Il viaggio di ritorno da Milano è stato strano, oggi. Il treno pieno di persone che sono abituate a prenderlo, pendolari che fanno ogni giorno la tratta Milano-Bologna. Senza arrivare alla fine, ovviamente: chi vivrebbe a Bologna e accetterebbe un lavoro a Milano (ehm ehm). Io scrivo delle e-mail sul portatile, poi alzo gli occhi e vedo il treno completamente vuoto.
“Dove sono tutti? Che succede? Dove siamo?”
Mi capita spesso di perdermi in un libro o in qualcosa che scrivo (non so perché ma non dormo mai in treno) e di non rendermi conto che la gente scende. Mi rendo conto di quella che sale, ma non di quella che scende. Quando vado a Gorizia è un classico: fino a Udine qualcuno c’è, ma a Gorizia praticamente scendo solo io. Città fantasma. Quando mi rendo conto di essere solo, giro per i posti vuoti, vedendo cosa la gente ha lasciato. Ci sono soprattutto giornali. L’ho fatto anche stavolta. Ho visto qualche copia del Corriere della Sera, un paio di Repubblica, una copia del Giornale (incredibilmente tra i titoli non ho trovato la parola “comunisti”) e una copia del Corriere Adriatico, che, a quanto recita la testata, esiste dal 1860 e rotti. Titolo principale: forse il croato arrestato a Senigallia, responsabile dell’omicidio di un tassista, è la stessa persona che ha ucciso un tassista a Trieste. Quindi sulla prima pagina del Corriere Adriatico non compariva la parola “comunisti”, ma l’espressione “serial killer”, quella sì. Il fatto del serial killer presunto, aggiunto al fatto che ero da solo su quel treno che correva nella notte, mi ha tanto ricordato la prima meravigliosa sequenza di Nonhosonno. Mi sono guardato intorno guardingo. Una donna in fondo al vagone mi scrutava.
Scendo dal treno e una persona dietro di me mi dice con accento straniero: “Bologna?” e io annuisco.
Nel sottopassaggio della stazione ci sono due punkabbestia che nutrono un cane versando del cibo da una scatoletta su un cartone della pizza.
Alla fermata dell’autobus mi si avvicina una signora che, con pesante accento bolognese, mi chiede se voglio leggere qualcosa. “Spaccio di libri?” penso divertito tra me e me. E invece no. Mi offre “Torre di Guardia”, il periodico dei Testimoni di Geova. “No grazie” dico io e dicono gli altri che aspettano l’autobus. Alla fine la signora attacca discorso con una donna probabilmente di origini africane. Colgo solo alcune parole del loro dialogo “Noi credenti” “Siamo diversi” “No grazie”. L’ultima cosa che sento dalla signora testimone di Geova è “Daniele due quarantaquattro”. Sono andato a cercare il versetto:
Al tempo di questi re il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto; questo regno non sarà lasciato a un altro popolo, ma frantumerà e annienterà tutti quei regni, e sussisterà in eterno.
Fra qualche ora torno a Milano. Mi scoccerebbe succedesse qualcosa di imponente, proprio ora che sono alla fine delle mie lezioni.
Mi piace l’idea di poter essere “contenuta”.
Mi piace il treno e mi piace stare nella sua pancia.
Questo lungo barattolone è un palco per migliaia di comparse. E io le guardo, le osservo. Le vedo. Ognuna di loro ha un odore, quello della loro storia che inevitabilmente cerco di captare. Spesso mi trovo ad immaginarle sedute ad un tavolo… chissà come mangiano. Mi piacerebbe mettere il naso nelle loro case. Chissà com’è la loro rubrica telefonica? La forma delle loro tazze..
In treno ti scopri (anche) curioso. Chi non ha mai perso dei buoni quarti d’ora cercando di afferrare il titolo del libro di chi ci sta davanti?
Origlio. In treno penso. Lavoro. Disegno. Studio. Piango. Provo paura. Fantastico. In treno mi diverto e mi annoio. Mi lasco ipnotizzare dai binari. Mi sento libera. A volte è un posto magico e a volte è solo un mezzo di trasporto puzzolente, in ritardo.
Penso alle persone lontane, le sento più vicine e mi viene voglia di andare da loro. E quante altre forti sensazioni.
Il “colore di tutti i colori” è quello strano grigioverde… quello che si ottiene pasticciando troppo con i tubetti.
Il treno, per me, è di quel colore.
a me ricorda binario triste e solitario…
http://www.watchtower.org è sempre una scelta saggia in questi momenti di smarrimento (o in caso di insonnia). tuono 2,44
A vent’anni facevo roma-bologna tutti i week end, un anno intero,e non mi sentivo più a casa mia ne di qua ne di la, il treno era diventato il mio vero spazio. Persino al tipico cesso da treno mi ero affezionata, incredibile ma vero, come sostituto dell’angolo piu intimo di casa. Da allora viaggiare da sola è la cosa piu bella, gli amici che viaggiano con me spesso mi invadono lo spazio-treno, che è molto ma molto più largo dello spazio che ho voglia di occupare di solito.
E poi quella cosa dello strano colorino amorfo dei treni è vera…almeno era vera, adesso stanno tirando su nuovi e inquietanti vagoni ibridi coi colori troppo accesi…poltrone blu elettrico, o in certi trenini metropolitani, verde brillante.
buon viaggio.
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