E quindi capita che, dopo avere visto Ti ho sposato per allegria, il vostro vada a cena con i protagonisti della commedia. Conoscenze altolocate, sapete. Mica sono milionario per meriti miei, io. Comunque. Il locale scelto è il posto più in di Bologna, roba segnalata con una profusione di palline, cappellinidacuoco, forchette e stelline su ogni tipo di guida. Io, per fortuna, ho già cenato, prima dello spettacolo, tutti gli altri no. Io bevo e basta, guardo e ascolto. Oltre ai tre attori protagonisti e C., c’è un quinto commensale: è un architetto, amico della protagonista. Persona gioviale e simpatica. Sipario.
Entra il cameriere. Molto, molto depilato in zona sopraccigliare, molto calabrofrancese. Chiama l’attrice più anziana madame. Quando capisce che io e C. non mangiamo, non ci degna di uno sguardo. Quando la meravigliosa protagonista chiede, in un posto noto per le sue ostriche, una pasta al pomodoro, io vorrei alzarmi e applaudirla. Il cameriere abbozza, e tenta di propinarle, quanto meno, non delle penne, ma delle farfalle (les pennes sont très vulgaires). Non le chiama, però, papillons. Il cameriere prende le ordinazioni alzando ritmicamente quel poco di pelo che si è lasciato sopra gli occhi. Quando annota mentalmente le pietanze dice “sì”, ma dentro di sé, forse, pensa “oui”. E gli manca la ‘nduja che faceva sua nonna.
Arriva il vino, che viene fatto assaggiare all’attore protagonista. Solo che si accorge solo dopo un paio di minuti che il cameriere è accanto a lui e gli sta mostrando l’etichetta del vino che ha scelto. L’attore mi guarda, come per dire “Sì? Va bene?”. Io lo guardo come per dire “Ma a me lo chiedi?”. Lui si gira verso il cameriere, fa un cenno con la testa, il cameriere versa un goccino di vino, l’attore gira il bicchiere un po’, odora, beve e io penso “Ti prego, ti prego, sputalo, come si fa veramente!”. Niente. Lo ingoia. Altro cenno. Il cameriere pensa “bon” e ci versa il vino.
Arrivano i primi: l’attore ha chiesto una zuppa di lenticchie. Che gli viene servita (giuro) in un Bormioli Quattro Stagioni. “Perché?”, pensiamo io e l’attore. “Pas que”, risponderebbe il cameriere, se glielo chiedessimo. Non glielo chiediamo, e ci concentriamo invece su cosa sta dicendo l’architetto alla sua amica attrice. Niente di tale, solo frasi del tipo “Sono architetto, ma mi sono sempre interessato alla psicanalisi. Ho studiato quaranta correnti diverse, ma sono un cosano [scusate, non ho preso appunti] convinto. Coso stava a New York, era ebreo, ovviamente [eh certo, ti pare uno psicanalista che sta a New York, può non essere ebreo? No]. E parlava di rebirthing [in questo punto preciso C. mi stringe la mano, io le tasto il polso, per accertarmi he non stia per avere un collasso]. Si tratta di una tecnica per cui si cerca dentro se stessi tramite l’ossigeno, andando in iperossigenazione”, conclude l’architetto. “Iperossigenazione a New York?” dico io all’attore. “Roba da prendersi un cancro ai polmoni fulminante.” L’attore ride, un po’ per la battuta, un po’ perché sta mangiando una zuppa di lenticchie carissima in un vaso di vetro.
Poi si parla di genitori, di lavoro, di psicanalisi, di architettura, di materiali di recupero, di psicanalisi, di energie negative e positive.
L’attrice protaginista sta per chiedere qualcosa al calabrofrancese, che trema. “Vorrei della frutta”, dice. “Le posso fare un misto”, replica lui. “Veramente vorrei solo un mandarino”, dice lei. Lui pensa agli anni passati alla scuola alberghiera.
Tutto viene interrotto dall’arrivo del conto.
Arriva poi lo chef: la compagnia vorrebbe che facesse una teglia di lasagne che loro vorrebbero portare a casa del figlio dell’attore, dove passeranno la vigilia. Ma non sanno quanto possa costare. Lo chef è evidentemente imbarazzato, chiede una calcolatrice, chiede aiuto con lo sguardo al calabrofrancese (che pensa “e mho sono cazzhi thuoi, io ‘u thurn’ l’ho finith”), alla fine dice: “120 euro”. E aggiunge “Però è spesso, eh”, e fa’ un gesto con due dita. Lo spazio tra il suo pollice e il suo indice corrisponde esattamente allo spessore di una mazzetta di banconote. Sorride. Sorridono.
Sorridiamo anche io e C., perché il vino che abbiamo bevuto ci viene offerto dall’attrice anziana (che, detto per inciso, è una delle pochissime persone di spettacolo che conosco che ha mantenuto una certa umanità).
Sipario.
120 euro? Meeerda. Mangiate piano bambini, fatevela durare che è costata cara.
CIOE’ SEI ANDATO A CENA CON MARIA AMELIA MONTI E ANTONIO CATANIA?!?!?!…
… (puntini di sgomento)
… (altro sgomento)
Ti adoro.
P.S.: una ruola di lasagne a 120 Euri? ma poi la fanno incorniciare?
Ciao sono LUCA75 ho aperto un piccolo blog in cvia dell’anima nr.
http://nientedafare.blogspot.com
Mi farebbe molto piacere se mi venissi a trovare……Io leggo da sempre il tuo sito che’ tu ci creda oppure no e’ la verita’…..
Ti saluto e ti aguro di passare un sereno natale…
LUCA75
Per Luca75: Ho provato a commentare sul tuo blog, ma sembra che per farlo debba per forza aprirne uno mio (che ho gia’, su Splinder…vedi sopra), percio’ ti commento qui: (a proposito di Marco Conidi) libero di non crederci, ma meno di 2 settimane fa ho parlato al telefono (per lavoro) con Rosario Di Bella…
OT: giochi con noi? ci dai 10 morti del 2005?
fantamorto.splinder.com
Scrivi bene, molto. Spesso originale e con quella puntina di sarcasmo che fa fico (o preferisci “figo”?) e non impegna.
Ci ho messo un po’ ad arrivarci, ma ora ne sono sicura: mi sei antipatico.
buon anno, senza rancore.
🙂
120 euro per una teglia di lasagne? chapeu!
mmmh…. Ophelia = Amelia
intuito o no?!
Andrea
ricordo una cena, l’unica, con la mia compagnia di teatro… la mummia incartapecorita, vecchia, affascinante, passata, anziana attrice emula di greta garbo che chiede al cameriere della sordida pizzeria di periferia di chiamarle gentilmente un taxi, come al ritz di parigi…
faccia obliqua di lui. priceless.
theego: alla fine mica l’hanno comprata là. per fortuna. sfrilla: ci sono capitato a cena, per carità! 🙂ophelia:
auguri anche a te. senza rancore, eh.andrea: ehm, no.stranigiorni: sai se chiedeva una limousine? che meraviglia, però, le attrici incartapecorite.