Rimanere ad ascoltare le storie

Ieri, scherzando, dicevo che per sentire il concerto dei Black Forest/Black Sea sarebbe stato bello avere un thermos e una bella poltrona. Quando sono arrivato al Covo mi sono reso conto che mi sarei dovuto sedere per terra, insieme alla cinquantina di persone presenti. Niente sedie comode, thermos dimenticato a casa. Un disastro, insomma. Mi ricordavo del Covo stipato all’inverosimile durante il concerto dei Franz Ferdinand, e sembrava quasi irreale stare là, con lo spazio intorno, la possibilità di stare seduti e di allungarsi anche un po’.

Di supporto ai BFBS c’era Christina Carter e la sua chitarrina. Se il protagonista di Rain Man avesse saputo suonare e cantare l’avrebbe fatto così. Solo che miss Carter non era brava quanto Dustin Hoffman, e quindi il suo concerto si è rivelato mortale. Ricordo un testo di una canzone di circa sei minuti (o sessanta, o uno, chissà): “Tu sei come una canzone. Una canzone mai completata.” Basta. Intorno a me si è presto creato il vuoto. Alla fine la Carter si è scusata dicendo che aveva la tosse. Ma secondo me ha dei problemi molto decisamente (ehm) maggiori.

Avrei voluto parlarne con lei perché mi si è seduta accanto durante il concerto dei BFBS, ma non è stato possibile. Perché sono rimasto del tutto rapito nell’ascoltare le melodie chitarriniche di Jeffrey Alexander e Miriam Goldberg. Lei suona il violoncello. Ecco, io ho sempre avuto un rapporto strano con il violoncello. A parte l’erotismo che emana qualunque donna che suoni questo strumento, intendo. Perché il violoncello è lo strumento ad arco che più ricorda, come timbro, frequenza ed estensione, la voce umana. Quindi ho sentito Jeffrey Alexander suonare accompagnando la voce della Goldberg e del suo strumento. E sono rimasto per un’oretta, come un bimbo, a sentire raccontarmi le storie.
Bellissimo.