Sono andato a vedere un film tedesco, Settimo cielo, per parlarne stasera a Seconda Visione. La storia è quella di una donna che ha passato la sessantina e che sta da trent’anni con un uomo più grande di lei. Poi, il colpo di fulmine: lei si innamora perdutamente di un sessantaseienne, con conseguenze drammatiche. Ho visto questo film a uno spettacolo pomeridiano, in una sala gremita (come spesso accade a quegli orari) da persone che avevano le età dei tre protagonisti.
Il regista, Andreas Dresen, non ha pudori, come è giusto che sia. Dovendo rappresentare la passione, sceglie di mostrarla, e punteggia il film di scene di sesso. I commenti del pubblico in sala mi hanno fatto rabbrividire: “Guarda che cadavere” è stato il climax, raggiunto da una coppia di settantenni seduti dietro di me (che hanno commentato per tutto il film: ma di tipologie umane da sala ho già parlato qua e qua), lanciato nell’aere quando è comparso il corpo – naturalmente raggrinzito e molle – di uno degli attori.
Piccoli lettori, avrei capito la risatina imbarazzata, al limite anche la battuta, ma quel “cadavere” non era un vecchio putrefatto: era un corpo non credo così distante da quelli che riempivano la sala in cui ero. E allora ho capito. Ho capito che se delle persone si insultano pubblicamente, dandosi del cadavere, siamo davvero a un punto di non ritorno.
L’erotismo tra anziani è irrappresentabile, il corpo (nudo, ma non solo) dell’anziano è irrappresentabile, poiché distante dai canoni vigenti che vogliono il corpo solo ed esclusivamente come oggetto sessuale. Persino i bambini si avvicinano (orrendamente) a questi canoni, più degli anziani. E questa forma ha coinvolto tutti, compresi i bambini (pericolosamente) e gli anziani, che si odiano, vedendosi su uno schermo. Sarebbe dovuta nascere una qualche forma di empatia, quanto meno.
E invece no. “Guarda che cadavere.” Badate bene: non è moralismo, è istinto di conservazione, amor proprio, accettazione di sè. E la mancanza di queste cose porta a overdosi di cibo, diete e botulino, a età diverse. Parliamone, dopo avere visto Il corpo delle donne.
Il regista, Andreas Dresen, non ha pudori, come è giusto che sia. Dovendo rappresentare la passione, sceglie di mostrarla, e punteggia il film di scene di sesso. I commenti del pubblico in sala mi hanno fatto rabbrividire: “Guarda che cadavere” è stato il climax, raggiunto da una coppia di settantenni seduti dietro di me (che hanno commentato per tutto il film: ma di tipologie umane da sala ho già parlato qua e qua), lanciato nell’aere quando è comparso il corpo – naturalmente raggrinzito e molle – di uno degli attori.
Piccoli lettori, avrei capito la risatina imbarazzata, al limite anche la battuta, ma quel “cadavere” non era un vecchio putrefatto: era un corpo non credo così distante da quelli che riempivano la sala in cui ero. E allora ho capito. Ho capito che se delle persone si insultano pubblicamente, dandosi del cadavere, siamo davvero a un punto di non ritorno.
L’erotismo tra anziani è irrappresentabile, il corpo (nudo, ma non solo) dell’anziano è irrappresentabile, poiché distante dai canoni vigenti che vogliono il corpo solo ed esclusivamente come oggetto sessuale. Persino i bambini si avvicinano (orrendamente) a questi canoni, più degli anziani. E questa forma ha coinvolto tutti, compresi i bambini (pericolosamente) e gli anziani, che si odiano, vedendosi su uno schermo. Sarebbe dovuta nascere una qualche forma di empatia, quanto meno.
E invece no. “Guarda che cadavere.” Badate bene: non è moralismo, è istinto di conservazione, amor proprio, accettazione di sè. E la mancanza di queste cose porta a overdosi di cibo, diete e botulino, a età diverse. Parliamone, dopo avere visto Il corpo delle donne.
Ho visto il documentario “il corpo delle donne” e non mi sento di condividerlo in tutto e per tutto. Quanto meno per una questione “di metodo”. Mi sembra “semplice” affermare che la condizione della donna sia un riflesso dei media, perchè il passaggio successivo è sostenere che la tv fa schifo e bisogna abolirla. affermazione tanto condivisibile quanto questionabile. Ho come la sensazione che quando si parla di rappresentazione della donna nei media si arrivi a delle congetture simili a quelle che si leggono sui giornali, del tipo ragazzino fa una strage a scuola perchè giocava ai videogame/ascoltava marilyn manson. Sono troppo ottimista in merito alle capacità critiche degli spettatori?
