E così, l’altra sera, siamo usciti io, P. e M. Appena fuori casa, incontriamo dei ragazzi, vestiti più o meno tutti uguale: giacca Dainese bianca, capelli ricolmi di gel, jeans stretti. Il capo, l’unico che ha tutte queste caratteristiche di vestiario, si avvicina a noi, che appariamo come la loro antitesi.
“Scusate, c’è una discoteca qua vicino?”
Noi snoccioliamo i nomi delle discoteche che conosciamo, pur non essendoci praticamente mai entrati.
“No, no, fa’ lui. Vogliamo una discoteca… più di sostanza.”
Rimaniamo per tutta la sera a scervellarci su cosa sia una discoteca-di-sostanza. Avesse detto “una discoteca con delle sostanze” sarebbe stato più facile.
Dopo un po’ M. si apparta con una ragazza e io e P. facciamo i reggi candela, annoiandoci un po’. Quando, all’improvviso, si avvicina un ragazzo, giovane, mi mette una mano sulla spalla e inizia questo dialogo/monologo (tutto vero).
– Non mi dire che sei di Lecce!
– Veramente no, faccio io.
– E di dove sei?
– Di Gorizia.
– Provincia?
– Gorizia.
– Regione, allora!, fa lui spazientito.
– Friuli.
– Ah… Io la geografia la so a occhio, dice, mimando una forma nell’aria con le mani. E poi aggiunge: E’ che la colpa è di quella bottana della mia professoressa di geografia. Non capiva un cazzo. E tu, di dove sei?, chiede rivolto a P.
– Lucca.
– Ah, quella so dov’è.
A quel punto un amico gli fa un gesto abbastanza volgare, il ragazzo si rivolge al mio amico e gli fa: Lucca? Succhia.
P. rimane impassibile. Ma il ragazzo, che si chiama S., non molla.
– E che studiate?
– Lavoriamo, rispondiamo all’unisono.
– E dove?
– In radio.
– Ahh, fa lui, e inizia a mimare delle cuffie e un microfono. Fate la fonica?, ci chiede.
Io e P. siamo stremati.
– No, non proprio, cioè, parliamo alla radio, rispondiamo incenerendo il nostro pur striminzito curriculum.
– E avete studiato qua?
– Sì.
– Cosa?
– Cinema.
– Be’, fa S., ha a che fare con la fonica.
A quel punto io non resisto.
– Be’, sì, a parte il periodo del muto…
S. non coglie. Chi l’avrebbe mai detto. P., mosso a pietà, rende la cortesia della domanda.
– E tu che fai?
– Studio giurisprudenza, e lavoricchio, come bòdigard.
– Ah, facciamo noi.
– Eh, ma lo sai qual è il problema? Che io, mi vedi, non sono grosso. Ma lavoro con delle persone di cento chili per un metro e novanta. Ma loro sono sempre (e mima uno che cerca di attaccar briga, con una certa efficacia), mentre io…
Si ferma e si mette un dito alla tempia.
– … io uso la testa. Perché quella ci vuole. Io sono intelligente. E in questo modo si lavora, con la testa.
– Giusto, diciamo io e P.
– Che poi, sono terzo dan di ju-jitsu, e devo dichiarare il porto di arma bianca. Perché se io, per esempio, mi attacco con te e reagisco, io è come se avessi una spada in mano.
A quel punto, siamo presi dalla smania di entrare in un locale il cui spazio vitale è mezzo metro quadro. Lo salutiamo, entriamo nel locale, usciamo, facciamo due passi. M. parla ancora con la ragazza, io e P. interpretiamo i segni che il munifico destino ci ha fornito e ce ne andiamo a casa.
Tutto ciò avrebbe un senso se visto dal punto di vista dello Stregatto.
la mia frase prefe di sempre
” Perché se io, per esempio, mi attacco con te e reagisco, io è come se avessi una spada in mano.”
Fmc
sembra un racconto di Bastogne di Enrico Brizzi . mi piace il tuo blog . ti mando l’invito sul mio
Il dramma è che non hai incontrato degli alieni capitati per caso sul nostro pianeta… Sono tanti, sono tra noi e domani saranno i genitori dei compagni di banco dei nostri figli. Certe volte mi chiedo se non sia una condanna a vita quella di doversi regolarmente stupire del continuo superamento di un qualsiasi tipo di limite.. Certe volte mi chiedo se forse non siamo noi ad essere, ora come ora, diversi, alieni, singolari, fuori dal mondo.
Un abbraccio a te e ai compagni di viaggio/sventura.
Una piccola pedante precisazione. La frase d’esordio è stata:
– Ma non mi dire che pure tu sei di Lècce!
Il resto, purtroppo, me lo ricordo anch’io così.
p.
Questo scambio:
“- E tu che fai?
– Studio giurisprudenza (…)”
mi ha fatto venire i brrrrividi.
Irene
amor
‘Mmazza che brillanza. Mai pensato di fare il giornalista? Magari di reportages o roba simile?
maxna: e invece tutto è avvenuto al di qua dello specchio.fmc: dovevi esserci. sergio sarebbe diventato amico anche tuo, in un batter d’occhio (o in un volteggiare di lame).compagnidiviaggio: grazie dell’invito, ma non riesco proprio a scrivere anche da un’altra parte, sono abbastanza incasinato così.franchino: ce la faremo. forZe.p.: grazie della precisazione. e della compagnia.irene: beh, un avvocato terzo dan, però, fa la sua porca figura in tribunale, no? 🙂clumsy: baby!anonimo: in effetti sulla carta d’identità quello c’è scritto: giornalista. 🙂
… io uso la testa.
Perché quella ci vuole.
tutta colpa di m.!
anonimo 1: vedo che sta diventando un breviario, questo post 🙂anonimo 2: sì, ma non fateglielo sapere…
Ho apprezzato molto la discoteca di sostanza.
Se ti va, fatti un giro sul mio blog: comeunagina.blogspot.com
CIAOOOOO
[…] libri e dischi, si sposa. E io sono il suo testimone di nozze. Ma testimoni di quando tutto iniziò siete stati anche voi, sparuti lettori del blog. Sarà bello, emozionante e divertente. Anche perché, dopo la festa, […]