2001 odissea nello spazio

Liste

A me le liste mettono angoscia. La stessa angoscia che mi mettevano i compiti di matematica al liceo, perché la matematica è “perfetta” ed “esatta”. La stessa angoscia che mi mette il contoallarovescia a capodanno. Non mi piacciono le liste di dischi, né quelle di film. Non mi diverte farle, non so perché. Mi capita spesso, date le mie presunte conoscenze cinematografiche, che qualcuno mi chieda, in maniera del tutto innocente, “Qual è il tuo film preferito?”. Non lo so. Non lo so, smettetela di chiedermelo. Posso dirvi, forse, qual è il mio film preferito di un regista X, ma, per esempio, se mi chiedete qual sia il mio film di Kubrick preferito, non lo so. Non ne ho idea. Forse, oggi, adesso, alle quattro del mattino, Arancia Meccanica, ma poi, magari, domani sarà 2001.
Non faccio liste di dischi del 2003. Intanto perché sono indietro con la musica di almeno cinque anni, ma forse anche di più. E poi per i motivi di cui sopra. Intendiamoci: non ce l’ho mica con quelli che fanno le liste (anche perché se no dovrei togliere almeno la metà dei link dal mio blog).
Ma non tutte le liste mi mettono angoscia. In questa fase della mia vita, in cui i pagamenti per i lavori che faccio e che ho fatto non arrivano, e quindi sono senza una lira (amici, scordatevi anche il pensiero di un regalo di Natale), c’è una lista che mi fa sognare. La lista della spesa. Eccola qui per voi.

pasta (de cecco): non dimenticare di prendere i bucatini, le linguine, oltre ai formati classici;
pane (magari di altamura, francese o pugliese);
polpa di pomodoro (la passata no, meglio la polpa);
acciughe (evitare di dimenticarsele al supermercato);
uova (ma una confezione da sei basta: non ne mangio tante);
carne macinata (il ragù!);
aglio, cipolla e altri aromi e aromini;
tonno in scatola (all’olio d’oliva, quello al vapore mi sa di malato: fissazioni);
olive nere con nocciolo (quelle senza sanno di plastica: vedi sopra);
pancetta (meglio se in pezzo unico, da tagliare, ma anche a dadini va bene: affumicata per la carbonara, normale per l’amatriciana);
formaggi vari (non dimenticare la mozzarella, il gorgonzola e il pecorino);
verdure varie: insalata, pomodori, radicchio e del finocchio da sgranocchiare, melanzane e peperoni (anche se non è stagione);
patate;
funghi porcini secchi;
pomodori secchi;
del pesce buono (se c’è);
carne, ma poca;
frutta in quantità;
latte;
caffé (magari non illy, ma insomma…);
biscotti di vari tipi, basta che in qualcuno ci sia del cioccolato;
fette biscottate (non integrali);
marmellata (pesca, albicocca, fragola, mirtillo, arancia);
succhi di frutta (gusti come sopra, più pompelmo e senza fragola, per carità);
nutella (se proprio siamo in fase perversa);
cacao solubile (ma non nesquik, niente roba della nestlé, anche se è difficilissimo trovare un cacao solubile anche nel latte freddo che non sia della nestlé);
varie ed eventuali…

… tanto in ogni lista, alla fine, si finisce per dimenticare qualcuno o qualcosa, no?

Bagni (da leggere a stomaco vuoto)

Piccola nota prima di andare a nanna, ché è tardi. Sono andato alla Festa dell’Unità. Ci capito ogni anno, compro delle cassette, ogni tanto vedo dei concerti, bevo qualche birra. Chiacchiero. Non mi entusiasma, ma tant’è. Sono andato nei bagni, ad un certo punto. E, ovviamente, c’era una melma acquitrinosa per terra. Ho iniziato, mentre provvedevo a fare pipì, a chiedermi come mai nei bagni ci sia sempre del liquido per terra. Dico nei bagni dei maschi. Nei bagni delle femmine non so. Non pensate male.
Ora. Noi maschietti siamo tacciati di fare regolarmente la pipì fuori dai bagni. Ma non tutta. Io tento sempre di essere regolare e di farla-dove-va-fatta. Ma quando vedi un bagno completamente allagato, anzi, quando quasi sempre i bagni pubblici che frequenti sono allagati, ti chiedi perché capiti una cosa del genere. Forse la tazza perde? Forse c’è qualche stronzo che decide di farla tutta fuori apposta?

Arrivò davanti alla tazza e si sbottonò la cerniera. Poi ci pensò e disse tra sè e sè: “Ma sai che ti dico?” e fece una mezza giravolta su se stesso.

