I Am The Walrus

Aristide Benassi vs. Tsai Ming-Liang

No, niente, cioè, lo sapevo che butàva male nel pomeriggio, che era arivata mia suozera. Oh, dite voi, tua suozera, ma come, Benassi, tu hai settantatré anni, la mamma di tua moglie quanti ne ha, trezento? Eh no, perché la mamma della mia signora, Calzolari Nina in Benassi, ha novantatrè anni. E portati benissimo: rompe i maroni come una di quaranta. Inshomma, la Nina mi fa: “Arìva mia mamma”, con quel tono “mezzo avvisato” e io dico: “Oh, beh, tanto io volevo andare al cinema”. Che poi mi sono reso conto che era una scusa del casso, perché non vado al cinema dal settantanove. Però, oh, ormai… Sono uscito giusto in tempo, ed ero alle tre e mezzo bello lì davanti al cinema. Appena ho visto la locandina, mi sono detto: “Ma che fortuna, oh, un film di carnassa sotto casa”. No, perché di solito devo andare a vedere i film osè, ecco, dizamo, ben lontano, eh. Invece oh, avevo visto i provini di questo “Il gushto delanguria” e mi aveva ricordato un film di quelli un po’ osè, sempre di cinesi: “L’impero dei senshi”. Oh, l’avevo visto con la Nina, così, per rivivazizzare il rapporto di coppia, come si dice. Poi ho visto com’è finito e mi sono preoccupato, ma tanto la Nina il film se l’era gubbiato per metà, e allora sono stato tranquillo.

Nella foto: Aristide Benassi si appoggia ad un noto monumento felsineo (photo courtesy umarells blog)

Insomma, pago il mio bel biglietto ridusione pensionato, perché ho lavorato, io, e quello che ho me lo sono guadagnato, entro e mi siedo in un posto a caso, vizino a uno studente, uno di quelli del DAS, sapete, barbino, ochialino, faccia di culo, di uno che non ha mai lavorato un’ora una nella vita. Mi apro un po’ l’impermeabile, si spengono le luzi, oh, inizia il film. O almeno io così credo: un minuto di immazine fissa su un coridoio. Vuoto, sensa niente e nesùno. Siccome capita che il proiezionista nei zinema, quelli là osè, si adormenta, alòra io dico ad alta voce “Oh, ma qua non suzzede niente!”. Chi è che si incassa? Lo sbarbino del DAS, che mi fa “Silensio, che qui siamo al zinema.” Oh, shcusa, non l’avevo mica capito. Una battuta ho fatto. Soccia, così zovane e così triste e incassato, e non ha neanche mai fatto un casso. Ma comunque, evito la rissa e mi ziro verso lo schermo dove, incredibile, la zente si muove. E come si muove: oh, c’è una sul letto, a gambe aperte con un’anguria là in mezzo. Mi si illuminano gli occhi. Arriva uno e mi dico “Mo vai che zi siamo!” e quello cosa fa? Mo non gli mette un dito nell’anguria, senza toglierla, e lei gode! Oh, io lo sapevo che i film osè erano finti, ma fino a questo punto… Poi, niente, se la lecca, le spalma l’anguria sulle bocce, lei zeme, zeme e poi… Niente. Cambio di scena, alè. Una davanti alla televisione a gambe larghe. Che non fa niente. Poi c’è uno, che non ho capito se era quello dell’anguria di prima, che sti cinesi son tutti uguali, ‘nsomma, uno che si fa un bagno sul tetto, si trasforma in un sherpente marino e inizia a cantare in zinese, neanche fosse Coferati (ho fatto la batùta). Oh, ma dico davèro!

Gnente, me ne shono andato. Poca carnassa e troppe canzoni: oh, se volevo le cansoni, mi ascoltavo la radio.
Sono arrivato a casa presto e la Nina mi fa “Oh, già finito il film?” Stavo per raccontarle del sherpente, ma poi ho visto mia suozera che già era pronta a dirmene quattro e sono sceso giù al bar.

