Pensavo, prima, che sono andato al cinema, da solo e nel pomeriggio, come faccio di solito per i film di cui parlo poi in radio o scrivo.
Pensavo, prima, seduto ad un tavolino fuori, a come sono andato a vedere The Terminal. A come abbia cercato d’impulso protezione in un cinema, nel buio della sala, a come mi sia rifugiato in una storia, raccontata (peraltro) benissimo. Ma questo, prima che il film iniziasse, non lo sapevo.
Pensavo, prima, seduto fuori in un locale dietro piazza Maggiore, che, durante la guerra, gli incassi cinematografici in Italia non sono diminuiti, anzi: la gente andava al cinema anche più di prima.
Pensavo a tutto questo, prima, seduto ad un tavolino di un locale dietro piazza Maggiore, mentre fissavo una valigia appoggiata ad un muro, che pareva nessuno notasse o riconoscesse come sua.
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scrivi poesie,eh?
miss t.
quindi vale la pena vederlo?
visto che anche io mi trovo spesso (troppo spesso) al cinema da solo, data la carenza di amici cinefili, e di amici in generale, se vuoi qualcuno che ti spalleggi risate, lacrime o fischi, fammi sapere e qualche film possiamo vedercelo insieme. sarei molto curioso di sentire le impresioni a caldo di un vero critico. se invece quello che cerchi è proprio la visione solitaria allora ritiro l’invito. e rimando ai commenti su secondavisione 🙂 . o alla notasaladabiliardo. alè.
paolo
Io ho visto ieri lo stesso film e ne ho parlato sul blog, anche se l’argomento centrale era lo scandaloso prezzo (7 euro) per uno spettacolo di martedì.
Ad ogni modo mi hai fatto riflettere, probabilmente era voluto, sul fatto che The Terminal è esattamente un classico film nel quale è tremendamente rassicurante rifugiarsi in un momento come questo.
Rendere grazie alla poesia della storia di Viktor Navorski un luogo sicuro e tutto sommato tranquillo il terminal dell’aeroporto di New York è decisamente una bella mossa.
Anche per questo però il film risulta quasi “rivestito” di una patina fiabesca, irreale.
Volevo dire Mercoledì, non Martedì, chiaramente.
lo stesso effetto e le stesse domande, moltiplicate per due, le ho provate galoppando per stazioni e terminal aeroportuali a parigi. you have new mail.
Pensavo, lunedì sera in autobus… Stipato di studenti fuori sede che tornano in sede ma con la valigia più grande di quella del week-end, quella del ritorno dopo le vacanze. Facce abbronzate, gli accenti più diversi. E quel trolley che mi spinge sulla coscia, ecco, ora lo sposto un po’… ma di chi sarà? Sembra di nessuno. Che faccio, lo chiedo a voce alta? Così mi prendono per la solita mitomane. Che vede una valigia e pensa…
Pensavo, lunedì sera in autobus.
scrivi post incommentabili e la gentre ti commenta uguale. ma come fai? 🙂
fio: shh. (qui ci sarebbe da mettere un sorrisino, per sdrammatizzare, ma non mi va).miss t: solo a tempo perso. molto perso, quasi buttato via.kay, paolo e notuno: ehm, il post, a dire il vero, non era sul film. per le cose di cinema, andate qua.sssq e latifah: sentimenti comuni, vedo.benzina: ma che ne so? forse niente è incommentabile, su. ma si dirà incommentabile?