Adoro il mio barista. Lavora in un notodiscopub dove vado per gli stessi motivi per cui frequento il notodiscobar. L’ho conosciuto lì, scambiando due chiacchiere in serate mediocri in cui le persone intorno a te, i maschi, soprattutto, ti sembrano squallide e quasi di un altro pianeta. E sono contento perché, dopo cinque minuti, ha detto a me e al mio amico: “Ce ne fossero di clienti come voi”. Senza che noi avessimo fatto o detto niente di particolare.
Ho incontrato il mio barista per strada e in autobus, e abbiamo sempre scambiato due parole, che andavano leggermente oltre il “comevabeneetu?”. Una volta l’ho invitato in radio, ma non è potuto venire perché aveva dei problemi con la sua ragazza.

Io e A. stanotte siamo andati nel notodiscopub. Sempre per i soliti motivi. Era un bel po’ che non ci andavo. Quando mi ha visto, il mio barista mi ha fatto le feste, mi ha stretto la mano e mi ha chiesto “comeva?”. Ho ordinato un Martini cocktail e l’ho visto un po’ in difficoltà, ha chiesto aiuto al padrone del notodiscopub e, alla fine, il Martini l’ha fatto lui, mentre il mio barista guardava.

Martini cocktail eccellente, secco e perfetto. Ci mancherebbe, l’ha fatto il padrone. Padrone che poi ha spiegato come si fa un Martini cocktail al mio barista. Il mio barista, che, praticamente, mi fa pagare sempre la metà.

Ho ordinato un altro Martini cocktail, perché mi piace, mica per sadismo. E ho detto: “Fammelo tu”. Perché volevo che me lo facesse lui. E lui ha fatto tutto, creando quel cono trasparente e meravigliosamente ghiacciato che mi emoziona. E, ancora una volta, praticamente non ho pagato. Mi ha chiesto com’era. Sono stato sincero: “Una mazzata” gli ho detto.

Io voglio bene al mio barista.