Tutto nasce da un libro. Me lo manda una casa editrice, e inizio a leggerlo, pensando ad una possibile intervista con l’autore. Immagino, non appena lo apro, di trovarmi di fronte ad un romanzo “generazionale”, che parla – come spesso accade ultimamente – di lavoro atipico, trentenni, agenzie interinali. Comincio.
A pagina 15 smetto, perché devo scendere dall’autobus, ma non sono per niente contento di quello che ho letto fino ad allora.
Lo stesso giorno, di notte, a letto, arrivo a pagina 30, e poi faccio una cosa che davvero non faccio mai. Decido che non lo finirò di leggere, quindi non lo segnalerò, né tantomeno intervisterò l’autore. Appena elaboro questa decisione, faccio un’altra cosa per me nuova. Scaglio il libro contro il muro della mia camera da letto.
Il punto è che da molto, ormai, leggo “per lavoro”, il che fa di me una persona privilegiata e fortunata, da un punto di vista. È chiaro che il mio lavoro non si limita a questo, ma in parte è così. Questo fa sì che io legga soprattutto novità della narrativa italiana, di autori viventi, e magari non così noti. Questo fa sì che è da un bel po’ che io non leggo un libro che mi soddisfa, quando l’ho fatto ne ho scritto qua. Ora, questo ha importanza fino ad un certo punto: non sono io l’arbitro del gusto letterario, ci mancherebbe, ed è diverso, per me, trovare qualcosa “brutto” o “interessante”. Spesso leggo libri, quindi, che non mi soddisfano, ma che penso possano interessare le persone a cui mi rivolgo.
Ma non è questo il punto. Il nocciolo della questione sta nel fatto che, il mattino dopo, avrei tranquillamente potuto raccogliere il libro da terra, telefonare all’ufficio stampa della casa editrice, fissare un’intervista con l’autore e mandarla in onda. Un’intervista illustrativa, come dire, non polemica. E invece no. Esattamente come non scrivo qua il titolo di questo libro.
Non faccio queste due cose per motivi ben precisi. Il primo, quello che riguarda il mio lavoro, è che non parlo di libri (ma anche di film e di dischi) se non li ho letti, visti, ascoltati del tutto. E già questo, a sentire lo stupore che talvolta le persone che intervisto manifestano, quando vengono loro rivolte delle domande che – evidentemente – dimostrano che ho letto le loro parole, pare non sia la consuetudine.
Il secondo, che riguarda il mio lavoro e il blog, è che talvolta chi pubblica, in senso lato, non è veramente pronto a farlo: la critica negativa o la stroncatura, specialmente se chi la scrive è facilmente “raggiungibile”, è spesso vista come una presa di posizione personale. Non parliamo poi di quello che potrebbe essere il mio caso: “Sei uno che tenta di scrivere, pubblica qua e là senza mai fare qualcosa di davvero importante, ergo stronchi per invidia.”
E non crediate sia fantascienza.
Chi pubblica si espone, appunto, al pubblico. Che è massa indistinta quanto si vuole ma, speriamo, almeno un po’ pensante e giudicante. Pare che però questo venga preso in considerazione di rado. Le critiche non fanno mai piacere, si sa. Ma pubblicare – un disco, un film, un libro – dovrebbe includere anche questa possibilità e il coraggio di affrontarla.
Tornando a me, perché qua fondamentalmente racconto gli affari miei, mi sono reso conto di due cose: per cominciare, che scagliare un libro su un muro è molto liberatorio. Per seconda cosa, che voglio continuare a comportarmi bene, a fare il mio lavoro come credo che vada fatto. Questo farà sì, però, che prima di avere tempo per leggere i libri di Scott Fitzgerald, Roth, Calvino, Moody, e di tanti altri ancora che giacciono intonsi sugli scaffali qua accanto, dovrò aspettare.