Il tema mi appassiona, provo a dire due cose. Il rapporto di un individuo con il proprio corpo gioca una parte fondamentale del riconoscimento di sè, della propria identità. L’aspetto fisico è il primo strumento di relazione e di accettazione sociale. Già da piccoli, si può essere oggetto di derisione per un paio di orecchie a sventola. Per le femmine questo è forse un aspetto più significativo. Per il semplice motivo che noi abbiamo anche, soprattutto, un ruolo biologico: il nostro corpo è fatto per procreare. E qui azzardo una spiegazione biologica, che in diverse occasioni trovo convincente: questa funzione, insieme al meccanismo dell’accettazione, possono tradursi per la donna nel suo essere, e quindi rendersi, sessualmente desiderabile per l’uomo. Proprio per salvaguardare la possibilità di compiere la sua funzione.
Al di là di questo, comunque, oggi il corpo sullo schermo è davvero un prodotto da vendere, da rendere telegenico. Sono corpi fatti per essere ripresi. E mi ha colpito la domanda posta nel documentario: perchè non protestiamo, noi donne, per il modo in cui veniamo rappresentate? Da un lato, credo non avrebbe senso (e d’altra parte abbiamo rinunciato ormai a protestare per molte cose): la tv e i media hanno fatto diventare questa rappresentazione un modello, predominante purtroppo, con il quale non è più possibile non confrontarsi. Credo che quelle nello schermo sono donne che hanno scelto di aderire a questo modello, oppure che non hanno potuto fare altro che sceglierlo. Il punto è proprio la possibilità di scegliere, con la consapevolezza che non esiste solo quell’unico modo di essere, quella sola strada. E forse non hanno scelta perchè non si conoscono, come si dice nel documentario, non hanno la possibilità di conoscere come sono, cosa desiderano.
Ultime osservazioni, per dire.
Mia nonna, 78 anni: dopo aver subito un’operazione molto invasiva, ha espresso il desiderio di farsi una plastica al ventre, per cancellare lo sbrego lasciato dai due lunghi tagli operatori.
Mia zia, 50 anni: suo marito pretende che si occupi di mille cose, dal portare il figlio a basket, alle sue cento camicie da stirare, dalla spesa alle pulizie, fino al pranzo ogni domenica dalla suocera. Poi, la rimprovera di avere la faccia stanca, le occhiaie, la pelle opaca. Questo mi spiegava lei stessa quando la vidi coi due indici premuti alla base delle orecchie, che spingevano indietro verso la nuca.
E il commento che in sala, sul silenzio calato drammaticamente sui titoli di coda, ho sentito pronunciare dalla signora davanti a me (pure lei coetanea dei protagonisti del film) è stato: “Beh, io non ho di questi problemi”. Sarebbe interessante poter raccogliere tutte le reazioni e i commenti di quel pubblico ultrasessantenne.
Chiara
mi sono ricordata che non ti ho ringraziato per quello che hai scritto in questo post e per avermi fatto vedere, condividere e discutere de Il Corpo delle Donne.
Purtroppo hanno reagito pochi maschietti.
Grazie.
Monica
non rispondo una ad una, ma diciamo che dico la mia in generale, sicuramente toccando dei punti che voi avete menzionato.innanzitutto, il corpo delle donne non è un capolavoro. mi sembra un interessante spunto di partenza, una serie di appunti (perdonate la cacofonia) suffragati da immagini. d’altro canto, non credo che mezz’ora di filmato esaurisca un problema che è solo una delle tante declinazioni del rapporto tra media e società. la questione centrale, però, non è tanto il corpo umano, quanto, appunto, il corpo delle donne. una cosa mi ha sempre colpito: quando cammino per strada e ho una donna al mio fianco, le donne che incrocio squadrano da testa a piedi lei, prima di guardare me, se mai lo fanno. ora questo, a parte scalfire il mio narcisismo, è un segnale importante: le donne sono sempre e comunque oggetto del guardare, da parte di tutti. la televisione coadiuva e probabilmente aumenta questo sentire, ma, fondamentalmente, prende spunto da qualcosa che esiste. la televisione, purtroppo e/o per fortuna, non inventa niente. magnifica e minimizza, questo sì, ma è difficile che crei, soprattutto in un paese culturalmente inerte come il nostro. questa non è una conclusione, eh, ma un altro, possibile, punto di partenza.
Anche io, durante la visione del film di cui parli, ho ascoltato da parte degli spettatori, molti dei quali della stessa età o poco più giovani dei protagonisti del film e confermo lo scandalo che il film ha suscitato, soprattutto per la scelta di rappresentare l’irrappresentabile, vale a dire i corpi e il sesso tra “anziani”. Alcuni non hanno retto l’impatto: una coppia seduta vicino a me si è alzata a metà spettacolo ed è uscita; altri hanno commentato scandalizzati all’uscita che certe cose si potevano anche evitare. Credo anche io che la difficoltà stia nel non poterci guardare allo specchio senza vedere un corpo e un volto che non ci appartengono più, perché ce l’hanno tolto e noi abbiamo lasciato fare. Grazie per la segnalazione del documentario. Alessandra