La prima volta che ho sentito The Plural of the Choir, o quantomeno la sua penultima versione, è stato in una sera d’estate, credo ad agosto, seduto nella camera del fratello di Emilio, uno dei due chitarristi dei Settlefish. Da subito ho colto l’intimità del disco, anche grazie alla particolare situazione di quella sera. In silenzio davanti ad un computer per quaranta minuti scarsi, a bocca aperta.
Il mio amore per i Settlefish non è cosa nuova: conservo ancora con cura uno dei loro primi demo, il “tre tracce” che poi ha dato vita al loro primo disco per Deep Elm, Dance Awhile Upset. E di loro ho sempre apprezzato la grande apertura musicale, l’ottima preparazione tecnica e il loro naturale sfuggire della loro musica da qualunque tipo di etichetta.
Con il loro ultimo disco si va oltre, perché c’è un impressionante miglioramento della qualità di scrittura della musica, diretta e modesta (nel senso migliore del termine), nonostante la puntigliosa produzione di Brian Deck. I Settlefish stavolta parlano d’amore, e di relazioni che finiscono, con canzoni per lo più brevi, con un’attitudine pop nel vero senso del termine, e si mettono a nudo con semplicità, cercando l’unico rifugio, se così si può chiamare, nei testi sempre abbastanza ermetici di Jonathan, che però si lascia sfuggire un “the warmth i get when i play when i play in this band.” (“Ice in the Origin”). È calore, non è “emo” o “indie”.
Provate ad ascoltare The Plural of the Choir in cuffia, mentre passeggiate, e guardatevi intorno: vi sembrerà la colonna sonora di un film. Questo non è una novità. Ma il film che vedrete sarà bellissimo.
(Se volete vederli, non perdetevi il release party di The Plural of the Choir, venerdì prossimo al Covo.)
bella cosa cercare con s.google la libreria di cinema di bologna (ebbene sì, sono di bologna e non la conoscevo. ma sinora ho vissuto sotto un sasso) e imbattersi in questo blog. al covo, eh? ok, me lo segno.
precious mood
Spero anch’io di non latitare più, fratello caro, che è una fatica che non ti dico, sempre a guardarsi le spalle, mai un momento di calma.
citiamo carver? ;D
anche se è in terza persona plurale,giusto? 😀
Non è nulla male trovare qualcuno che sappia ancora parlare d’amore in musica sfuggendo alle etichette.
Grazie alla tua cultura musicale e per avermeli fatti conoscere attraverso il blog!
ciao
amelia: ci vediamo al covo, allora. o alle sei in via petroni, per un breve concerto letteralmente on the road.bambinonero: so precious.martino: non mi dire della fatica. vorrei avere bisogno di spiegazioni, per capirla, ma il tutto mi è fin troppo chiaro.anonimo: non ti si può nascondere niente, eh?ornellina: sono contento che tu li abbia scoperti “grazie” a me. ma la mia cultura musicale, soprattutto se paragonata a quella di altri noti figuri, è ben poca cosa…
uhm… alle 6. cerchiamo di essere precisi, non mi voglio perdere via petroni con concerto on the road. alle 18 di domani? alle 6 di venerdì notte? cielo, ho bisogno di certezze!