Lo vedevo quasi ogni giorno, nella libreria, che mi guardava in maniera discreta. Ma io facevo finta di niente. “Insomma”, mi dicevo, “mica posso leggerlo quando capita: è un libro importante, uno di quelli di cui si parla ancora tanto, di una delle autrici fondamentali del ventesimo secolo. Ci vuole il momento propizio per iniziarlo.” E non lo leggevo mai, come è facile immaginare.
Poi l’ho preso, l’ho aperto, ho riconosciuto con un sorriso la prima nota frase (“La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comperati lei”), l’ho guardata e non l’ho letta e sono entrato nel romanzo, esattamente con la stessa emozione con cui ci si tuffa nell’acqua: farà freddo, il corpo reagirà allo shock, si fluttuerà poi tra le parole.
L’acqua era piacevolmente calda, più del previsto.
Non è stata una lettura complessa, perché mi sono dimenticato subito di avere a che fare con un Capolavoro: ero troppo impegnato a seguire i pensieri dei personaggi, anche se “impegnato” non è la parola giusta. Diciamo meglio: “scorrevo” con i pensieri dei personaggi, su e giù, dentro e fuori, come nell’acqua e le parole mi urtavano e mi facevano rotolare e mi rimettevano in piedi, per urtarmi di nuovo.

Volubile, tremebondo, l’orologio in ritardo spandeva la sua voce nella scia del Big Ben, il grembo pieno di minuzie. Battuti, sbaragliati dall’assalto dei carri, dalla brutalità dei furgoni, dall’avanzare impaziente di legioni di uomini angolosi, di donne sfarzose, dalle cupole e dalle guglie di caseggiati e di ospedali, come la spuma di un’onda esausta, gli ultimi avanzi di quella grembiulata di minuzie parvero infrangersi sul corpo di Miss Kilman, che sostava un istante immobile in strada per mormorare: “E’ la carne!”.

Ho atteso anche io la festa della signora Dalloway, e ho cercato di scambiare qualche parole con ciascuno degli invitati, mi sono emozionato (c’era il Primo Ministro, lo sapevate?), ho ammirato la compostezza della padrona di casa. Sono impazzito con Septimus, ho pianto con Peter Walsh. Sembrano frasi fatte, ma non lo sono. Quando si sta nell’acqua ogni movimento ed emozione è naturalmente spontaneo e aggraziato.
Poi ho finito il libro. E ho percepito la fine di Virginia Woolf.

… e si sentì sopraffare da una pena che sorse come una luna vista da una terrazza, che l’ultima luce del giorno morente inondi di spettrale bellezza.