il didascalico

Moviegoers – seconda parte

Ecco il resto dell’album…
Il gatto e la volpe. Qua rischio il politicamente scorretto, ma capita spesso che al cinema di pomeriggio ci siano coppie di anziani che decidano di passare due ore con la settima arte. Uno dei due non capisce assolutamente nulla. Ma niente. L’altro, ma spesso l’altra, deve quindi pazientemente spiegargli ogni passaggio logico. Ma, attenzione, non stiamo parlando del lancio dell’osso di 2001. Intendo cose come: “Allora, li vedi quelli davanti al prete? Lo sposo è quello vestito di nero, la sposa quella vestita di bianco. No, il prete è quello che gli dà le spalle – controcampo – adesso è lo sposo.” Nota bene: se nella coppia lei è una didascalica, ecco spiegati i cinquant’anni di matrimonio.
Continuamente.
Il partecipativo. Un po’ invidio questa tipologia di personaggi, perché sono i più sinceri e pittoreschi. Partecipano al film completamente. Dentro e fuori. Suggeriscono comportamenti, disprezzano tradimenti, motteggiano contenti. Per loro non solo il film è la vita vera, ma gli attori, soprattutto quelli giovani, sono dei gran maleducati, perché non accolgono mai i consigli che arrivano dalla platea. La fine del film è accolta con l’unico momento di silenzio dell’intera proiezione, dovuto al fatto che sono consci che devono tornare alla loro vita di tutti i giorni, dove tutto è uguale, solo che tutti sono un po’ meno belli.
Il cinico. È l’esatto opposto del partecipativo. Se qualcuno muore sullo schermo, il cinico dirà che in realtà non è morto veramente, alzando il sopracciglio. Se due si baciano, lui dirà “lei non lo ama”, ma non con lo spirito che avrebbe il partecipativo, ma riferendosi al fatto che l’attrice che compare in quel momento sullo schermo è fidanzata con un altro noto attore, non con quello che sta baciando. (Nota: il didascalico in questa situazione direbbe lo stesso, soprattutto se quello che viene baciato è un vecchio e ricco magnate e lei ha affisso, nella scena precedente, dei cartelloni con su scritto “È tutta una finta, voglio solo i suoi soldi.”)
Mercoledì 10 gennaio 2007, cinema Capitol, Casino Royale. Alla scena della tortura di 007, l’uomo seduto dietro di me ha obiettato che Craig Daniels non si stava davvero prendendo delle mazzate sulle palle. Ma forse l’ha detto per esorcizzare quel senso di disagio che tutti gli spettatori maschi stavano provando in sala in quel momento.
L’atleta. Per definizione non sta mai fermo. Appoggia il braccio dietro, sullo schienale, si alza sulla sedia, si abbassa, mette la gamba a cavalcioni sul bracciolo, poi le accavalla, poi si poggia sui gomiti, poi rannicchia le gambe sotto il sedere. Tutto questo durante la proiezione del primo trailer.
Andando io al cinema di pomeriggio, dove di solito ci sono soprattutto persone anziane, per ovvi motivi è da molto tempo che non vedo un atleta. Di solito si radunano nelle proiezioni dei teen movie al sabato sera.
Il tecnologico. Il cinema, per questo tipo di spettatore, è noioso: la sua soglia di attenzione dura dai quindici ai venti secondi, poi deve tirare fuori il cellulare e ritoccare un mms con la versione mini di Photoshop, mentre manda un messaggio e si fa una playlist sull’iPod. Al cinema il tecnologico si nota subito: intorno a lui c’è un bagliore azzurrino quasi mistico, lievissimo eppure simpatico a coni e bastoncelli, tanto da attirare inevitabilmente gli occhi altrui nel raggio di cinquecento metri.
Lunedì 9 ottobre 2006, cinema Capitol. Un ragazzino tre file più avanti ha mandato sms per tutto il tempo, utilizzando un cellulare il cui “volume tasti” era a dodici. Ma non mi sono arrabbiato, visto che il film era Blood Diamond. Anzi, ho sperato tirasse fuori una PSP per mettermi a giocare con lui.
E infine, un esemplare più unico che raro, che va oltre la categorizzazione qui sopra. Non ricordo la data, ma ero di nuovo all’Odeon. Il film era Arrivederci amore ciao. Occhio, spoiler. Il protagonista sta per avvelenare la sua giovane moglie con un piatto di linguine al pesto: il film sta per finire, è un momento di grande tensione. Dietro di me, una signora di mezza età esclama, con voce contrita: “Ah, ma si vede che quegli spaghetti sono scotti!”

