Allah-Las – Worship the Sun (Innovative Leisure)

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Diciamolo subito: se vi siete crogiolati sull’esordio self-titled di Matthew Correia (batteria), Spencer Dunham (basso), Miles Michaud (voce e chitarra) e Pedrum Siadatian (chitarra), godrete anche dei quaranta minuti di Worship the Sun. Altrimenti, passate oltre: perché la formula è sempre composta da psichedelia 60’s, surf e garage, mischiati a quel suono indolente e rilassato tipico delle band che provengono dalle lande soleggiate della West Coast.

In questo secondo album troverete riverberi di chitarra che paiono vibrare insieme a quelli del sole all’orizzonte, un pizzico di malinconia, ricordi di tour, qualche tocco esotico (“Yemeni Jade”), cori che inneggiano all’amore e a ciò che ci piace pensare gli Allah-Las vedano ogni giorno: il cielo blu, i canyon (come il leggendario Topanga, dove la band ha registrato le quattordici tracce del disco), l’oceano, le ragazze-della-California.

Ci sono tre buoni strumentali che permettono ai losangelini di sperimentare con slide, percussioni e vibrafoni, una title-track semplice e efficace giocata su quattro accordi quattro, ma anche una deriva quasi-country inaspettata (“Better than Mine”). Una riproposizione di suoni del passato da parte di musicisti (ex impiegati di Amoeba) appassionati di musica dei decenni passati: operazione forse non originalissima, ma sincera e ben suonata.

Recensione pubblicata originariamente sul numero di settembre 2014 de Il Mucchio Selvaggio