Rotonda. Sarete a Liverpool e sicuramente andrete in cerca di Penny Lane: come biasimarvi? Be’, se venite dal John Lennon Airport, ci passate accanto in autobus. Più che all’anonima stradina di periferia (i blue suburban skies, no?), fate attenzione alla rotonda che le sta davanti: molte delle cose cantate nella canzone erano e sono là. Anche se la rotonda, nella canzone, arriva solo alla terza strofa: “Behind the shelter in the middle of a roundabout”. Ovviamente intorno ci sono negozi di arredamento, pasticcerie e fiorai che prendono tutti il nome dalla viuzza. E vi assicuro che vedere l’insegna “Penny Lane Tires” fa un certo effetto.

The brave sailorStatue. Le statue di Liverpool sono divise in due grandi categorie: quelle dedicate ai Beatles e al loro mondo e quelle dedicate ad altro. Nel primo insieme c’è quella di John Lennon davanti al Cavern, un orrendo gruppo di quattro teste bronzee sempre in zona Mathew Street, una in Stanley Street raffigurante Eleanor Rigby, persino una fatta di aiuole davanti ad una delle stazioni ferroviarie cittadine. Per non parlare di quella, sempre raffigurante Lennon, davanti all’aeroporto che ha il suo nome. E chissà quante ne ho dimenticate. Nella zona dei Docks, però, ce ne sono due che appartengono al primo gruppo: una ha le fattezze di Billy Fury, altra gloria musicale locale, e un’altra rappresenta un marinaio che guarda, fiero ma anche stanco, in direzione del mare aperto. Una statua che, insieme alla Piermaster’s House poco distante, ricorda quanto la città abbia sofferto durante la seconda guerra mondiale. La casa sopra menzionata, è una ricostruzione fedele di un’abitazione inglese negli anni ’40, con tanto di nastro adesivo alle finestre e maschera antigas vicino alle tessere del razionamento. Toccante, davvero.
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Tate Gallery. Il signor Tate, anche lui, era un liverpudlian. Quindi è ovvio che l’altra Tate Gallery del Regno Unito sia nell’Albert Dock. Quando l’ho visitata si stava allestendo, mannaggia, la mostra di Nam June Paik. Ho potuto quindi vedere la collezione permanente: non male. Mi hanno colpito soprattutto dei lavori del regista Mike Figgis che, nell’ambito del progetto This Is Sculpture, ha fatto una cosa bellissima: ha preso dei pezzi della collezione della Tate (anche qualcuno di Londra) e li ha messi altrove, ricontestualizzandoli e ponendo un microfono e una videocamera di fronte alle opere e registrando le reazioni e i commenti di un pubblico selezionato, più o meno variegato. La genialità sta proprio nella ricontestualizzazione: rimettere l’orinatoio di Duchamp in un bagno pubblico, be’, è una mossa colma di senso, di significato, come potete vedere nel video quassù La serie, se siete interessati, si chiama Three Minute Wonder.
U-Boot Experience. Una delle cose che non ho fatto, insieme all’attraversamento del Mersey, alla visita alla Walker Gallery, al Magical Mystery Tour e al Beatles Taxi Tour. E diciamo che comunque la storia dei sottomarini non è esattamente tra i miei interessi principali…
What am I doing here?Vegetariani. L’annoso dibattito sulla qualità del cibo nel Regno Unito vede le fazioni divise in “pessimo” e “talvolta accettabile”. In realtà ormai sono tali e tante le tradizioni culinarie che si sono mischiate nel Paese, che si può trovare da mangiare bene, magari greco (vedi sotto) o francese. In ogni caso, ovunque i vegetariani sono trattati con riguardo: le pietanze che possono mangiare sono ben segnalate nei menù e ci sono posti davvero adatti a loro. Uno di questi mi è stato consigliato in un’intervista da Abe della band Clinic: ho seguito la sua dritta e sono andato al “The Egg Cafe”. Niente male, anche se le opere appese alle pareti, in vendita, davvero non si potevano vedere. (Il pulcino di gabbiano che vedete non è stato mangiato.)
Whitechapel. È una delle vie del centro commerciale della città, una strada attraverso la quale passi, volente o nolente. Degna di nota per i fan dei Beatles perché c’erano dei negozi di strumenti musicali nei quali i nostri si sono riforniti agli inizi della loro carriera. Al loro posto ora ci sono svariati negozi di abbigliamento, parrucchieri, caffè e altro. Nei pressi è sparita quella che dalle guide doveva essere un’antica bettola, un posto rimasto ancorato al passato, una specie di osteria frequentata da portuali. Uhm, stavolta capisco il dispiacere di chi non ha apprezzato del tutto la riqualifica del centro città.
Xmas. Andare a Liverpool due settimane prima di Natale è come stare là durante le feste: capita anche da noi che la città sia pienamente addobbata anche in questi giorni, ma nei Paesi anglosassoni il Natale è sentito in maniera fortissima, soprattutto dal punto di vista commerciale. E allora bancarelle, santi claus, festoni, luci, alberi, addobbi, in ogni dove. E gente che, come impazzita, faceva acquisti come se il tempo fosse scivolato improvvisamente alle 1930 del 24 dicembre.
Zorbas. Già ho saltato la Y: mancare anche l’ultima lettera dell’alfabeto sarebbe stato poco lodevole. Abbiamo iniziato con la spiritualità dell’Anglican Cathedral, concludiamo con la panza. Lo “Zorbas” è un ristorante greco di Liverpool, ed è uno dei posti dove vi consiglio caldamente di andare a mangiare, insieme al già citato “The Egg” e al “Cafe Tabac”. Il gestore, greco per davvero, ci ha preso in simpatia: “Una fazza, una razza”, sapete. E addirittura ci ha consigliato di non strafogarci subito di pane, perché il piatto che avevamo ordinato era enorme e consisteva in numerose portate. Aveva ragione. Sono uscito satollo e contento, un po’ come da questi sette giorni. Va bene come conclusione?

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