C’è un fenomeno che ultimamente mi stordisce: l’assenza di risposte nel campo della comunicazione mediata. Gente che non risponde a mail, sms, telefonate, chat, per circoscrivere la questione. Non gente che tarda nel rispondere, non gente che prima o poi ti richiama, e neanche gente che si scusa. Semplicemente gente che si fa di nebbia in corrispondenze (o tentativi di corrispondenza) che non hanno a che fare con la sfera dell’emotività profonda (cioè l’amore, campo minato), bensì del lavoro o anche dell’amicizia.
Perché accade tutto questo? Ancora non me lo spiego.
Mi hanno educato (perché di educazione si tratta, in fondo) a rispondere: se non rispondo io mi sento male. Considerando che la stragrande maggioranza delle mie corrispondenze avviene attraverso la GMail, regolarmente metto una stellina sulle lettere a cui devo rispondere ed è raro che lasci passare più di qualche ora per dare replica a un sms. Eppure non è che non faccia una mazza tutto il giorno: tuttavia credo che sia un dovere e una questione di rispetto per gli altri il dare pronta risposta a una sollecitazione di qualche tipo.
Un dovere che, tutto sommato, costa poco. Può anche succedere che venga richiesta una risposta elaborata che magari non è possibile fornire subito, per mancanza di dati o tempo: in tal caso mandare due righe dicendo qualcosa come “Ti rispondo appena possibile” può essere sufficiente, credo. Ma la maggior parte delle volte bisogna sollecitare e sollecitare ancora, perché venga rotto il silenzio che, spesso, permane.
Se dovessi mettere tutte insieme le mail, gli sms, le righe di chat, i saluti che ho mandato e che ancora non hanno avuto risposta, be’, sarebbe una bella accolita. Me le immagino, queste parole, come accumuli di asteroidi alla deriva nello spazio. Vanno, vanno, per forza di inerzia, fino a che non si consumano e scompaiono nel buio, nel silenzio, senza risposta.
Ciao,
credo che tu debba fare così: inviare l’sms, e dimenticartene. Io tendo a rispondere quando per l’appunto ho una risposta da dare o quando mi fanno una domanda o, ancora, quando mi interessa la persona (o perlomeno, quando la persona è mia amica)… senz’altro trovo il modo per risponderle. Ma per il resto, io ormai non bado più a questo tipo di immediatezza… Se qualcuno vuole dirmi qualcosa di importnate, o se voglio sentirmi più vicina a quella persona, la chiamo direttamente. Lo stesso vale per gli auguri o altre cose più “futili”. E’ così bella la vicinanza… con certe persone.
Ciao, eh, magari potersi dimenticare di un sms. Dipende dal contenuto del messaggio. Mi riferisco a cose che necessitano di una risposta, non di saluti lanciati così a caso, per dire. Ma forse, in genere, dovrei eliminare qualcuno. Anzi, molte persone. Insomma, ce ne sono davvero pochissime che ripondono a tono, normalmente. Ma è così assurdo farlo?
Beh,
come in ogni campo, le persone vere, quelle capaci, quelle speciali, sono sempre poche. I rapporti sono la cosa più difficile del mondo da gestire.
Fare pulizia, spesso, è utile e soprattutto liberatorio. Siamo immersi di tutto, anche di contatti. Ne basta qualcuno. Anche solo 5 persone, nella nostra rubrica, sono poche le persone amiche.
Un saluto, omonimo.
Eh sì succede spesso. Molte volte credo per fretta o distrazione più che volontariamente (ma sta diventando un’ossessione collettiva chiedersi il perchè non ci rispondono). Comunque un mio amico psico di professione la spiega grosso modo così: la facoltà di una persona di negarsi a chi cerca di contattarla, la pone in una condizione di superiorità, di potere e quindi di autorità. Il che per molti è piacevole (anche in amore può succedere probabilmente qualcosa del genere). Possono essere anche segnali per far capire a qualcuno che non è gradito o che è meno importante di altri o di altro. Aggiungerei, perchè no, un tocco di pigrizia e mi è capitato anche di trovare gente con non risponde a messaggi e telefonate ma aspetta di farsi chiamare per risparmiare!
In generale maggiori possibilità di comunicazione, dal punto di vista tecnico, non è detto che amplino la capacità di comunicare con l’altro, dal punto di vista umano. Anzi.. potrebbe esserci un rapporto inversamente proporzionale.
(sarebbe interessante ripensare ai film di Antonioni nell’era digitale)
Sì, è come dici tu, in effetti. Però per me alla base di tutto c’è una questione di educazione, ecco.
Su Antonioni, però: no, dai, lo riduciamo ancora una volta all’incomunicabbbbilità?
Sto giusto pensando che dopo questo post sarai costretto a vita a non perderti un commento, una mail, un sms.. 🙂 te la sei cercata
Sono d’accordo, è una questione di educazione e di attenzione, poche storie. E chi, come te, è una persona educata, credo che di questo verrà ricompensata, mentre a chi non è attento non resta che ripagarlo della stessa moneta… (ogni tanto poi un po’ di scrematura nei contatti credo sia salutare).
Antonioni non lo sopporta più nessuno (peccato) ma toccare il tema dell’incomunicabilità non credo sia un ridurre ma un ampliare, o meglio un scendere in profondità (sto già pensando a “L’avventura” ambientato ai giorni nostri, con tutti sull’isola che cercano con i telefonini Anna ma che alla fine, sconsolati e costernati, devono arrendersi davanti all’evidenza: non c’è campo)
ciaociao
L’immagine dei personaggi di Antonioni che si aggirano per l’isola sventolando i cellulari in attesa dell’apparizione di una tacca sul display mi ha fatto molto ridere, lo ammetto!
‘Soffro’ anch’io della tua stessa ‘afflizione’ e anche per quello che mi riguarda, non lascio mai passare troppo tempo tra una lettera ricevuta e la mia risposta. La considero anch’io una questione di educazione e di rispetto prima di tutto, ma immagino siamo rimasti in pochi a vederla così. Sono anch’io dell’opinione che per alcuni la latitanza sia un giochino assai allettante, in grado, forse, di farli apparire semplicemente più ‘interessanti’ di quanto farebbe una loro risposta.
Saluti, Sara
Sono felice di non essere da solo, Sara. Poi, si capisce, l’idea di rispondere si deve conciliare con tempi e impegni. Però sempre di più la gente se ne sbatte e lo fa impunemente. Ecco, è il senso di impunità diffuso che mi sconvolge.