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La clessidra di Windows: un post inutile. Più degli altri. Concedetemelo.

Sono passati due mesi esatti da quando ho iniziato a scrivere questo diario urbano. Era Ferragosto, ed ero da solo a casa, da solo nel palazzo, probabilmente anche da solo nella via. Una macchia di umidità in cucina ne minacciava la solidità del soffitto, un frigo con molti Bacardi Breezer minacciava la mia sanità mentale, un caldo atroce minacciava punto e basta. Sono passate di qua cinquemila persone. Mi viene da ringraziarle una per una. Come se l’avessi fatto, immagino capirete. Anche perché dovrei ringraziare me stesso un sacco di volte. Poco elegante.

Mi diverto a scrivere qui. Anche se è riduttivo. Perché per me scrivere è divertente, ma è anche qualcosa di più. Molto di più. Ma non mi va, approfondendo l’argomento, di appesantire un post che già andrebbe letto coi piedi di piombo…

“Hai capito? Appesantire, piedi di piombo… Simpaticissimo. Da morire”

D’altro canto stavo riflettendo sui miei post. Ultimamente, me ne rendo conto, sono poco divertenti. Qualche blogger che ho incontrato mi parla dei “Neighbours” come se fossero personaggi di una sitcom. Qualche altro mi vede bere un Martini cocktail e mi fa notare che sia buffo vedermi fare una cosa di cui ho parlato. Sono cose carine da sentire. Mi ha sempre emozionato tantissimo quando le mie parole, per così dire, “hanno preso vita” (espressione da prendere con le pinze – o con il forcipe…).

“Proprio schiavo del calembour. Più che un dono, una malattia: aiutatelo”

Cos’è cambiato, nella mia vita, in questi ultimi due mesi? Direi poco o niente. A parte che ho deciso di prendere decisamente il volo. A parte il fatto che ho scelto una vita che non mi dà certezze, che mi fa stare ore al telefono (niente a che fare con “gay per te ora dal vivo senti e godi”) a inseguire persone più o meno importanti. Spesso con scarsi risultati (niente a che fare con organizzazione eventi o paparazzamenti vari). Non ho certezze di nessun tipo, per quello che mi riguarda. Però ho dei genitori e degli amici meravigliosi. Scusate se è poco.

Ma il punto è che con tutti i tremori, le incertezze, il conto in rosso, la solitudine momentanea, i dolori interiori, il carovita, il fatto che questa città sia sempre più cara e sempre più piccola, l’aumento istat, il padrone di casa stronzo, le delusioni, i telefoni sempre occupati, l’attendere (mi sento spesso come quando si guarda la clessidra di Windows e si pensa: ma sto aspettando e succederà qualcosa o devo tentare l’abracadabra moderno, cioè la combinazione alt+ctrl+canc?) snervante e continuo…

… vado a letto e penso che sono quello che avrei voluto essere in quel giorno di ormai dodici anni fa, quando scrissi il mio primo racconto. O che quanto meno sto percorrendo quella lunga, difficile, accidentata, meravigliosa strada. Mi sento fortunatissimo.

E da domani, giuro, torno a farvi sorridere. Almeno un po’.

“Leggerezza, santiddio, ci vuole leggerezza. Va’, va’ a dormire. Ma guarda questo… Bah.”

Di |2003-10-16T03:04:00+02:0016 Ottobre 2003|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , , |15 Commenti

Il dugongo sepolto

Qualche giorno fa, un’amica che vive a Londra da qualche anno mi diceva di quanto fosse buffo che certe parole che rimangono chiuse e sepolte per anni nella memoria, a volte, di colpo, tendano a rimergere.