Resisterò, quindi, alle tentazioni della carne, soprattutto se di pessima qualità, perché le scalette delle trasmissioni (e non solo) vanno riempite possibilmente con qualcosa di buono.
in effetti è vero, non sono molti quelli conoscono ciò di cui scrivono. Fai bene a vantartene.
non voleva essere un vanto. quello che faccio, secondo me è il minimo, e conosco molte persone (vicine e lontane) che fanno e pensano lo stesso.
mi vanterei se fossi un grande ___________ (riempite a piacere, che non so neanche io che sono), ma posso solo dire che, sebbene abbia dei principi, sto imparando quello che faccio, e di strada da fare ne ho un bel po’.
Invidia per il tuo lavoro!! Dove lo metto l’indirizzo per farmi spedire libri da leggere???!!! 🙂
Il parlare per sentito dire è sicuramente una piaga sociale tale che alle volte i fruitori di una critica o semplicemente gli ascoltatori di un discorso non riescono a discernere uno che sa da uno che non sa,intendendo con “sa” il fatto di avere cognizione di causa in quello che dice,che mi sembra conditio sine qua non,per lo meno ad una certa età e/o ad un certo livello.
Continua così,che sei forte
Max
dontyna: basta una mail: cacciateilibri@privilegio.org 🙂max: grazie per l’appoggio, davèro.
Anche fare gli areoplanini di carta con la monnezza che viene pubblicata potrebbe essere liberatorio. L’importante è che dopo venga portato tutto al cassonetto per il riciclo.
ciao 🙂
Ti è mai capitato di non finire la lettura di un classico?
p.s.
Posso linkarti al mio blog? i “cinquanta minuti senza k” del tuo blog mi ricollegano al mio ultimo post 😀
non sono solo quelli che fanno le interviste o scrivono recensioni che, a volte, non leggono (o leggono parzialmente). Una frase che trovo spesso in rete è: “premetto che non ho letto il libro, ma…”
Ti dirò, esporrei volentieri al pubblico la carne della mia carne e le parole delle mie parole. È che non mi si fila nessuno, ma non è questo il punto; c’è che le mie son davvero parole inutili.
giorgio: eh eh eh.mentitore: l’unico libro che non ho finito di leggere è stato, oltre a quello lanciato, “operazione tuono”, uno della serie di 007. perché? boh. me l’ero dimenticato, tra l’altro.alice: e lo so. mal comune. gaudio, zero.comparsa: mi sembra un buon punto di partenza. ;)scherzo, scherzo. secondo me, riguardo alle proprie parole bisogna trovare una buona via di mezzo tra l’autoindulgenza e l’autocritica.
letto.
vai avanti così, tu, però.
a scrivere come sai.
a fare il giornalista culturale come sai.
ciao francesco
remo bassini
che curiosità che sento ora!
remo: grazie. di tutto.iri: per cosa?
per il titolo del libro alla gogna
francesco fai bene. prima cosa avere la coscienza a posto. certo poi ci sono cmq le vie di mezzo tipo parlarne ma gentilmente far notare gli aspetti meno convincenti. se invece, come sembra, era proprio illegibile, niente da dire.
adesso tre domandine: voto a morozzi nuovo e conti?
cosa non ti ha convinto di alpha dog?
iri: il titolo solo privatamente, sotto giuramento di non rivelarlo a niuno.the dude: morozzi nuovo: 5 (se vuoi sentire la puntata che ho fatto con lui sul libro, vai sull’archivio di http://www.sparring-partner.it)conti nuovo: 6 e 1/2 (dovrei averlo ospite tra una decina di giorni).per alphadog: http://secondavisione.splinder.com/1172512119#11135519
ma che lavoro fai? per che rivista o casa editrice scrivi?
sono qui di passaggio, ma sn curiosa
argomenti interessanti credo che ripasserò più spesso…
avevo già letto quel tuo stupendo’quasi racconto’ sulla lettura-ascolto di the Raven in treno…electric alice
visto che per personali resistenze sono praticam. digiuna di internet, i suoi mezzi e le sue regole, mi spiegate come faccio a far comparire la firma?
electric alice
ciao electric alice, scusa, ma mi sono accorto solo ora di questi commenti. per fare comparire la firma ti devi iscrivere a splinder. puoi iscriverti anche senza aprire un blog, su http://www.splinder.com.lavoro in radio, principalmente, ed è lì che parlo di libri. ciao ciao