Daniela Santanchè: il dito medio del potere – prima parte

Una nota iniziale. Per motivi che mi sfuggono, nella biografia on line di Daniela “terzo dito” Santanchè, espressioni come “tant’è”, “n’è” sono scritte senza apostrofo. Il che mi fa pensare che Daniela si chiami, di cognome, Santanch’è.
Tutto è copiato e incollato così comè. Ops: com’è.

Lo riconosco: io da piccola ero una peste,una ribelle, una rompiballe, se mio figlio fa a me quello che io ho fatto ai miei genitori sono rovinata.

In questo non possiamo che essere empatici: se tuo figlio fa quello che tu hai fatto a noi, siamo rovinati.

Ero una ribelle, una bambina ingombrante, fastidiosa anche nei confronti dei miei fratelli, che erano perfetti, mentre io li incitavo a reagire verso la famiglia. Insomma, mi potevano ammazzare di botte, ma io niente, se avevo un´idea non la cambiavo. Mia madre era l´addetta alle sberle, alle punizioni fisiche, mi tirava perfino i capelli, e mi stupisco ancora di averne tanti.

Ribelle, si è capito, soprattutto dal gestus, segno di ribellione per eccellenza. Fomentatrice, anche. Del resto se uno ha una madre “addetta alle sberle” si può anche capire. Daniela “Masoch” Santanchè ha avuto un’infanzia difficile, ma dei capelli sani e resistenti. Che balsamo avrà usato?

Ma il castigo peggiore era quando venivo chiusa al buio nello sgabuzzino. Ci finivo se rispondevo male, se non rispettavo apposta gli orari che mi davano, se non raccoglievo le cose da terra. Io ci morivo, ma non facevo un plissè, una piega, e tanto meno urlavo “aprite”. Mai!

Plissè? Voilà, parbleu! Francesismi che non ci saremmo mai aspettati da Danielle “le doigt” Santanque. Notate anche il “mai!” finale, che ricorda tanto certe urla di qualche decina di anni fa. “A nous!”

Dopo il liceo dissi a mio padre: vado a fare l´università a Torino, Scienze Politiche. E lui: `Allora sei una brigatista!´. Io volevo dimostrargli che ero una brava, una capace, ma quando mi ha detto che ero una brigatista, allora lì mi è crollato il mondo. Lui non voleva vedere l´evoluzione della famiglia, prima contadini, poi lui che diventa imprenditore nei trasporti… pensava fosse un gap il fatto chi io mi laureassi… ma se mio figlio domani fa più di me io sono contenta.

Daniela Santanche è esempio per tutti che i soviet più l’elettricità non fanno il comunismo, così come università a Torino più scienze politiche, incredibile, non fanno il brigatismo.
Ma Daniela, evidentemente, è fissata con suo figlio: vorrebbe che facesse di più di lei. Che ne so, un doppio dito medio, un mexican fuckoff?

Il problema di Daniela, però, risiede nel rapporto coi genitori. Sentite qua.

E neanche quando sono diventata parlamentare è andata bene: nessuno della mia famiglia è mai venuto a vedermi alla Camera.

Forse perché non trovavano la biglietteria?

I soldi, i soldi sono un problema anche per Daniela, che all’università, come molti, non ha una lira. Vive a cappuccini e brioche per mesi, ma i soldi mancano, mancano, mancano. Allora deve fare dei lavoretti: intreccia perline (molto freak), lavora come cameriera al bar “Patria” (ecco, questo è meno freak), fa la modella per Coveri così si può rifare il naso, in modo tale, immagino, che non le entri in maniera fastidiosa nel cappuccino. Già che c’è sposa il chirurgo che l’ha operata. Ma Daniela Santancrazy è matta matta…

Si fanno tutti i preparativi, ma quando arriva la data del matrimonio, il 23 giugno, io, il giorno prima, decido di annullare tutto. Arrivo a Cuneo e dico: mamma, dai tutto indietro perché non mi sposo più. Ma come? E tutti gli invitati? A quel punto sono iniziate una serie di telefonate, prima mio padre poi il promesso sposo con mia madre (…). Al mattino mi era passata, oppure mi ero fatta forza, e, insomma, arrivai in chiesa al braccio di mio padre. Mi ricordo l´ingresso in questa chiesa fantastica, il quartetto d´archi, l´Ave Maria di Schubert, tutto predisposto a perfezione dal mio ex marito. Senza sapere neanche come, in sei mesi mi sono ritrovata sposata.

Tentare di annullare un matrimonio a colpi di telefono: già si sente nell’aria lo spirito di quella che sarà la Casa delle libertà.

A questo punto della biografia c’è una nota del redattore, che evidentemente ha grandi pretese e invece gli tocca scrivere la biografia di Santanchì. Oppure è stato molto provato dalla scrittura.

Ndr: l´onorevole Santanchè, ricordando nelle precedenti puntate la sua prima automobile, “una Renault due cavalli” , ha inteso citare Barney Panofsky (“la versione di Barney, Adelphi, pagina 19). La popolare macchina due cavalli – come annota anche Michael Panofsky – era naturalmente la Citroen. (sic)

fine prima parte