Ieri sera io e qualcun altro abbiamo giocato a Trivial (lo so, ultimamente me ne sto in casa di sera, ma, a differenza di Marcel, non me ne vado a letto presto: quindi invitatemi ad uscire, anche tardi). Insomma, ad un certo punto capita una domanda: “Che animale dell’antichità era spesso scambiato per una sirena?”. Io e la mia squadra abbiamo risposto “il delfino”. Invece la risposta corretta era “il dugongo”. Non so se abbiate idea di che animale sia un dugongo. Lo vedete lassù. È un mammifero acquatico, anche piuttosto brutto, un incrocio tra un delfino e una foca. Come cacchio avrà fatto a ricordare una sirena agli antichi… A me Daryl Hannah ricorda una sirena… Ma il punto non è questo. Il punto è che quando ero piccolo avevo un amichetto piuttosto grosso e sua madre lo chiamava scherzosamente dugongo. Io non sapevo cosa fosse il dugongo, ma ero un grande appassionato di animali, quindi lo cercai in uno dei miei libri. Mi vedo in questa stanza, in quella che non so se chiamare casa mia o casa dei miei (no, non sono a Bologna, provengo da altri lidi e ogni tanto torno a salutare mamma e papà, eh insomma), una stanza che era sistemata diversamente, sulla poltrona intento a sfogliare un librone di animali e a guardare una foto o un disegno del dugongo. Che è rimasto sepolto nei miei pensieri fino a ieri.

P.S. La parola a cui si riferiva la mia amica, invece, era “blog”.

Di |2003-09-12T00:32:00+02:0012 Settembre 2003|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , |7 Commenti

Cambi di stagione

Mi sono svegliato, stamattina, ed era settembre. E non faceva caldo, e quasi stava per piovere. Ed è lunedì. Primo settembre. Il giorno perfetto per iniziare (una dieta, a smettere di fumare – carina la cosa dell'”iniziare a smettere”…). Già l’avevo sentito ieri sera che era settembre, sì. Ho quindi deciso di cambiare foto sullo sfondo, questa che vedete è di Friedlander, e di cambiare font per i miei post. Purtroppo, cari maniaci del font, con me non avrete soddisfazioni cromatiche. Preferisco essere leggibile, diciamo, a costo di essere banale in quello che viene chiamato layout.

Inizierò, quindi. Ho una lista di cose da fare. Anche perché il compito mica è facile: qui bisogna tentare di costruirsi (non ricostruirsi) una Vita Adulta. Ah, le maiuscole, che meraviglia. La pioggerellina non mi intristisce, anzi. E magari stasera esco e avrò quasi freddo. Quasi.

Voglio ringraziare tutti voi ancora una volta. Questo diario urbano è aperto da un paio di settimane e ha avuto settecento visitatori. Sono contento. Spero che le mie parole vi facciano quanto meno piacere (se no c’è del masochismo a continuare la lettura, no?).

Una notarella finale. Ieri pomeriggio vado a comprare un gelato in una “notagelateria” dietro casa mia (eh eh). Mi faccio fare lo scontrino e vedo che la ragazza al banco prende una vaschetta da mezzo chilo e inizia a riempirla. Le dico: “Mica è per me, quella?”. Lei si ferma e dice: “Ma sì, mi hai dato uno scontrino per mezzo chilo”. Io le dico che ho pagato per un gelato normale. Lei, quindi, rimette il gelato a posto e mi prepara un cono.

Il paradiso è pieno di persone oneste e snelle.

Di |2003-09-01T13:55:45+02:001 Settembre 2003|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , |0 Commenti