Sembra carne ma non è

Lo ammetto: ho un istintiva diffidenza verso i vegetariani, vegani, eccetera. E lo so che questo mi attirerà molte antipatie, ma non ci posso fare niente. La mia diffidenza non è dovuta a divergenze ideologiche, anzi, in linea di principio so che mangiare carne provoca sofferenze agli animali, soprattutto se non sono ancora del tutto morti quando li addentiamo. Ma il fatto è che per me i vegetariani fanno parte dell’insieme di persone che non mangiano determinate cose: è quello che mi rende diffidente, anche se rifiutarsi di mangiare la minestra è politicamente meno forte, come gesto, di rifiutarsi di mangiare della carne. Insomma, il punto è che, visto che mi piace cucinare e soprattutto farlo per gli altri, mi scoccia quando ci sono degli ostacoli di qualche tipo alla mia fervida fantasia culinaria. Uau.

Questa lunga premessa per raccontare qualcosa che mi è successo una settimana fa.
Avete presente quei posti circondati da fattorie, con cani e gatti che scorrazzano senza problemi, che di inverno sono completamente immersi nella nebbia e nel silenzio, silenzio attutito solo dal rumore sordo che provoca lo sbattere contro i muri dei cani e dei gatti privati del senso dell’orientamento dalla nebbia e dal silenzio? Avete presente quei posti che hanno come tovaglietta/menù tutta una serie di notizie e notiziuole che, in fondo, hanno come scopo quello di farti sentire una merda perché una volta hai mangiato una barretta di cioccolata e hai buttato la carta per terra, la quale ha soffocato orribilmente una lumaca?  Quei posti in cui sul muro ci sono le foto-ricordo di ogni cavolfiore e carota che state per mangiare, con scritte come “ci mancherai”, o “sempre presente nei nostri orti”?*
Beh, ci sono stato. E non ho neanche mangiato male, devo dire. Ma una cosa mi ha lasciato perplesso. Arrivati al secondo, ho visto planare verso di me delle cose che sembravano, indubitabilmente, delle scaloppine. Prima ho pensato ad una follia del cuoco; poi mi sono detto: e se il cuoco su fosse liberato così, finalmente, di quella rompicoglioni di sua moglie? Infine mi è balenato in testa che potesse essere un modo rapido ed economico di sbarazzarsi di animali malati, e ho pensato che, in effetti, anche la moglie del cuoco poteva essere malata. Infine le ho addentate: seitan.
Ma io mi chiedo perché. Perché avete le tovagliette che dicono che non uccidereste un animale neanche morti, perché avete tanti bollini di bio-certificazione, perché propugnate (giustamente) una causa condivisibile… e tentate di fregarmi? Datemi del seitan a forma di seitan, santiddio, e se il seitan non ha forma, datemelo cubico, circolare, piramidale, ma non a forma di carne. Se no è come dire: “Eh, lo so che vorresti una bella bistecca, come secondo. Anche noi, sai, ci saremmo anche rotti le palle di dare da mangiare alla mucca e basta, e che ci vorrebbe, due colpi, et voilà, una bella fiorentina. Ma non possiamo. Quindi ti diamo qualcosa che ti ricordi la carne, ma che non lo è neanche lontanamente. Su, mangia che si fredda.” Lo spirito di sacrificio, ecco cosa non mi piace di un certo modo di mangiare. E ho pensato che il seitan a forma di scaloppina è l’equivalente alimentare dell’invidia del pene.

*Beninteso, ogni ortaggio si è sacrificato per il vostro stomaco. Per quello ve lo fa pesare, dopo. Come postilla, infatti, devo dire che il macrobioticovegetallycorrect mi è rimasto sullo stomaco fino all’ora di cena.

Highway 883 revisited

Mettiamo che famoso cantante, Bob Dylan, venga in Italia a novembre per una serie di concerti. Mettiamo che il vostro omino qui, vestito da giornalista musicale, contatti qualcuno per avere degli accrediti (bastardo) e per intervistarlo (tentar…).
Mettiamo che quel qualcuno, che ne so, potrebbe essere un promoter, gli dica che il famoso cantante non accetta interviste, ma che ripari subito offrendo al giornalista una doppia gustosa alternativa: “però posso proporti Pezzali o Antonacci” (testuale).
Voi chi dei due intervistereste, considerando però di fargli le domande originariamente rivolte a Bob Dylan?

Di |2005-10-24T13:46:00+02:0024 Ottobre 2005|Categorie: I Am The Walrus|Tag: , , , |25 Commenti

Titoli e personaggi

Una settimana che non scrivo qui, me ne rendo conto solo ora. Sono stanco, care e cari, e ho il cervello in pappa. L’unico pensiero che ho avuto, in questa settimana densa di primarie e altri eventi mondani, è che sarebbe bello scrivere le avventure di Tacito Assenzio, un silenzioso storico maudit dell’epoca che fu, farlo vivere tra cronache storiche e viaggi drogati, raccontare della sua grande opera “Gli annali del male”, cose così.

