Lo ammetto: alla faccia della crisi, ho due lavori. Il primo, di mattina, mi identifica come “giornalista”. Il secondo, di pomeriggio, mi identifica come “responsabile ufficio stampa”.
Ammetto anche, alla faccia dell’opulenza, che con due lavori riesco a malapena a campare.
E anche che il primo dura fino a dicembre e il secondo fino ai primi di agosto. Alla faccia dell’indeterminazione.
Ma comunque, fare il giornalista di mattina e tenere su un ufficio stampa il pomeriggio è schizofrenico: se facessi bene il mio lavoro dovrei mandarmi delle mail da solo, cercarmi al telefono e lamentarmi perché quel giornalista non c’è mai, e neanche quell’ufficio stampa si riesce mai a trovare quando serve. Ma per fortuna la mia sanità mentale è ancora saldamente appesa ad un filo, quindi tengo botta, diciamo.
Il vantaggio dell’essere allo stesso tempo venditore e compratore, attaccante e terzino, cerchio e botte, è che puoi parlare male di entrambe le categorie, senza pericolo di essere smentito, come, del resto, farebbe qualsiasi persona sana di mente che non è né giornalista, né si occupa di un ufficio stampa.
Considerando che questo secondo lavoro lo faccio da poco, mi sono trovato spesso ad avere a che fare (e quindi a parlare male di) uffici stampa. Il peggio che possa capitare ad un giornalista è una addetta stampa di Milano di una grande casa discografica; che detta così sembra che voglia parlare di una persona in particolare, e che ne nasconda il nome dietro uno squallido giro di parole: invece no, provate a fare qualche telefonata e vedrete che chi risponde al telefono degli uffici stampa delle grandi case discografiche (che stanno tutte a Milano) è, di solito, una donna.
Nervosissima.
Ma anche i giornalisti non sono da meno (e io lo posso dire perché per metà della giornata, bla bla bla… capito il trucchetto?).
Oggi, per esempio, ho parlato con una giornalista, che voleva delle informazioni ulteriori a quelle che le avevo mandato con il comunicato stampa e la mail, per scrivere un pezzo sulla campagna di cui mi occupo. Mi chiede di mandarle una pubblicazione legata alla campagna: quattro mega in pdf. Gliela mando, torna indietro, la richiamo. “Guarda che la tua mail non regge l’allegato. Hai un’altra mail a cui posso mandarla?” Lei è talmente stupita dalla domanda che sento il rumore che fanno i suoi occhi quando strabuzzano. Poi, come se nulla fosse, mi dà una mail alternativa, e si cautela.
“Potrei venirlo a prendere, il file”, dice. “Ma non ho un dischetto.”
“Guarda, quattro mega in un dischetto non ti ci stanno, ti ci vorrebbe una chiavetta usb”: reagisce come se le avessi detto che avere un dispositivo portatile di teletrasporto tornerebbe utile. La telefonata si chiude con lei che mi dice “Se avessi bisogno di altre informazioni, ti chiamo: è il tuo lavoro, no?”
Sì, è il mio lavoro del pomeriggio, e ancora manca un sacco alla fine del pomeriggio. Quanto meno abbastanza da ricevere un’altra telefonata della giornalista. Mi inizia a fare delle domande che hanno risposta nel comunicato, ma lungi da me dirle: “Ma allora manco l’hai letto”, quindi rispondo educatamente. Mi chiede quando inizia la campagna, e le dico la data. “Quanto va avanti?”, continua lei. “Eh, dipende”, dico io, e spiego che, sebbene sia una campagna nazionale, è organizzata autonomamente anche dagli enti che vi aderiscono a livello locale. “Quindi, fino a quando va avanti?”, insiste. “Di solito gli eventi locali sono organizzati fino alla metà di agosto circa, ma non credo ci sia bisogno di essere così precisi”, dico tentando di chiosare.
Pare si sia placata, ma è solo un’apparenza. “Che spettacoli sono legati alla campagna?” Stavolta sono io che strabuzzo gli occhi: non c’è alcuno spettacolo legato alla campagna, dico, ma lei insiste: “Eh, mica me lo sono inventato, l’ho letto nei comunicati.” “I comunicati li ho scritti io, giuro che non c’è alcuno spettacolo.” Niente, non è convinta, mi dice di aspettare in linea, e va a leggere le mail che le ho mandato. Torna al telefono. “Ah, no, mi sono confusa: avete dei personaggi dello spettacolo come testimonial.”
Un momento di silenzio.
“Senti, ma quando inizia e quando finisce, la campagna?”
E domani mattina, di nuovo a fare il collega di questa qua.
* E mi rendo conto di avere usato un’altra volta un titolo simile, in un posto che aveva sempre a che fare con giornalisti.
teoricamente è scorretto fare uff stampa e giornalista assieme. vedi un po’ tu
non c’è problema alcuno, anonimo: tanto, quando mi chiamo trovo sempre occupato.