Preso da questi pensieri sono tornato al tavolo dai miei amici. Le due sedie delle ragazze che erano con noi erano state occupate da due individui.
“Scusate”, dico, “queste sedie sono occupate”. Nessuna risposta. Solo uno sguardo rivolto nella mia direzione. Vitreo. Mi schiarisco la voce. “Ci sono due nostre amiche, qua, sono andate a comprare le sigarette, ma tornano”. Nulla. “Vabbè, quando tornano vi alzate, per favore”. Una reazione. Un sorriso e un cenno del capo. Subito dopo uno schianto. Qualcuno è salito su un tavolino facendolo crollare. Poi arriva un tipo, prende senza dire una parola un pacchetto di sigarette vuoto sul nostro tavolo e ne strappa un pezzettino, probabilmente per farsi un filtro. In un paio di minuti arriva un ragazzo trascinato dal suo cane. Sotto il nostro tavolo, non si sa come, c’erano dei croccantini per cani (o per gatti, non lo so, non me ne intendo e non avevo fame), che ovviamente avevano attirato la bestiola. Il padrone cerca di tirare via il cane, ma il quadrupede insiste. Allora il ragazzo si inginocchia per terra, mette la mano a conchetta e raccoglie i croccantini, mormorando uno “scusate”. Poi un altro schianto. Una ragazza per terra, i suoi amici applaudono e uno ha un pezzo di tavolo in mano e lo brandisce come la scimmia mulina l’osso all’inizio di 2001.

Di colpo ho capito. Quasi tutto.

P.S. I visitatori di questo diario urbano aumentano, e li ringrazio. Mi si cita anche, qua e là. In particolare vorrei ringraziare Il blog della domenica, che però qui dice che io mi credo vittima di una congiura tecnologica. Ma no. E’ solo il caso. Anche se, ogni volta che torno a casa, il mio stereo o il mio videoregistratore si mettono a fischiettare sospetti e si fanno l’occhiolino. E poi dice che non ho i permalink. Con lo stesso tono con cui si potrebbe commentare una cacca in vetrina da Tiffany’s. Gentilmente chiedo aiuto. Voglio anche io i permalink. Attendo spiegazioni.

Di |2003-09-08T03:36:59+02:008 Settembre 2003|Categorie: There's A Place|Tag: , , , , , |0 Commenti

La rivolta degli oggetti – parte seconda

Svegliarsi presto. Tipo alle 1245. Pensare di dedicare tutta la giornata a scrivere, a mandare curricula e lettere di presentazione, magari sentendo della musica, cambiare dischi e fare cose piacevoli o automatiche (e un po’ meno piacevoli).

Ovviamente mi si rompe la stampante, non appena finisco di formulare questo pensiero, stamattina (beh, ormai ieri mattina). Inerte. “Stampa”. Nessun segno di vita. Solo un debole lampeggiare di una spia, prima sembrava quasi la fine di HAL in 2001. Dopo un po’ che non viene fuori niente dal cassetto della carta, ti girano le palle e basta. Altro che Kubrick. Smonto, rimonto, disinstallo, riinstallo, pulisco testina e contatti. Le racconto una favola. Le compro un gelato.

Inerte. Bip. Bip.

Il sistema operativo inizia a stufarsi e a segnare errore. Cerco di farlo stare calmo, risolverò tutto. Rismonto, ririmonto,ridisinstallo, ririnstallo, ripulisco. Niente. Penso. “Col cavolo che ti riracconto. Al massimo ti ricompro”. “Un gelato?” chiede lei (bip). “No, un’altra stampante”. E così faccio. Ormai rassegnato, sto per recarmi al notonegozio di computer, che già mi aveva donato un misto di gioia e idiozia (era il 28 agosto), quando sento un suono provenire dalla mia tasca. Il mio cellulare che mi chiama. “Come va?” “Come, come va? Ma non eri morto?” “Ero morto. Rispondi, ché c’è qualcuno che ti chiama”. Il mio cellulare è tornato a funzionare. Nonostante il Jack Daniels. Ma quando ho chiuso la telefonata ho visto che mancavano 15 euro dal credito. Ha confessato: si è comprato una bottiglia di whisky. Via internet. Io il WAP l’ho sempre odiato.

Negozio di computer, fanciulla alla cassa bellissima. Ma è un’altra. “Incredibile” penso. “Posso fare della cazzate come una settimana fa?” mi chiede il mio cervello. Lo minaccio e si calma.

Insomma, ho comprato un’altra stampante. Forma spaziale, ovviamente. Sembra un’incubatrice del futuro (immagino quanto sia efficace quest’immagine nelle vostre menti). Mi piace, ma è violenta. Ho dato il comando di stampa e non è successo niente. Poi, d’un tratto, s’è incazzata, ha preso il foglio, se l’è ingoiato, l’ha stampato con rabbia e l’ha sputato fuori. Poi mi ha guardato e mi ha detto: “Dammene un altro”. Ho stampato altri fogli fino a che non si è addormentata.

Però un po’ mi mancherà la mia vecchia stampante e i suoi rumori. Ho stampato la tesi, con quella. Sigh. Lo so che anche a te manco, laggiù in cantina, al buio. E dell’inchiostro goccerà dalla tua testina.

Scusate. Si è svegliata la nuova stampante. Troverò dei fogli bianchi per lei, stanotte?

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