(Continua dal post precedente)
4. Facebook ha stravolto il concetto di “privato”
Il discorso non riguarda solo la privacy dei dati degli utenti, che Facebook, si sa, affronta in maniera del tutto sbarazzina, ma il senso di “privato”, stravolto dalle disposizioni di base che vengono associate al nostro profilo quando ci iscriviamo, ma anche dei meccanismi “sociali” ormai condivisi. Facebook nasce per farsi i cavoli degli altri e per mettere in piazza i propri: questo è un dato. Ma, ripeto, non si tratta solo del fatto che se io sono iscritto a Facebook e mi fotografano alle spalle di Giovanna, ecco che la mia foto col mio nome compare nell’album di Giovanna senza che io possa, in prima battuta, impedirlo. Qui parlo del fatto che le bacheche degli utenti, cioè i luoghi in cui compaiono le cose che l’utente scrive, ma anche gli oggetti inseriti da altri in cui è “inserito” il nome dell’utente stesso, sono ormai usate come mezzi per comunicare cose private, sebbene siano visibili da tutti gli amici dell’utente in questione. Per cui non è difficile imbattersi in scambi di commenti pubblici che riguardano appuntamenti tra due persone in un dato luogo, sollecitazioni a studiare, lavorare, eccetera, proposte di cene, cinema o aperitivi, fino a (visto con i miei occhi) inviti a rispondere al telefono: davvero, ho visto uno scambio di messaggi tra l’utente A e l’utente B, sulla bacheca dell’utente A, in cui B scriveva “A, rispondi al cellulare, ti sto chiamando”.
Di nuovo: è la natura tecnica del mezzo che obbliga gli utenti a questo tipo di scambi? No, perché, come in tutti i social network, anche in Facebook esistono i messaggi privati, che però spessissimo non vengono usati per comunicare cose come quelle sopra riportate. Il risultato è l’ulteriore aumento del “rumore” di cui abbiamo parlato prima.
Conclusioni
Queste osservazioni non hanno pretesa di essere esaustive, ma erano per me necessarie. Facebook, come ogni strumento di comunicazione, non è il male, ma secondo me tende a essere utilizzato male. La sua diffusione, le sue caratteristiche tecniche, i suoi modi d’uso portano inevitabilmente a una scarsa propensione all’approfondimento e alla riflessione: nonostante questo, i modi minimi di partecipazione che sta imponendo sono gratificanti per l’utente che, pur non dando davvero un’opinione articolata su un determinato evento, oggetto o altro, si sente parte della comunità, del social network, in maniera completa e soddisfacente, poiché la partecipazione minima ha la stessa valenza di altre, anzi, viene spesso preferita ad altre che, quando esistono, vengono comunque meno considerate. Alla superficialità della proposta (post) corrisponde sovente una partecipazione minima in qualità ma numericamente elevata degli utenti: per intenderci, se io su Facebook posto un video, avrò più “mi piace” di quanti commenti possa avere su una nota, indipendentemente dal contenuto del video o della nota.
Tutto questo influenza il resto della comunicazione in rete, in particolare le forme di comunicazione più articolate e complesse, quali quelle dei blog, mica dei trattati scientifici!, che subiscono un declino di lettori e commentatori, a prescindere dalla loro qualità.
Se volete vedere tutto questo come un piangermi addosso siete fuori strada, ma liberi di farlo, anzi: siete invitati a commentare questi post. Un “mi piace”, questa volta, non vi salverà.
mmm, secondo me le analisi di questo tipo fanno molto rubrica di costume e società del tg2. stima immutata, eh, è proprio l'argomento scelto che si presta a rimescolare sempre gli stessi luoghi comuni…
bdd
quando il tg2 costume e società parlerà di modi di socializzazione in rete che tendono a modificare le forme di comunicazione, fammi un fischio. oppure ne ha parlato tra un "canarini: tornano di moda nelle case" e "prepararsi all'abbronzatura" e mi sono distratto?
Era prima dei canarini. Probabilmente eri intento a trascrivere le ricette della Clerici…
Mi sono tenuto alla larga da Facebook per anni e, come te, ho sempre visto un'opposizione piuttosto netta tra blog e facebook (per non parlare di Twitter). Tuttavia, recentemente, per questioni lavorative, mi sono dovuto confrontare con fb e ho aperto un profilo. Prima quello lavorativo, poi quello personale (il pretesto era tenera alla larga da quello lavorativo i commenti da commilitoni..). Di facebook sto apprezzando sopratutto la facilità con cui si riesce a creae una comunity di persone unita da determinati interessi e come, al suo interno, si riescano a condividere informazioni e "esperienze"; la rapidità con cui riesco a comunicare con i miei amici, quelli veri, e quelli che – ahimè – come me, sono costretti a passare tanto tempo davanti al pc (meglio di un sms, e per giunta gratuito). Mentre continuo ad odiare, ragione per cui ne sono stato lontano per tanto tempo, tutto il lato ficcanaso, un aspetto che tuttavia riesco bene a limitare fornendo informazioni personali con il contagocce. Penso che facebook sia, in definitiva, lo specchio dei nostri tempi, per la superficialità, certo, ma anche per l'essenzialità della comunicazione, fatta per una generazione come la nostra che vive esistenze intere in maniera frammentaria, schizzofrenica e multitasking.
Massimiliano C.
massimiliano: sì, sono abbastanza d'accordo con quello che dici. rimane sempre il problema antico dell'uovo e della gallina: facebook è uno degli strumenti che contribuisce a mantenere o creare questo tratto distintivo della "nostra" comunicazione, o è stato adattato "sulla" nostra comunicazione? io non credo che la seconda ipotesi abbia, però, una reale valenza.
[…] una mia breve riflessione sul social network per eccellenza, “estratta” dalla serie di post pubblicata qui alla fine di marzo. E presto un articolo più ampio sulla versione cartacea del […]
[…] network ha cambiato il web e la comunicazione? No? Be’, nel caso sono qua: parte 1, 2 e 3. Nel maggio scorso è uscita sull’edizione on line della Rivista del Mulino una specie di […]