Riassunto delle puntate precedenti

Ah, però. È qualche giorno che non scrivo più, ma lo stesso i contatti aumentano. E la cosa non può che farmi piacere.
Anche se non avevo un collegamento internet, però, ho scritto lo stesso, e tanto. Adesso sono a Bologna di nuovo. Non so ancora nulla. Per il momento mi guardo intorno. E mi accorgo che la città si sta risvegliando. Qui sotto, qualche altra mia parola dei giorni passati.
La sua famiglia e i suoi animali (24 agosto 2003)
Va bene, A Day in the Life è un diario urbano, c’è anche scritto lassù in alto. Ma insomma, mi trovo in campagna adesso. Nella casa del padre della mia cara amica, e di sua moglie (del padre, non della cara amica). Una casa immersa nel verde in Toscana (ma non quella Toscana alla quale voi forse state pensando, quella dove abita Sting e altri personaggi più o meno famosi e dove ci sono solo “ibeicasalidellacampagnatoscana”) con un giardino grande grande e le stanze belle e luminose. Animali presenti: tre cani, di cui uno enorme, ma non se ne rende conto. Quando ottanta chili di cane si comportano come un cucciolo, beh, non è facile. Per ora uso il metodo Montessori, poi vediamo. Un pappagallo. Ecco. Stamattina scendo a fare colazione e vedo a tavola il ragazzo della mia amica, il padre della mia amica e sua moglie. Appoggiato sulla sedia di quest’ultima, il pappagallo, che fa colazione con noi. Lei inzuppa dei biscotti nel latte e glieli passa. Lui li prende con la zampa e li sgranocchia guardandosi intorno. Parteciperebbe alla conversazione, ma forse non gli interessa più di tanto. Andiamo avanti. Tre gatti. Uno di questi è un persiano. Che oggi mi si è messo in grembo. Automaticamente ho iniziato a carezzarlo, e sia io che lui non ci siamo curati della mia allergia al pelo felino. Poi ho smesso. E lui mi ha iniziato a battere sulla pancia con la zampa, affinché ricominciassi. Ogni volta che smettevo, lui mi chiedeva di ricominciare. Ad un certo punto io non l’ho più carezzato e lui, dopo un po’, se n’è andato, con l’aria scocciata. Ci sono anche tre conigli, che ancora non ho visto, una gazza e un altro uccellino.
Anche se è la prima volta che vengo qua mi sento a casa. Non so come spiegarlo, non è solo dovuto all’affetto dei miei ospiti. Si tratta di qualcosa di più profondo, che si manifesta e si palesa soltanto poche volte, in maniera strana. In questo caso è stato anche l’odore delle lenzuola, familiare, a farmi stare bene.
Pioggia (25 agosto 2003)
Il pappagallo sembra vagamente depresso, oggi. Lo vedo oltre la finestra, nella sua gabbia. Si guarda intorno annoiato. Mi sono chiesto spesso cosa pensano i cani, in generale, quando non corrono, saltano, abbaiano, mangiano, dormono. In questa casa, dove di animali ce ne sono tanti, il pensiero si è esteso, ovviamente, ad altre specie. Quindi mi chiedo a cosa pensi il pappagallo in questo momento. La mia amica mi ha confermato che i pappagalli sono molto intelligenti. E che questo pappagallo, ora dedito alla pulizia personale, parla.
Strana quest’estate, quasi stereotipica. Ho visto i delfini saltare nel mare. E a un metro da me, c’è un pappagallo che parla, o meglio che potrebbe parlare, ma non ha niente da dire. Immaginatelo, questo pappagallo, non posso mostrarvelo. Immaginatevelo, e, per una volta, lasciatevi andare allo stereotipo. Parla, è verde e sta appollaiato sulla spalla della sua padrona.
I delfini saltano nell’acqua, i pappagalli parlano.
Ma i cani a cosa pensano? In questo momento credo che le specie viventi intorno a me siano semplicemente accomunate da un desiderio di pioggia. O quanto meno mi piace crederlo.

Di |2003-08-27T14:48:00+02:0027 Agosto 2003|Categorie: I Am The Walrus, There's A Place|Tag: , , , , , , , , , |2 Commenti

L'inizio

Dopo una giornata di tentativi, ce l’ho fatta e ho aperto anche io il mio blog personale. Potrei dirvi che l’ho fatto perché non mi sentivo al passo coi tempi senza averne uno. O che passare il ferragosto in città è molto cool (!) ma anche molto poco cool (!!) e noioso. Potrei dirivi che l’ho aperto perché avevo bisogno di distrarmi dalla perdita d’acqua che penso farà crollare il tetto della mia cucina a breve. Ma tanto io me ne sto dall’altra parte.
Potrei. E invece, boh. Intanto vediamo come vanno le cose.
Sappiate che sono un fanatico della lingua italiana (l’unica lingua che sa di pizza e che suona il mandolino). Evitate abbreviazioni e “x” e “k”. Stendete le vostre parole lettera per lettera, come un bravo pizzaiolo fa di solito con la pasta. E non pensate di esagerare in quanto a sapore. Ma immagino che per qualche commento ci vorrà del tempo. Intanto vado a sproloquiare qua e là.
A presto.

Di |2003-08-15T17:49:19+02:0015 Agosto 2003|Categorie: I Me Mine|Tag: , |4 Commenti
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