Ho incontrato le parole di Olivier Adam per caso, l’anno scorso, quando ho letto la sua prima raccolta di racconti apparsa in Italia, Passare l’inverno: era da molto tempo che non leggevo dei racconti così gelidi, freddi e perfetti, e ho iniziato a consigliare e regalare quella raccolta a tutti. I racconti di Adam erano per me paragonabili a quelli di Carver, ma non semplicemente come accostamento, ma dal punto di vista qualitativo. Un uso delle parole puntuale, le frasi che finivano sempre al punto giusto, un equilibrio della narrazione magistrale. Per questo ho sempre associato la scrittura di Adam all’arte prodigiosa del racconto, un genere che amo moltissimo, ma che, ahimè, pare che in questo paese sia – come il cortometraggio nel cinema – semplicemente una prova necessaria per giungere all’Opera Lunga (romanzo o film).
Sono rimasto sorpreso, quindi, quando ho iniziato a leggere Scogliera, uscito qualche mese fa: un romanzo, uno dei tre che Adam ha scritto. Ma la sorpresa si è esaurita nel momento in cui ho cominciato la lettura. Eccole, le parole di Adam, ecco il suo modo unico di raccontare e rappresentare la tristezza e il dolore, sentimenti abusati in ogni modo e con ogni mezzo, ma che con la scrittura dell’autore francese assumo nuova forma, quella gelida, perfetta, preziosa e naturale del diamante. Percorrendo nelle pagine del libro la vita del protagonista non si viene mai colti dal sospetto che Adam voglia catturarci con qualche trucco: tutto è assolutamente sincero, spontaneo, francese e allo stesso tempo universale, esattamente come, leggendo Carver, ci sembra che i luoghi e le persone che descrive, così distanti culturalmente e geograficamente, facciano in realtà sempre parte della nostra vita. Noi, lettori e protagonista del romanzo, ci immergiamo nella memoria, nel passato, per provare a ritrovarci, ben sapendo che alcune cose sono e saranno perse per sempre.
Ciò che si cancella dal nostro cervello si cancella anche dal nostro corpo, dal nostro sangue, dalla nostra vita, non lascia alcuna traccia, alcun segno, se non quello di un vuoto assoluto, freddo e vertiginoso
(Olivier Adam, Scogliera, minimum fax, Roma, 2007, p. 164 – traduzione di Maurizia Balmelli)
credo di averlo letto tutto, Carver.
ma ogni tanto ho bisogno di tornarci tra quelle pagine…
se questo Adam, che non conosco, ha qualcosa a che fare con C., credo che lo leggerò presto.
grazie per il consiglio.
Sai cosa ti dico Fra? Che dopo anni di tue trasmissioni sto scaricando adesso uno dei tuoi mp3 e domani me lo sento. yeah.
fra (o dovrei scrivere siddharta, anche se mi riporta talmente indietro nel tempo che quasi quasi mi fa paura)
viadellaviola: se non lo conosci, ti consiglio anche tobias wolff. lui, se non sbaglio, era proprio amico di carver. ma dovrei controllare…fra: che bello, che bello! fammi sapere, eh. che, per come buttano le cose, potrebbero anche essere tra gli ultimi… (sigh)
Certo che detto dall’ “Olivier Adam italiano” fa un certo effetto.
🙂
prendo appunti!
grazie 🙂
woland: sì, ecco fatto: la querela non me la toglie nessuno, così.viadellaviola: ma prego, fammi sapere che te ne pare.
[…] che mi fa Olivier Adam, ad ogni suo libro, è devastante. Ho già scritto qua di Scogliera, ma Stai tranquilla, io sto bene (suo primo romanzo, uscito da poco per minimum fax) […]