Loffi di Capodanno
Nei giorni scorsi un argomento, come sempre, è stato tabù: piuttosto che fare o rispondere alla domanda “che cosa fai a Capodanno?” la gente si immergeva in profonde discussioni sul caso Unipol o si esercitava in appassionati commenti alla biografia del nuovo governatore della Banca d’Italia (Draghi: ragazzi, con un nome così secondo me siamo a cavallo).
Una cosa mi ha colpito, però: che quando l’argomento veniva infine affrontato si dipingevano sui volti delle espressioni inedite. Non la tipica espressione da punto interrogativo, che ha come corollario “qualsiasi cosa tu faccia, contami, ci sono anche io, perché quest’anno sono disperato”. Non la tipica faccia da quello che la sa lunga, ed è stato invitato ad un esclusivo party con modelle e modelli ai quali è stato vietato di indossare qualsiasi vestito che abbia una superficie superiore ai dieci centimetri quadri. Nessuno ha anche urlato cose come “ma che me frega, io ho comprato una pasticca grande come un 33 giri e me la smangiucchio passandomi tutte le discoteche della riviera”.
Piuttosto, tutti avevano stampata sul volto la stessa faccia che ho visto spesso, nell’ultimo anno: una faccia che comunicava apatia, insoddisfazione, scoglionamento, lasciami perdere.
Ecco, allora l’augurio sincero che faccio a tutti per il prossimo anno è questo senso di disagio, insicurezza, stanchezza, impotenza rimanga ancorato all’ultimo minuto del 2005, e che si possa vivere il 2006 più sereni, leggeri, contenti e sorridenti.
Ehi, ragazzi: ma allora il Prozac fa veramente miracoli!