Differ'nt Strokes e la sindrome di Chicco a Superstrike
Inizio a diventare vecchio, evidentemente, e a condurre una vita strana. Me ne accorgo sempre quando c’è la neve. Del fatto che abbia nevicato ieri l’ho saputo in una sua mail che ho letto stamattina: pensate un po’. L’unica cosa che mi riporta alla normalità è che mi sveglio ad un’ora decente di mattina.
In questi giorni i miei risvegli sono stati caratterizzati da un colpo di tosse fortissimo, che mi scuoteva dal sonno. Quindi mi alzavo, andavo a raccattare il polmone che era fuoriuscito e mi preparavo alla mia giornata di scrittura, miele, sciroppo, propoli e fazzoletti di carta.
Stamattina, mentre facevo colazione, ho rivisto una puntata del telefilm Arnold (in originale, appunto, Diff’rent Strokes, con l’apostrofo) dopo anni che non lo vedevo.
Quando ero piccolo Arnold mi piaceva un sacco. Aspettavo l’ora in cui veniva trasmesso, ogni pomeriggio, poi di mattina, poi non ricordo; ridevo alle battute, ed ero anche segretamente innamorato di Kimberly. I primi sintomi della sindrome del titolo sono stati due, stamattina:
1. le battute mi facevano cacare;
2. Kimberly era un cesso ai miei occhi.
Sì, c’è bisogno di una parentesi, per spiegare cos’è la “Sindrome di Chicco a Supestrike” (la cui scoperta è da attribuire ad un team di cervelli che, se non sbaglio, sono fondamentalmente quelli che scrivono qua – corigetemi se sbalio). Vi ricordate il telefilm I ragazzi della terza C? Io ne andavo matto, come Arnold (anche se ero di qualche anno più grande): mi piaceva Sharon Zampetti, anche se subivo il fascino di Benedetta, le battute mi facevano sganasciare, sapevo le sigle a memoria. Zampetti padre mi è sempre stato sulle palle, ma questo è un altro discorso. Una delle puntate mitiche è proprio quella in cui Chicco va come concorrente a Superstrike, fittizio quiz condotto, se non erro, da Marco Columbro. Una puntata decisiva, centrale, emozionante.
L’abbiamo rivista non troppo tempo fa, quella puntata, e ci siamo resi conto di quanto quel telefilm fosse, tutto sommato, stupido, banale, a volte anche volgare. Sicuramente poco divertente. Zampetti mi stava ancora di più sulle palle, anche perché mi sono reso conto che oggi abbiamo gli Zampetti al potere, praticamente ovunque. La figlia, Sharon, sapeva di plastica. Benedetta aveva decisamente perso ogni fascino. E tutte le icone della fine anni ’80 erano lì, sbattute davanti ai nostri occhi, fuori posto ed evidenti nella loro ingenuità. (Del resto, anche la sigla: “Studiare in jeans c’est plus facile, sentire Dante in Compact Disc”. Anche se c’è chi non la pensa così).
Insomma, “Chicco a Superstrike”, rivista qualche anno dopo, non fa ridere, non emoziona. Una schifezza. Fa sentire il tempo che passa. Adesso sapete cos’è la sindrome.
Sindrome che, guardando Arnold, si è manifestata in maniera violenta e crudele. Ho visto la fine della prima parte della puntata in cui Drummond, il papà adottivo dei fratelli Arnold e Willis, e padre naturale di Kimberly, ha un incidente. Arnold, disperato, dice “i bambini possono piangere” e giù lacrime (fintissime). Immediatamente ho pensato alla malattia che ha colpito Gary Coleman. Quando era piccolo io manco sapevo che cosa fosse una malattia degenerativa. Per me Arnold era un bambino. Poi ho visto Willis. O meglio, ho visto Todd Bridges, l’attore che lo interpretava. Una volta finita la serie, ha tentato di continuare a recitare, ma senza successo (Willis lo si è per sempre, probabilmente). Quindi ha iniziato ad avere problemi di cocaina e altri guai con la giustizia. Adesso si è rimesso a fare l’attore, e forse è anche peggio. E infine Kimberly. Beh, Dana Plato ha avuto gli stessi problemi di Willis, pardon, di Todd Bridges. Non ha recitato, se non in softcore, è stata su Playboy e su Girlfriends. No, non come editorialista. Nel 1999 è morta per overdose di tranquillanti.
Ma non è soltanto vedere queste cose che mi ha scosso, ma anche leggere alcuni orrendi messaggi perbenisti, qualunquisti e demagogici che erano sottesi alle puntate e che ai miei occhi di bambino erano nascosti (che mi siano arrivati direttamente al cervello?). Uno per tutti: Arnold prega Dio che non gli porti via Drummond e gli consiglia di portare via un politico. Per non parlare dei frequenti e spiattellati messaggi anti-droga (di cui c’è sempre evidenza nelle biografie linkate sopra, passando sopra, se potete, al deprecabile sito che le ospita). Probabilmente il discorso sul razzismo, dati i tempi, forse era qualcosa di nuovo in tv, ma non ne sono sicuro.
Però ho un bel ricordo. L’attore che interpreta Philip Drummond, Conrad Baine, compare ne Il dittatore dello stato libero di Bananas, nel ruolo del principale di Fielding (Woody Allen). Quando vidi Bananas per la prima volta, quando apparve sullo schermo mi fece uno strano effetto. Anche perché assomigliava tremendamente ad un mio compagno di classe, o meglio, a come sarà tra una ventina d’anni. E poi a quel tempo mi piaceva ancora guardare I ragazzi della terza C.
P.S. Ma vi ricordate chi era la fidanzatina di Willis, Charlene, nella stagione 1985/86? No? Proprio lei. Evitiamo ulteriori speculazioni, su.