biliardo

Lezioni di stecca

Era da tempo che non tornavo nella nota-sala-da-biliardo, ma mercoledì sera alle dieci e mezzo ero già lì, con F. e P. che sistemavo il triangolo e mi facevo pervadere da quella calma olimpica che mi prende quando gioco. Dico sul serio. C’è qualcuno che si incazza e si innervosisce, quando gioca a biliardo. Io no. Anche se perdo. Devo essere sincero, non ho mai stracciato il panno, né ho mai fatto schizzare il boccino a velocità supersonica sul cranio di un energumeno. Ma insomma.
Proprio dietro di noi c’erano due uomini, intorno alla quarantina scarsa. Uno di Roma e uno di Bologna. Non che si fossero portati dietro le targhe della macchina. Ma si sentiva. Quello di Roma aveva portato l’altro a giocare e, da quello che sembrava, si era messo in testa di rivelargli i segreti della stecca. Ogni colpo, sia suo che dell’allievo, quindi, era preceduto da una disquisizione in romanesco su sponde, strisci, aggiustamenti, buche d’angolo. Una palla (è il caso di dirlo) terrificante. Anche perché, se fino a prima nessuno sentiva i cazziatoni che il maestro faceva all’allievo, adesso c’eravamo noi tre, là, che giocavamo sul tavolo accanto. La nostra concentrazione (si fa per dire) quindi era rotta da frasi come “Ahò, ma no, così m’a metti ammè” e statac! La palla del maestro finiva in buca. E il maestro si arrabbiava pure. Ma non sbagliava un colpo. E anzi, si muoveva e colpiva con la stessa spocchia con cui la mia professoressa di matematica del liceo ti prendeva il gesso di mano, ti scostava dalla lavagna su cui regnava un’equazione di sedici righe e la risolveva in uno, massimo due passaggi. Perfetto metodo d’insegnamento. Ogni tanto ho incontrato lo sguardo dell’allievo, imbarazzatissimo, che non guardava neanche il panno, ma semplicemente teneva la stecca in mano, tra uno statac! e l’altro. E mi sono accorto che il rapporto allievo-maestro era mantenuto anche sul piano fisico: il maestro, un romano alto e grosso, con la mascella prominente, un uomo che ostenta sicumera anche quando fa a fare la cacca, anzi, probabilmente soprattutto in quei momenti. L’allievo, timido, con una camicina a righe, righe che non osano essere quadretti per eccesso di pudore. Un uomo che, sicuramente, ha problemi di stipsi.

Quando sono andati a pagare c’ero anche io al banco. “Sono ventidue euro” ha detto loro l’omino del biliardo. Ho fatto un rapido calcolo: ventidue euro vuol dire che, minimo minimo, erano tre ore e mezzo che giocavano. Tre ore e mezzo di umiliazioni. Di colpi sbagliati dell’allievo e di statac! del maestro. Non ho voluto guardare chi ha pagato. Anche se, in cuor mio, lo so perfettamente.

Colpo partita: triplo filotto reale con pallino

Sono uscito, questa sera, e mica ero di umore buono. Andiamo a bere qualcosa. Ordino un martini cocktail e un bicchiere d’acqua.
“Non abbiamo bicchieri”, mi dice la cameriera.
La folla con me ridacchia e inizia a proporre che io beva l’acqua in un’urna, in una cisterna… La cameriera è simpatica e precisa che, insomma, ‘sta acqua me la devo pagare. Mezzo litro. La ordino senza bollicine, temendo il sovrapprezzo.
Il cocktail è così così. Sto per andarmene a casa, quando mi dicono: “Partita a stecca?”.

Il biliardo io l’adoro. Mi piace tantissimo, tutto. Sorrido e accetto.

Andiamo in una notasaladabiliardo, proprio sotto le due torri. Immaginatevi una sala da biliardo nel centro di Bologna. Fatelo veramente. È esattamente così. Sottoterra, in un palazzo con ascensore ingabbiato, cancello per entrare. Tavoli sparsi, fumo, neon. Popolazione varia e inevitabilmente bizzarra.
Nella notasaladabiliardo la televisione è sempre accesa, e c’è sempre qualcuno che la guarda: e pare non abbia fatto altro in vita sua. Immobile, se non fosse per la sigaretta che viene fumata, spenta, riaccesa. Età compresa tra i cinquanta e i centocinquant’anni. Ma si guardano le cose più normali. Lo so, potreste aspettarvi un porno, o quanto meno le pubblicità dei telefoni erotici. Stasera c’era “Porta a porta”. Mi sa che gli regalo qualche cassetta…
Nella notasaladabiliardo si bestemmia, più o meno ad alta voce, ma si sentono distintamente i rumori crocchianti delle palle, del primo colpo, delle stecche, dei gessetti che vengono strofinati sulle loro punte.
Ogni tanto i giocatori più esperti ti guardano, ma non te lo fanno notare. Meglio così.
Di solito nella notasaladabiliardo ci sono in prevalenza uomini. Ma a volte qualche donna ci scappa. Magari la ragazza di qualcuno, che è lì con i suoi amici. E lui, premuroso e amoroso, tenta di insegnarle a giocare. Lei, di solito, è negata. I suoi amici si sfiancano di sigarette e di birra e tremano ogni volta che lei prende la stecca in mano. Lui, imbarazzato, fa dei sorrisini di giustificazione. Che, spesso, servono a poco.

P.S. Il titolo del post… si può ascoltare qua.

Di |2003-10-10T04:07:00+02:0010 Ottobre 2003|Categorie: There's A Place|Tag: , , , |6 Commenti
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