L’idraulico
Quando l’idraulico si alza da terra, dopo avere smontato il tubo di scarico del lavello, prima di pompare atmosfere su atmosfere nelle tubazioni, mi guarda. Poi mi dice: “Noi per questi interventi prendiamo 120 euro più IVA.” Fa una pausa, poi prosegue: “Però possiamo fare 80.”
Lo guardo: è grande e grosso, e sta recitando una parte messa in scena chissà quante volte, ma io non gli do la battuta giusta.
“No, no, facciamo 120 più IVA”, replico.
Lui rimane pietrificato, quanto lo sono io (dentro) dopo avere sentito il costo di quell’intervento. Il nostro stupore è diverso: io mi aspettavo uno schiaffo e mi è arrivato un pugno, lui proprio non si capacita della mia scelta.
“Va bene, no, l’ho fatto per venirti incontro”, dice, e si mette a lavorare. Suda come un matto, pompa aria nella macchina e la scarica; la sento viaggiare sul muro dietro la porta fino in bagno. È in affanno, e lo sono anche io (dentro) quando calcolo l’imposta sul costo del lavoro. Non provo empatia come farei di solito per la fatica di quell’uomo: la sto pagando carissima. Che fatichi, se così dev’essere.
Il lavello è smurato, l’idraulico e io usciamo insieme perché devo prelevare i soldi per pagarlo. Mentre camminiamo lui mi dice nuovamente che “l’ha fatto per venirmi incontro”, non è che lui si comporti così sempre.
“Dimmi la verità”, gli dico dandogli del tu, come lui fa con me. “Questa proposta la fai a tutti i tuoi clienti, vero?”
L’idraulico annuisce.
“E su dieci clienti, quanti non fanno come ho fatto io?”
Dopo un “non so”, buttato là per prendere la rincorsa, dice “nove”.
Non mi aspettavo niente di diverso. “Nove” è solo un “dieci” più cauto. “Io credo che sia giusto pagare le tasse”, dico io, facendo deglutire a vuoto l’idraulico. Sono sorpreso di me stesso: i soldi che sto per prelevare sono una cifra considerevole, seppure non enorme, mi girano le scatole, eppure continuo, serafico. “Sul mio lavoro, io le pago. Tutte”, dico.
Provocato, l’idraulico si stizzisce un po’ e inizia a raccontare di quanto lo Stato si porta viadel suo guadagno, delle more salate se paga in ritardo le rette delle scuole dei figli, e dice che spesso deve abbassare i prezzi per poter lavorare, concludendo con la difficoltà di arrivare a fine mese.
“Sono cose che capisco. Ma questo è un modo per…?” accenno io.
“Per dire che le cose non vanno bene. I nostri nonni scioperavano…”
“Lo sciopero blocca la produttività; così, invece, semplicemente non paghiamo le tasse.”
Siamo arrivati alla banca. Entro nella zona degli sportelli, mentre lui aspetta fuori. Un vecchio si arrabbia con un computer, un altro cliente dialoga con uno sportello automatico. Ora sono da solo e il sangue mi va alla testa, per tutto. È ancora là, il sangue, quando prelevo i soldi ed esco dall’edificio.
L’idraulico si è spostato di qualche metro: non è più sotto il portico, ma sul marciapiede che dà sulla strada.
“Mi è sembrato tremasse qualcosa. Il terremoto”, mi dice quasi giustificandosi, mentre conta i soldi che gli ho passato.