Agosto 1999.
“Pronto, Edizioni?”
“Sì, sono Editore.”
“Ecco, io le avrei mandato dei racconti, qualche tempo fa. Non so se ricorda…”
“Sì”. Seguono trenta secondi di critica feroce.
“Va bene, grazie lo stesso.”
Click. Sigh.

Agosto 2003.
“Pronto, Editore?”
“Ciao Francesco.”
“Allora, hai ricevuto gli altri racconti?”
“Sì, non male, davvero, mi piacciono”
“Bene”
“A-ha”, dice lui. Visto che penso non si riferisca a loro, vado avanti, canticchiando mentalmente “Take On Me” per darmi coraggio.
“Che ne dici, magari potremmo pensare ad una raccolta, visto che un paio li hai pubblicati, qua e là.”
“No, dai. Ci vorrebbe qualcosa di più lungo.”
“Un romanzo.”
“Ecco, per esempio. Anche perché di poemi epici in versi noi non ne pubblichiamo.”

Febbraio 2004
Finite per il momento lezioni e seminari, inizio finalmente a scrivere questo romanzo. Appassionante, divertente, difficile, faticoso. Scriverlo, dico. Non “il romanzo”. Se no avrei già in mano un bestseller, soprattutto se eliminassi “difficile” e “faticoso”. Diciamo che appena avrò “un numero buono di pagine”, le manderò all’Editore, il quale vedrà cosa farne di me e del buon numero di pagine.

Nel frattempo amici, coinquilini e altri figuri che passano davanti alla mia stanza, mi vedono più o meno così.

Così come? Eh, chissà. I link muoiono…

P.S. Editore o Redazione, se per caso leggi queste righe: sto scrivendo, sì. Per il blog uso una ghost-writer. Si chiama Melissapì. Brava, solo che devo sempre tagliare parti di quello che scrive, mette il sesso ovunque. Lo so che fa vendere, ma in un blog… No, nel romanzo non ce n’è molto, di sesso. Ah, lo metto? Comincio da capo, allora, ma l’inizio lo lascio così com’è, mi piace: “Era una notte buia e tempestosa…”