Sarebbe anche bello che esistesse qualcosa dal titolo: “L’uomo col pene più piccolo del mondo e l’addetta al microscopio elettronico che l’amava.”
Beh, esiste.

Avrei voluto scrivervi…

… della semplice felicità di trovare un bellissimo numero di Uncut in edicola, con uno speciale su John Lennon e un cd delle conferenze stampa dei Beatles in allegato (oh, come si chiama questo blog? Ecco, i segni della malattia sono ben evidenti). O della gioia di avere tra le mie mani il numero di Storie con alcuni inediti di Carver (che per me sono come se fossero degli inediti dei Beatles).

Poi sono passato dal blog di Gago dove ho visto un post su una cosa incredibile. Sì, La canzone del Riformista.
E la voglia di scrivere mi è decisamente passata.

+ latte, – cacao (x tutti)

Leggo sul sempre valido blog di Gago che la Ferrero ha intenzione di eliminare dalle confezioni di Kinder quella bella faccia sana e bionda del bimbo sorridente. Parte, quindi, la petizione per salvarlo. Sempre che questa cosa della Ferrero sia vera.
Voglio dire, io di solito dubito delle cose che si trovano su Internet. Ho imparato a mie spese che molte delle notizie che girano in rete sono delle bufale. A mie spese perché, quando mi è arrivata questa catena di Sant’Antonio via mail, sebbene non l’abbia spedita “atuttiimieiamici”, ho smesso di lavarmi i capelli per paura di accelerare il processo alopecizzante che comunque, visto che la genetica non è un’opinione, mi colpirà.
Allora perché scrivo questa cosa sul bambino Kinder?
Perché da piccolo mi sentivo una merda. Sì, ero un bambino un po’ depresso, tipo Marvin di Guida galattica per autostoppisti, e avevo anche un po’ le sue fattezze. Però mi tiravo su quando vedevo quella faccia di culo del bambino della Kinder. Lo guatavo, smangiucchiavo barrette e lo mandavo a fare in culo. Oh, sarà anche stato l’effetto euforizzante del cacao (meno) o quello del latte (più? Lattepiù?), ma stavo meglio.
E invece, adesso, potrebbero sostituire il bersaglio dei miei strali infantili con un giovinetto modellino fighetto che, a dieci anni, ha già scopato più di me e ha assunto anche notevoli dose di cocaina.
Firmate la petizione, su.

Di |2005-09-14T21:33:00+02:0014 Settembre 2005|Categorie: I Am The Walrus|Tag: , , , |28 Commenti

Referrers – Fuori serie

Cosa succede quando hai dei referrers meravigliosi ma non ti viene uno straccio di idea per costruire il raccontino quasi mensile (per chi non sapesse di cosa parlo, si veda la colonna a lato)? Semplice, ti adegui e fai un semplicissimo post di commento alle stringhe di ricerca assurde che hanno portato degli squilibrati a vedere il tuo blog.

come si fa per non scaricare piu le suonerie zed. Dovrebbero esistere dei centri di recupero per uscire dal tunnel della polifonia, credo. Con corsi di “uso del compositore di cellulare”, rilascio di attestato di frequenza, eccetera.
dove comprare pesce oggi 15 agosto a bologna. Hai rimorchiato la turista e vuoi fare colpo preparandole la tua famosa carpa in crosta d’acciughe, eh? Rassegnati. Dille la verità, tutta la verità, di’ giuro e forse si convince e te la dà senza troppi sbattimenti. Forse.
ho visto la nonna in cesso che masturbava il cane. Fattene una ragione, e pensa che, comunque, la nonna sta facendo sesso sicuro. A meno che tu non abbia visto solo i preliminari.
la donna con l’orgasmo. Incorporato, presumo. Beh, tu stai attento e comportati come da manuale. Il peggio che ti può succedere è che ti becchi un orgasmo tarocco.
orgasmi con il cellulare. Pare che la vibrazione funzioni. Ma stai bene attento ad escludere la suoneria zed di cui sopra.
quali alimenti fanno fare cilecca. Mah, non so. Presumo che la peperonella con le cozze e le cotiche e lo stufato di maiale in calce viva non aiutino.
racconti di ragazzi gay testimoni di geova. “Torrione di guardia”? (Lo so, è pessima, abbiate pazienza.)
vuole tagliare pene fidanzato. Non sarebbe la prima.
“scambio di coppia” convincere. Partiamo male. Prova con “dai, può essere che trovi uno/una meglio di me”. Si convincerà immediatamente.
mangiare male a modena. Perché, perché vuoi andare a Modena per mangiare male? Questo, tra l’altro, era il referrer più papabile per il raccontino.
trainer troia. Ho un dubbio. Cerchi qualcuno che ti insegni ad esercitare meglio o qualcuno che ti eserciti e, nello stesso tempo, eserciti?

