Santi e tabacchi
L’altro giorno entro in un tabacchino: aspettavo un amico che non arrivava e ho deciso di comprarmi delle gomme da masticare e ripararmi dalla pioggia. Appena varco la soglia del negozio, un cliente mi dice: “Torna subito”. Immagino si riferisca al proprietario dell’esercizio, che poco dopo fa la sua comparsa. L’uomo si presenta urlando, ma con aria divertita, ed esclama senza indugi: “A quei tre stronzi, la prossima volta, gliela faccio vedere io. Mi tiro giù le braghe, mi metto carponi, e gli faccio parcheggiare la bicicletta tra le mie chiappe.” I pochi clienti nel locale non reagiscono, ma il silenzio viene di nuovo riempito dal vocione dell’uomo, che ripete la questione. “Quanti sono? Ah, ma vedono: giù le braghe e che mi mettano la bicicletta nel solco del culo.”
Poi serve un cliente e tocca a me. Gli porgo il pacchetto di chewing gum e due euro. Mentre mi dà il resto, sollevo lo sguardo e noto, in alto sul bancone, una foto che ritrae, senza dubbio nonostante il tempo passato, il proprietario che tiene un braccio sulla spalla di un monaco tibetano (per me potrebbe essere il Dalai Lama), davanti a quello che potrebbe essere un tempio buddista. E, ancora una volta, dubito della definizione di “pace interiore”.