Cartoline da un altrove vicino
L’effetto che mi fa Olivier Adam, ad ogni suo libro, è devastante. Ho già scritto qua di Scogliera, ma Stai tranquilla, io sto bene (suo primo romanzo, uscito da poco per minimum fax) mi ha colpito ancora di più. Ci sono delle situazioni di lettura che creano qualcosa di incredibile: io amo leggere in treno, per esempio. Concentrato sulle parole, con la musica nelle orecchie, di solito lascio che le pagine mi evochino dei volti, mentre sto a capo chino sul libro.
Quale è stato il mio turbamento quando ho visto, seduta davanti a me, Claire, la protagonista del romanzo che avevo appena iniziato a leggere. Una ragazza come la descrive Adam, con parole che conosci bene e che sai che devi limare qua e là per farle combaciare a un’immagine vera. La mia Claire, per esempio, non era bella quanto la Claire descritta nel romanzo. Ma questa imperfezione l’ha resa ancora più vicina al personaggio, rendendo quest’ultimo, a sua volta, ancora più vivido, in uno scambio serrato e ubriacante tra la realtà vissuta e quella scritta.
E mentre la mia Claire dormiva, tanto che mi è bastato guardarla due volte sole per imprimere il suo volto nella mia mente, mi sono reso conto che le parole di Adam mi avevano catturato, ancora una volta. Poche parole, secche, precise come sempre, una breve frase dopo l’altra, ed ecco, sei preso, per sempre, fino alla fine del romanzo. Talmente preso che non mi sono più reso conto di cosa facesse la ragazza davanti a me: non era importante, ero impegnato con la vera Claire, quella che correva tra le parole, capitolo dopo capitolo, tra il supermercato di Parigi dove lavora, i suoi ricordi, la casa dei suoi genitori che stava andando a trovare, proprio come me, che stavo andando a trovare i miei, con quel treno.
Il mio respiro sarà aumentato di intensità, la mia temperatura sarà cresciuta di qualche grado, come diceva Checov: Adam ha raggiunto ancora una volta il suo obiettivo. E avrà reso “creature di carne e sangue” me e Claire, me e la ragazza di fronte, e le due Claire, ognuna ignara dell’esistenza dell’altra, a qualche decina di centimetri d’aria di distanza.
“(…) bisognava partire, scappare, lasciare la Francia, che sapeva di chiuso, che ti soffocava, oppure al contrario immergercisi completamente, percorrerla in lungo e in largo, andare verso l’oceano, cercare delle radici là dove si sarebbe deciso di metterle, inventarsi una vita, andare ovunque o da nessuna parte, perché quando venivi da lì, dalla periferia parigina, non venivi da nessuna parte, venivi da una no man’s land e dovevi costruirti da zero.” (Olivier Adam, Stai tranquilla, io sto bene, minimum fax, Roma 2007, pag. 42, trad. di Maurizia Balmelli)