Bene, e anche agosto ce lo siamo sfangato. Qualche altra annotazione: ovviamente, siccome sono pecora e seguo la massa, mi sono installato anche io Google talk. Potete chiacchierare con me, se proprio siete alla frutta, contattandomi a: adayblogATgmail.com. Ma dopo il dieci settembre. Me ne vado alla Mostra del Cinema per vedere film, parlarne alla radio e scriverne.

Referrers – Gente che cerca altro – 14

Dagli stessi produttori di Neighbours, in associazione con Google, Virgilio, Yahoo! e Shinystat
14. al concerto ho mostrato le mie tette

“L’italiano è una lingua di perifrasi.” Questo fu il suo primo pensiero compiuto di quella mattina, pensiero che faceva fatica a farsi sentire, sommerso dal fischio continuo che le rimbombava nelle orecchie. “Non esiste un equivalente italiano di hangover. Una parola sola, cioè. Lingua meravigliosa, l’inglese.” Poi sentì una fitta allo stomaco, pensò che forse doveva mangiare, le venne da vomitare. Si riprese e si mise a sedere sul letto. Respirò. E iniziò il processo di recupero nella memoria, per rispondere ad una semplice domanda: “Che cosa ho fatto ieri sera?”, domanda che aveva diversi corollari, corrispondenti, più o meno, alle cinque “W” del giornalista. “Who, what, when, where e…” Non si ricordava l’ultima, la più importante. “Why. Perché?”
La sua memoria sbuffò, crepitò e regalò una sensazione al suo cervello: aria sul petto.
Andò in bagno, si chinò sulla tazza, ebbe un déjà-vu poco prima di vomitare le ultime cose che aveva nello stomaco. Liquidi, per lo più. Alcolici.
Aveva abbracciato il cesso anche appena era tornata a casa, quella notte. Il fischio nelle orecchie non diminuì. Qualcuno la stava pensando? No. Era stata ad un concerto.
Ecco, sì. Un concerto. Tentò di focalizzare su quel brandello di ricordo, togliendo tutto ciò che poteva peggiorare il suo stato di post-ubriacatura, concisamente detto “hangover”. Eliminò le luci violente del palco, la calca della gente, il fiato caldo di qualcuno dietro di lei. Si passò una mano sul collo, era sudata. Anche la notte prima era sudata, faceva caldo, ondeggiava la testa, forse anche senza muoverla. Si ricordò di un barista, della sua mano raffreddata dalla birra nel bicchiere di plastica, di una sua amica che le diceva “ancora?”, di lei ipnotizzata dai movimenti del batterista, di lei che sentiva caldo e rideva.
Aveva sollevato la maglietta, mostrando il seno al gruppo.
E anche a qualcuno al suo fianco.
Poi aveva riabbassato la maglietta.
Rivomitò. Evidentemente c’era ancora qualcosa nello stomaco.
Ebbe un’altro flash, di un flash. Cioè rivide proprio il lampo di una macchina fotografica negli occhi. E se qualcuno le avesse fotografato le tette? “Oddio”, pensò. Stavolta la lingua italiana era vantaggiosamente sintetica almeno quanto l’inglese.
Tornò nella sua camera e vide il computer acceso. Aveva scritto un post sul concerto, su tutto. Si affrettò a cancellarlo, senza neanche rileggerlo. Tutto era chiaro, adesso, e anche il fischio nelle orecchie stava diminuendo. Tutto tranne una cosa.
“Why?” La domanda era stampata nella sua mente, e la risposta “ero ubriaca marcia” non la soddisfaceva. E se qualche motore di ricerca avesse memorizzato già quel post?
Digitò in fretta alcune parole e cliccò sul pulsante dei risultati.
Altri blog, altri concerti, altre tette. E si sentì per la prima volta parte di una comunità.

