Ah, la musica, la musica, la musica, la musica…
Ieri, al Bronson, bel concerto dei Giant Sand (e “rivedo” Howe Gelb dopo la cena di due anni fa). Se siete curiosi, ci sono le foto.
Venerdì, festa del Future Film Festival al Locomotiv: grazie, eravate un sacco a ballare la musica che abbiamo messo Jon e io. E ogni volta mi sorprendo della gioia che si diffonde sulle facce in pista quando parte il pezzo di cui prego cadauniamo il video sottostante.[youtube=http://youtu.be/SPlQpGeTbIE]

Brian Wilson non ce la fa. E qui scatta la commozione, perché uno dei veri geni della musica americana non ce la fa più, nonostante sia coetaneo di McCartney, Bowie, Jagger, gente che salta, canta, balla. Lui non ce la fa, e si vede. Sta seduto, agita le mani come farebbe un vecchio nonno un po’ rimbambito, legge le parole sugli schermi che ha davanti.
prima, probabilmente, per il peso di un padre-padrone-manager ossessivo. Poi, per i Beatles: diciamocelo, ma vi rendete conto, soffrire per i Beatles? Voglio dire, hanno provato questo lui, Pete Best (il loro primo batterista) e Stuart Sutcliffe (mollato prima di incidere il primo disco). Wilson soffre perché sente che, dall’altra parte dell’oceano, c’è qualcuno che fa musica in maniera geniale. Esce Rubber Soul, nel 1965, e lui dice: “Minchia!” (probabilmente). E poi aggiunge: “Adesso vi faccio vedere io.” E sforna quel capolavoro che è Pet Sounds. Tre mesi dopo i Beatles fanno uscire Revolver. Dieci mesi dopo ancora, Sgt. Pepper’s. E Brian crolla, letteralmente.
Tutto questo, badate bene, scrivendo canzoni che, perdonatemi la banalità, appena iniziano fanno spuntare sorrisi e bermuda a chiunque.