Mestieri dimenticati: il collezionista di tessere
Ho iniziato con le monete. Avevo anche comprato il catalogo World Coins, e andavo disperatamente alla ricerca delle fantomatiche cinquanta lire del 1958 (forse), che valevano, secondo le quotazioni del catalogo, un botto di soldi. Proprio così c’era scritto: a fuckin’ lot of money. Mi immaginavo di entrare dal numismatico della cittadina da cui provengo, vestito come Bogart ne Il grande sonno, o come John Holmes in The Jade Pussycat. “Ho qualcosa che può interessarla”, avrei detto, sfilando la moneta dalla mia tasca, e mostrando le cinquanta lire allo sbigottito numismatico. Mai trovate, ovviamente. Anche se mi ha fatto piacere, un giorno, vedere che in un negozio vicino a casa mia, c’era un cartello in vetrina che diceva “Cercasi cinquantalire del 1958 (forse)”. Non avevo pezzi pregiati, a parte qualcosina, che ovviamente rivenderò quando sarò povero, per comprarmi al massimo un panino al prosciutto.
Poi ho deciso di collezionare tessere. Ma mica schede telefoniche, dico tessere associative. Il modo più facile per collezionare tessere associative è, lo dice la parola stessa, associarsi. Quindi mi sono iscritto al Rock Club Fuck You, nella bassa bolognese (credo), a Nocturno, all’ASL di Bologna, ad una banca, che mi ha dato non una ma ben due tessere. Mi sono anche iscritto diverse volte all’ARCI, e anche a Rifondazione Comunista, in gioventù. A qualche club inglese, forse. Al ministero delle finanze. Alla Sala Borsa, alla Feltrinelli, a Trenitalia. Alcune di queste tessere sono andate perdute quando mi è stato rubato il portafoglio, qualche mese fa. Ho anche messo un annuncio.
“Offresi lauta ricompensa a chi restituisce un portafoglio di pelle marrone, contenente alcune tessere. I soldi potete tenerveli. P.S. Cerco anche le cinquanta lire del 1958.” Mai nessuno si è fatto vivo.
Da qualche giorno si è aggiunto un pezzo pregiatissimo alla mia collezione. Qualcuno ha tentato di dissuadermi, ma ho fatto di testa mia. Ci sono voluti due anni di tempo e di trattative, e un cospicuo esborso economico. Quattrocento euro circa, mica roba da ridere. Ma per un collezionista di tessere il problema del denaro è secondario.