jolie, interno giorno. Brad fa esercizi di concentrazione, fissando il muro con aria spenta, Angelina è al computer, naviga su internet. Ogni tanto dei bambini scorrazzano attraverso la stanza, inseguiti da tate sempre diverse. Dalla radio proviene “Imagine”.
BRAD. Ma che è? Oggi solo canzoni dei Beatles alla radio?
ANGELINA. Non è una canzone dei Beatles, è di John Lennon, amore.
B. Vabbè, solo canzoni dei Lennon alla radio?
A. È per ricordare la sua scomparsa. E’ morto l’otto dicembre.
B (agitato). Cosa? Mi vuoi dire che John Lennon è morto?
A. Trent’anni fa, tesoro.
B. E io dov’ero?
A. A fare marchette a West Hollywood, va’ a sapere…
B. E Yoko Ono è viva?
A. Sì, lei è viva. Per tua informazione sono vivi anche Ringo Starr e Paul McCartney. Anche se su quest’ultimo… George Harrison, invece…
B. Chi?
A. Lascia perdere…
Un bambino corre brandendo una mazza da baseball; una ragazza di una ventina di anni lo tallona. Brad tenta di redarguirlo.
B. Ehi, ehi! Tu, come ti chiami, ehi!
A. Brad, è sangue del tuo sangue!
B. La ragazza? Ma dai? Oh-oh.
A. No, quello piccolo con la mazza da baseball in mano. Cioè, l’hai adottato.
B. L’ho adottato per conto mio o da te?
A. Poi controllo i documenti. Comunque è figlio nostro. O almeno credo.
B. Lennon ha dei figli? Chissà quanto gli manca il loro papà.
A. Aspetta un attimo… (Controlla su internet) Sì, due. Sono musicisti anche loro!
B. Anche i nostri figli faranno gli attori, allora.
A. Se prendono da me, sì. Sono figlia d’arte. A proposito, è un po’ che non sento papà.
B. Billy Bob?
A. Spiritoso.
B. Senti, ma com’è morto John Lennon?
A. Mi sa di overdose. No, no, quello era Jimi, o Jim, o Janis, o Knox.
B. Ma Knox non è uno dei due gemelli?
A. Hai ragione.
B. Oddio, Knox è morto di overdose? Ma quello non era Phoenix?
A. Lascia perdere, gli hanno sparato. Vicino a Central Park.
Due bambini irrompono nella sala, smontando un cellulare e sparpagliandone i pezzi in giro.
B. Bambini, giocate pure, ma… (si porta gli indici alle tempie e assume un’aria intensa) Memorizzate. Memorizzate dove spargete i pezzi. È questo il segreto di ogni grande attore. La memoria. Dicevamo?
A. Che gli hanno sparato a Central Park.
B. A chi? Quando?
A. Amore: a John Lennon, l’8 dicembre del 1980.
B. Sparato a Central Park. Che bella morte. Dolcezza, mi hanno mai sparato a Central Park in uno dei miei film?
A. Controllo sull’Internet Movie Database… Pitt più park più sparato… No. Nessun risultato.
B. Potrei farlo…
A. Amore, ne hanno fatti già un paio di film sui Beatles.
B. E chi ha parlato di un film sui Beatles? Sai che palle: dovrei trovare altri tre attori, sarebbero in scena quanto me: no. Voglio fare un film sugli ultimi momenti di John Lennon. Voglio essere sparato a Central Park.
A. Gli ultimi anni, intendi?
B. Qualsiasi cosa, basta che non ci siano gli altri tre in mezzo ai piedi. C’erano?
A. No, direi di no. Ma John non era da solo, c’era Yoko.
B. Lo so…
Brad si alza in piedi e si avvicina ad Angelina sorridendole. La bacia.
A. Amore, vuoi dire che… Oh, ma… Devo prendere lezioni di giapponese subito… Ma mi accetteranno come Yoko? E accetteranno mai te come John?
B. Studierò canto, tu studierai giapponese e… Cos’è che fa Yoko Ono?
A. È un’artista.
B. Allora studierai giapponese e artismo, e poi, senti: ho una canzone pronta. “All we are saying is give Brad a chance”. Non è un bellissimo titolo?
A (addolcita, quasi languida). Ti amo…
B. Ti amo anche io, baby.
A. Facciamo un altro bambino…
B. Sono stanco, adottiamolo…
Compaiono due bambini nella stanza.
Bambino. Mamma, papà: Mark può rimanere a giocare qua oggi pomeriggio?
Angelina e Brad, insieme. Ma certo. Può rimanere… quanto vuole.
Fine
La cosa più difficile, tornato a casa, è dover scegliere altro rispetto a che panino mangiare per pranzo, cena, colazione, merenda e che film vedere. E’ anche difficile rendersi conto che la vita qua necessita più del chilometro quadro calpestato ogni santo giorno al Lido. E’ anche difficile resistere alla tentazione di mettersi un pass al collo, uno qualsiasi, prima di uscire, per entrare qua o là.
Non credo di avere mai fatto un post a punti, ma volevo scrivere le dieci cose più belle della Mostra del Cinema di quest’anno, a parte i film, di cui trovate chiacchiere varie qua.
1. Arrivare al Lido e vedere subito David Cronenberg seguito da alcune ragazzine che sventolano un cartello su cui c’è scritto: “Mr Cronenberg, thank you for Spider, the best film in the world”. Penso che, allora, il cinema ha ancora qualche speranza.
2. Vedere, nei giorni successivi, le stesse ragazzine avere lo stesso atteggiamento adorante, completo di cartelli, per Orlando Bloom, Tim Burton, Riccardo Scamarcio e altri.
3. La sigla animata del festival, ironica, divertente e ritmata: e per fortuna, considerando che è la cosa che si vede ogni giorno, più volte al giorno, sempre.
4. Le scritte tracciate a pennarello sulla carta che ricopre la balaustra della passerella davanti al Palazzo del Cinema. Ne vedete qualche esempio, ma la più bella non sono riuscito a fotografarla. Diceva: “Johnny [Depp] se non vieni mi uccido. P.S. Molla Vanessa [Paradis, la moglie]” e, subito sotto, “Scherzo”.
5. Credere di avere visto Francis Ford Coppola: forse era un suo sosia, ma in fondo, chi se ne importa.
6. Sedersi allo stesso posto occupato nel 1999, quando, ventunenne, andai alla mia prima Mostra. Primo film: Eyes Wide Shut. Dietro di me, allora, Emir Kusturica.
7. Ordinare i panini del “Pecador” che hanno nomi come “Basil Instinct”, “Ham Cruise” e l’inarrivabile “Gregory Speck”.
8. Non avere visto, neanche una volta per sbaglio, Gigi Marzullo.
9. Incrociare lo sguardo di Emmanuelle Seigner, cinque minuti dopo avere visto l’orrendo film di cui era protagonista, Backstage.
10. Il momento esatto in cui si sono spente le luci prima del film più bello visto in tutti questi giorni, La sposa cadavere.
E da domani si torna alla vita normale, senza pass, mangiando normalmente panini al prosciutto che si chiamano, al massimo, “prosciutto”.