Moviegoers – prima parte

Dopo anni di frequenza di sale cinematografiche di qualsiasi tipo e a qualsiasi ora, sono pronto per mostrarvi la mia collezione di figurine di spettatori cinematografici, con tanto di riferimenti precisi, quando la memoria me lo consente.

Il mangiatore. Non stiamo parlando di gomme da masticare o rotelle di liquirizia, ma di persone che, in condizioni normali (non, per intenderci, in festival in cui non c’è neanche il tempo di andare in bagno), usano il cinema per banchettare. I cibi, di solito, sono contenuti in recipienti la cui foggia è irrilevante, ma che hanno come caratteristica comune l’essere rumorosi. Sacchetti di patatine che, accartocciati e scartocciati, sovrastano esplosioni in Dolby Surround, bottiglie che si aprono e sparano aria compressa, barattoli che da soli riempirebbero di ritmo un sambodromo. Il mangiatore si sente protetto dal buio della sala. Non appena si spengono le luci, apparecchia e inizia a mangiare. Quando l film finisce, apparentemente non rimane traccia del pasto, fino a che uno, sedutosi per assistere allo spettacolo successivo, si trova un osso di pollo conficcato nell’anca.
Bologna, cinema Odeon, poco fa, proiezione di Proprietà privata: un mangiatore ha tirato fuori una Schweppes Tonica, un tupperware e ha intervallato il tutto mangiando delle ignote pasticche da un blister. Ovviamente rumorosissimo.

Il dormitore. Di nuovo, non stiamo parlando di chi si abbiocca all’ennesimo capolavoro del cinema orientale, ma di chi pare vada al cinema per dormire. Di solito sono uomini anziani, che credo vogliano fuggire di casa. Non appena le luci si abbassano, il dormitore entra nella fase del primo sonno, appena il film inizia, parte il russìo, il climax narrativo concide con la fase REM. Niente sveglia il dormitore: è l’ambiente che gli concilia il sonno, una poltrona scomoda non fa differenza, e lui, beato, si addormenta nonostante quindici casse gli sparino nelle orecchie voci, musica, urla. Probabilmente in casa stanno peggio.
Praticamente ad ogni film della mia vita, con una maggiore incidenza nelle proiezioni stampa mattutine e serali della Mostra del Cinema. Ma nonostante questo, puntualmente l’Illustre Dormitore sfornava, il giorno dopo, il suo bel pezzo da Quotidiano.

Il didascalico. Avendo impellente bisogno di commentare qualsiasi cosa, ma con il terrore di sbagliare, il didascalico, appena vede i titoli di testa, inizia a recitarli, con intonazioni diverse. Ascendente se non conosce il nome sullo schermo, discendente se lo conosce. Considerate che di solito il didascalico non ne sa moltissimo di cinema. Questo tipo non si accontenta, però, di commentare i titoli: adotta questo atteggiamento per tutto il film. Quindi se l’attrice si alza, dirà “Si è alzata”, se l’antagonista muore ne decreterà il decesso con la precisione di un medico legale, eccetera eccetera.
Prima, come nel primo esempio, stesso posto, stesso film. Inizia il film, con la scritta “Una produzione Tarantula”. La didascalica – variante maestra in pensione – si affretta a comunicare all’uditorio che si scrive “tarantola”, con la “o”.

L’investigatore. Anche l’investigatore commenta, ma con attinenza specifica ad un particolare secondario del film. Se c’è un’esplosione noterà che un piccolo tiglio in basso a destra viene spazzato via, se due amoreggiano, capirà dalla sveglia sul comodino di lui se si tratta di un amplesso mattutino, pomeridiano, serale o notturno, e così via.
Giovedì 22 novembre 2006, anteprima de Il labirinto del fauno al cinema Capitol. La piccola protagonista del film sta per entrare in un pericoloso anfratto di un tronco. L’investigatore seduto accanto a me dice alla sua ragazza, riferendosi a qualcosa sulle radici dell’albero: “Soccia, mo guarda che fungo enorme c’è là! Mo cos’è, un porziino?”

continuail

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