"Così si lavora male": di agenti immobiliari, appartamenti in esclusiva e serpenti a due teste
Me ne rendo conto: sto diventando noioso a parlare di case, ma del resto la mia vita, in questo momento, è in gran parte occupata dalla ricognizione del mercato immobiliare. Sentendo pareri in giro, mi rendo conto che l’agente immobiliare è percepito come un essere dalla moralità un gradino sotto quella di Erode. Mi raccomando, però: non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, soprattutto perché se Erode fosse vivo potrebbe prendersela.
Da ingenuo, pensavo che le agenzie immobiliari avessero l’esclusiva sugli appartamenti. Così non è. E non sto parlando di appartamenti incredibili che i prorpietari, magari, hanno voluto fare valutare a diverse agenzie. No, parlo di postacci strani e messi male. I loro proprietari, immagino, conoscono la legge dei grandi numeri e si basano su quella per tentare di disfarsene. In particolare mi è stato proposto uno stesso appartamento quattro volte. Un posto strano, esotico, affascinante e ributtante allo stesso tempo, perché dotato di due cucine. Come un serpente a due teste, insomma: sei morbosamente incuriosito dall’anomalia, ma non lo vorresti a casa (almeno, io no).
Dopo un po’ ho riconosciuto la casa-dalle-due-cucine nei vari annunci: l’appartamento, infatti, è descritto sempre in maniera diversa. Alcune mie telefonate, quindi, ultimamente hanno avuto questo andazzo.
“Potrei proporle un appartamento [descrizione]…”, dice l’agente.
“È quello [completa la descrizione]?”, dico io.
“Sì, l’ha già visto?”
“Già, è la x agenzia che me lo propone.”
A questo punto si sente distintamente una bestemmia trattenuta tra i denti, poi tutti dicono la stessa identica frase:
“Eh, che vuole: così si lavora male.”
(È un’espressione talmente frequente, ormai, che penso sia un codice segreto tra agenti immobiliari. Un giorno proverò a dire qualcosa come “Lo dice anche Johnny quando fa la torta”, vediamo che succede.)
A quel punto l’agente premuroso mi chiede che cosa non mi sia piaciuto. Evito di dire che viene proposto come ristrutturato quando farebbe la gioia di un qualunque carpentiere e muratore dilettante, e mi limito all’elemento più evidente: il fatto che abbia, appunto, due cucine. Quando lo dico, l’agente in questione non ammette mai l’evidenza. Prima dice “No, non è vero”, poi, quando gli ricordo che le ho viste, è costretto ad ammettere l’affascinante anomalia, suggerendo che, però, una delle due si può togliere. E io sono sempre tentato di chiedere: “E l’appartamento vive lo stesso?”