Etica
La parola è impegnativa, importante, spesso male interpretata, abusata o non considerata affatto. Etica. La applico ad un caso concreto, ad un esempio.
Edizione del TG1 delle 20, appena andata in onda. Si parla dei nubifragi che hanno investito ieri il Friuli. Ci sono stati due morti. Ovviamente viene intervistata la moglie di uno dei due. La quale, ovviamente, è sconvolta dal dolore, non riesce a parlare. Non più di venti secondi. Poi si passa ad altro.
Mi chiedo: a che cazzo serve mandare in onda venti secondi di disperazione così? E non è di certo un caso isolato. Vengono intervistati padri di bambini uccisi da auto pirata, vedove della mafia, giovani donne che hanno appena perso il marito. Il dolore va mostrato possibilmente quando è fresco.
Procediamo in maniera logica. Si potrebbe dire che loro potrebbero rifiutarsi di farsi intervistare. Certo. Come se uno che vive il dolore più grande della sua vita abbia la razionalità di scegliere, decidere, dare permessi. Si potrebbe dire che intervistare queste persone (anche il termine “intervista”, in questo caso, credo che sia decisamente fuori luogo) arricchisca la notizia. E questa, credetemi, non è un’ipotesi acida, sarcastica o ironica: si usano veramente giustificazioni del genere. E allora mi chiedo che cosa mi abbia dato in più sentire i singhiozzi della vedova friulana mezz’ora fa.
È veramente una battaglia persa quella dell’etica nel e del giornalismo?
Mi piacerebbe parlarne con tutti voi.