Ah, mi son scordata di chiederti uan cosa al telefono: “Ma quando vai in ferie?” e “Scusa, ma quanto dura la campagna?”. : ) Groucho Marx diceva: “Non dimentico mai una faccia, ma nel tuo caso farò un’eccezione.”
quando mi rivolgono la stessa domanda a ritmo pulsante, dopo aver resistito con la medesima versione per un poco, a un certo punto mi arrendo, e fornisco risposte diverse, sempre meno aderenti alla realtà.
e quando penso di aver detto una cazzata tale che la bocca si vergogna, si gira verso di me e mi chiede ‘sei sicura, la accendiamo?’, ecco, è allora che il minus habens si tranquillizza e mi crede.
prova.
stee
posso prendere il posto di quella “giornalista”? sono una donna si, ma un po’ più intelligente!
fede
“Il vantaggio dell’essere allo stesso tempo venditore e compratore, attaccante e terzino, cerchio e botte, è che puoi parlare male di entrambe le categorie”…con un post stupendo aggiungo io. :-)Kit
comprendo la schizofrenia (ringraziala,tra l’altro.così non sarai mai solo).anche io per un bel po’ ho svolto entrambi i lavori tenendo sempre più al primo (giornalista) che al secondo (ufficio stampa) e atterrendo (si dirà così?) di fronte a petulanti addett* stampa che ti implorano di pubblicare una notizia (magari…).ora che sono (temporaneamente) a tempo pieno a “difendere gli interessi del governo” scopro il gusto di controllare (molto poco in realtà) il flusso delle notizie…è l’unica soddisfazione di un lavoro oscuro.insieme all’opportunità di nuotare nello stesso mare delle autorevoli penne delle più autorevoli testate.
il problema,però,è sempre quello.nun c’ha voglia nessuno…
in bocca al lupo
m.fv.
Schizofrenia e palese conflitto di interessi 😉
Addetto stampa e giornalista anch’io, ma in due campi distinti.
Certo che, viste da fuori, entrambe le posizioni sembrano attraenti. Sembrano racchiudere un mondo di attività divertenti e mai ripetitive, creative e costruttive. Ed invece arrivi tu a togliere ogni speranza!
Comunque, per la poca esperienza che ho relativamente ad altri ambiti, posso dirti che altri mestieri regalano proprio quello che promettono.
Un responsabile dellalogistica distributiva o un controller aziendale non tradiscono: fanno proprio cose divertenti come le immagini.
Dio! Ho un’addetta ufficio stampa che, dicendola alla francese, suona un po’ così: “dou maron”!!!
Eppoi mi ripete sempre che cmq lei non vuole interferire nel mio lavoro, ma mi tampina di mail e telefonate…ed io non sono neanche una giornalista!!!
Ma dove ci sta portando questo corso di laurea?!?!!?
anonima: ferie, ferie… che parole desuete che usi…ste: sono ancora troppo inesperto per usare la tua tecnica dada. ma se mi ricapita, giuro che ci provo.fede: non sia mai che nel post tu abbia visto della misoginia. il fatto che la giornalista in questione e che le addette stampa di cui parlo siano donne, è un puro caso. sul serio. almeno spero.kit: grazie, ma non vedo l’ora di scrivere un post stupendo, che ne so, su delle vacanze lunghe un mese, o cose così. mi sa che ti toccherà aspettare, però. e a lungo. sigh.mfv: sapessi che flusso posso controllare io… ma capisco la tua soddisfazione.succo: anche io in due campi distinti, ci mancherebbe.mokia: ma no, non voglio abbattere nessuno. dico sempre che praticamente ogni ambiente lavorativo è una merda, ma se non altro se ne può scegliere il sapore.valela: ah, guarda: io il corso di laurea l’ho finito da anni, quindi ormai dove mi ha portato…
questa è buffa…prima apprendo da blog dei tuoi 2 lavori, poi lunedì mattina in ufficio mi arriva una tua mail, deduco del secondo lavoro…i miracoli della tecnologia informatica!
ma questo è il mio approccio in generale con questa categoria umana, non solo sul lavoro.
la uso con successo con mia madre da sempre (anzi, forse l’ho messa a punto con lei) per la quale qualsiasi cosa è colpa mia e quindi se viene ad essere un danno in un qualche dove sul globo terracqueo, mi domanda fino allo sfinimento ‘ma che hai fatto?’ ‘sì, ma tu che hai fatto?’.
stee
anonimo: il mio lavoro è per sempre compromesso. ti ho lasciato un sacco di soldi dietro il terzo cassonetto, alla fermata del metrò.ste: comunque è colpa tua.
un buon ufficio stampa sa che non si mandano pdf hai giornalisti altrimenti non possono fare cut&paste!
un collega