Devo avere studiato, anni fa, la tendenza che i mezzi di comunicazione di massa hanno nel chiamare i protagonisti dei casi di cronaca nera (soprattutto) con il loro nome di battesimo. Erika e Omar, Amanda e Raffaele, eccetera.
Ma, nell’ultimo caso di stupro balzato agli onori della cronaca, quello del parco della Caffarella a Roma, uno degli accusati viene ormai chiamato “il biondino”.Sono i momenti in cui mi vergogno profondamente di fare parte dell’Ordine dei giornalisti. Che schifo.
Ma, nell’ultimo caso di stupro balzato agli onori della cronaca, quello del parco della Caffarella a Roma, uno degli accusati viene ormai chiamato “il biondino”.Sono i momenti in cui mi vergogno profondamente di fare parte dell’Ordine dei giornalisti. Che schifo.
Sembra che ci sia una sorta di “mano invisibile” che li indirizzi verso un fronte comune. Come quando c’è il periodo degli stupri, o quelli dei pitbull. La colpa è di tutti (i giornalisti), la colpa è di nessuno (giornalista). Almeno, questa è la sensazione da quando sto dentro una redazione. Magari dipende dalla redazione. Magari dipende che il giornalista non è un mestiere per tutti: ci vuole una foresta di pelo sullo stomaco.
(magari dipende DAL fatto che il giornalista non SIA ecc., e con questo commento horror l’ho appena dimostrato)
Inoltre l’altro viene chiamato “faccia da pugile”.
E qui il doppio salto mortale del prode giornalista: prima caricaturizza “lo straniero”, poi banalizza il lettore italiano, quello a cui va semplificato tutto, in questo caso un nome straniero che potrebbe risultare difficoltoso da ricordare.
Ma l’apporto semantico non finisce qui.
Il posto in questione si trova a 2.5 km da San Giovanni ed è parte del parco dell’Appia Antica.
Quindi definirlo “periferia” degradata come ho letto e sentito spesso mi sembra parecchio fuori luogo. Ma si sa il “biondino” nel “parco antico” degradato suonava male.
N.
Eh, volevo scrivere le stesse cose di N (commento 3). Ecco, le ha già dette lui (o lei)