MeDCna per l'anima

Come reazione alle varie ipotesi di una rinascita democristiana ho avuto una specie di dolore intenso, che però, poco dopo, ha lasciato spazio ad una strana e impalpabile sensazione di calore.
Ho tentato di capire che cosa fosse, razionalizzandola, cercando di circoscriverla, ma ho compreso tutto d’un tratto che cosa fosse.
In questo momento tremendo, in cui noi giovani adulti, nati verso la fine degli anni settanta, non abbiamo lavoro, o se ce l’abbiamo è precario, non abbiamo certezze, non abbiamo punti di riferimento né politici, né culturali, né sociali, una sola cosa ci può salvare: la Democrazia cristiana. Ma sì, vi ricordate? Eravamo piccoli, tutto sembrava meraviglioso, avevamo i giochi di società e le partite a pallone nel cortile sotto casa, e il telegiornale parlava di Pentapartito, e noi imparavamo che penta voleva dire cinque in greco, come Canale 5, e lo sapevamo dire anche in spagnolo e francese, cinque, cinq, la cinco!
E c’era la diccì, o di ci, o DC, e nessuno sapeva perché: c’era e basta, da sempre, e ci sarebbe sempre stata, immobile, paludata, l’immagine della politica sulla quale adagiarsi, o il simulacro del bersaglio di infinite crudeli battutine, l’imitazione di De Mita, facilissima da fare, bastava nasalizzare tutti suoni, e Andreotti e la sua gobba, e Fanfani è un nano. Il CAF, unico caso al mondo, credo, di sigla che unisce il nome di tre politici, ovviamente se escludiamo gli Abba, che però erano in quattro.
E poi Craxi, il benessere, la forma di edonismo meidinitali importato dagli Stati Uniti, David Hasselhoff ospite al Drive In, Arnold (alto quanto Fanfani, ah ah) ospite al Drive In, Piersilvio Berlusconi ospite al Drive In. Le tette, il grande centro, la destra e la sinistra, la falce e martello, lo scudo crociato, il garofano, il culo di Tinì Cansino, il sole che sorge, l’edera, il plì, Donat Cattin, che qualcuno pronunciava alla francese, qualcuno all’italiana, metallari da una parte, paninari dall’altra, Goria e Andreatta, Longo e Martelli. Tutti dicevano che tutti rubavano, sfiorando l’autodenuncia. Chi non rubava, prima o poi, era costretto ad adeguarsi, e chi parlava, parlava, ma non aveva le prove, e dopo un po’ smetteva. Ma grazie alle linee essenziali ed eleganti dettate nel dopoguerra, ancora attualissime, mai demodè, tutto il mondo era chiaro e semplice.
Facile, chiaro, limpido, Recoaro? Fiuggi e la sua svolta erano lontano, qualcuno chiamava l’emmeesseì “mis” e io non capivo perché, ma sapevo che quelli erano fascisti, senza ma e senza post, e io vivevo in un capoluogo di provincia democristiano, e il padre del mio compagno di banco era democristiano, e il nonno del mio compagno di banco era democristiano e bestemmiava, proprio come i miei vicini, democristiani, che andavano a messa, ma bestemmiavano prima o dopo, mai durante. Tutti abitanti di un paese democristiano, un paese che democristiano sarebbe sempre stato, qualunque cosa fosse successa.
Rivoglio la DC, mi dà sicurezza: una madeleine enorme nella quale vivere, protetti e al caldo, facendo opposizione rigorosamente dall’interno e mangiandone un pezzettino, di tanto in tanto, ma solo per pura golosità.

Andiamo su pe' i monti

Con il duo Spocchia vado a festeggiare la Repubblica quasi in Sudtirolo. Un gesto coraggioso, lo ammetterete. Ma non voglio lasciarvi senza un regalino, una storia interattiva (così la chiamano) che è una delle cose più belle-da-vedere che abbia notato di recente. Si chiama Hotel.
Ci si rivede domenica.

P.S. Il titolo è l’inizio (rovesciato) della canzone dei nani della Loacker. Non riesco a togliermela dalla testa. Aiuto.

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