Nelle due settimane abbondanti passate in Sardegna, sono stato sulla spiaggia come non mai. Per lo più ho sguazzato, letto e fatto parole crociate, ma ho avuto tempo e modo di guardarmi intorno. La spiaggia, o meglio le spiagge che ho frequentato, sono aperte e democratiche e offrono uno spaccato sociale che vede solo la frequentazione di autobus come luogo di pari osservazione, con la sostanziale differenza che al mare si sta seminudi. E infatti ho notato che ormai tutti hanno un tatuaggio. Grandissimo o piccolissimo, l’animaletto, la figura, il segno più astratto si stagliano sui corpi seminudi dei bagnanti: almeno due persone su tre lo sfoggiavano. La moda è esplosa in questi ultimi anni, ma (si sa) la gente si tatua da sempre. Senza scomodare l’uomo di Similaun, ho notato diverse persone oltre la trentina che avevano tatuaggi risalenti almeno a una decina di anni fa. Mi è parso che, con il passare del tempo, questi segni si comportino come fanno i manifesti sui muri: prima perdono i colori, lasciando in evidenza solo i contorni, sempre più scuriti, poi diventano inintellegibili; tant’è che viene da avvicinarsi a queste macchie per esaminarle, chiedendosi se si tratta della comunicazione per una svendita in un mobilificio o se quella sagoma è l’inconfondibile cotonatissima capigliatura di Moira Orfei e del suo Circo, di passaggio in città in una settimana della tarda estate del Settantaquattro.
Rimanendo nell’ambito dell’estetica, pare che la grande moda quest’anno sia stata fare esercizi per gli addominali in spiaggia. Non ginnastica, yoga, tai chi, no: addominali. Pochi. Insomma, ho visto più di una volta qualche maschio (italico) mettersi supino, mani dietro la nuca, gambe leggermente flesse e via! Uno, due, tre, quattro, massimo dieci movimenti, sotto l’occhio benevolo della fidanzata. Alla fine, per premiare l’olimpico e maschiale sforzo, nuotatina, birretta o assunzione della posizione a pancia in giù, per abbronzare la schiena. Variante: il piegamento sulle braccia. Nella mia flaccida pigrizia non ho capito.
Un’altra ricorrenza è stata la diffusione tra le bagnanti della trilogia di Cinquanta sfumature…, con un’ovvia predilezione per il primo volume. Come ha scritto qualcuno su Twitter, le spiagge quest’estate sembravano un club di lettura dei romanzi di James. Mi immaginavo di trovare più Kindle e simili, sotto l’ombrellone, ma l’unico che ho visto era di una ragazza straniera. In genere, libro pseudozozzone a parte, mi è parso di vedere meno gente del solito che leggeva romanzi. Ho adocchiato un Pastorale americana (edizioni de La Repubblica) su un telo al sole e gli immancabili Coelho e Allende insabbiati e inumiditi. Queste osservazioni sono riferite agli italiani: perché l’impressione è stata che gli stranieri, soprattutto del Nord Europa, leggessero di più. Poi magari era la traduzione olandese di Cinquanta sfumature… o la versione tedesca delle barzellette di Totti. Eppure…
A parte queste spicciole e frivole considerazioni, comunque, le spiagge mi hanno un po’ depresso: l’italiano al mare urlacchia, magna, sporca, richiama i figli, si preoccupa per i figli, insulta i figli. L’italiano va in visita all’Asinara e si fa fare le foto dietro le sbarre delle celle del carcere di massima sicurezza, giocando al 41bis. Sotto l’ombrellone si esibisce, rutta e scoreggia, insabbia, rompe, sporca. Ma ogni tanto i miei occhi allibiti incontravano lo sguardo di qualcuno che guardava, allibito anche lui, la stessa scena. E si accendeva una scintilla di mutuo riconoscimento, silente e sorprendente. In attesa di una riscossa?
guardo la scena, allibita anche io, come se fossi là!
bene, bene! hasta siempre 🙂
Evito le spiagge affollate da anni ormai per frequentare solo quelle dove per arrivare, come minimo, ci vuole una passeggiata di mezz’ora a piedi sotto il sole rovente. Il sacrificio fisico è senz’altro garanzia di trovare poche madri urlanti al seguito di bambini altrettanto urlanti e altrettanto odiosi. Quest’anno però, nella riserva naturale solita, sono rimasta fregata da un impeccabile servizio di bus navetta che ha portato le tanto detestabili, per me, comitive di allegre e rumorose famigliole. Toccherà trovarne un’altra, e non sarà semplice. Tutto questo per far sì che le vacanze al mare siano ancora per tutti. Invece di proibire le spiagge ai cani dovrebbero vietarle ai genitori ansiosi e ai bambini troppo rumorosi. Con tutto il rispetto.
Eh, certo: bisogna avere la voglia di sbattersi. E poi vedi che il “progresso” tampina.
Il rispetto per cani, bambini e madri è sopra tutto. Ma anche per il riposo e il silenzio (ecco, il silenzio è stupratissimo, ultimamente).
Lo scorso martedì sono stata al mare. Durante le normali azioni sistema asciugamano, mettiti la crema protezione ecc. ecc. notavo più o meno le cose di cui hai parlato tu. Il mio occhio però si è soffermato anche sui gruppi di sessantenni sempreverdi dediti a chiacchere di natura varia, e al bellissimo gioco delle bocce. Per una mezz’ora ho pensato di trarne un fotoracconto, poi mi sono distratta con un libro di J. Niven.
Vero, talvolta capita. Nei posti dove sono stato io, però, c’era gente e una partita a bocce rischiava di trasformarsi in una lapidazione involontaria, per quanto coloratissima…