Penso che un giorno così non ritorni mai più
Sappiate che se stasera al Covo Howe Gelb suonerà “Nel blu dipinto di blu”, gli accordi glieli ho dati io circa un quarto d’ora fa.
Chiedo scusa a tutti fin d’ora.
Sappiate che se stasera al Covo Howe Gelb suonerà “Nel blu dipinto di blu”, gli accordi glieli ho dati io circa un quarto d’ora fa.
Chiedo scusa a tutti fin d’ora.
Sabato. Ebbene sì, c’ero anche io a vedere i Franz Ferdinand. Un concerto pieno di VIP, tra l’altro: tra il pubblico abbiamo riconosciuto un redivivo Brian Jones, con i capelli tinti di nero per non farsi riconoscere. In più uno dei roadie dei FF era niente poco di meno che James Hetfield dei Metallica. Avremmo tanto voluti sentirli suonare insieme “I Can’t Get No Sanitarium”. Sarà per la prossima volta. Tra il pubblico anche i Micecars, con i quali ho parlato di chirurgia plastica e nuove correnti negli studi comparati sul wrestling.
Ma insomma, ‘sti FF come sono come non sono. Una sottile (o spessa, o a cubetti, a seconda dei gusti) metafora.
Uno ha fame, voglia di una cosa sfiziosa. Entra da un salumiere che fa panini e gli chiede un panino con la mortadella. Eccolo. Cosa si spera da un panino alla mortadella? Che sia gustoso, che la mortadella sia tagliata bene, che il pane sia fragrante. Punto.
Avevo voglia di ballare come un cretino e cantare le loro canzoni. I FF mi hanno dato esattamente quello che volevo, e forse anche di più. Perché dal vivo suonano forti e potenti, sono coinvolgenti e il loro atteggiarsi non è assolutamente credibile. Il cantante per certe mossette ricorda uno dei Pulp. O anche qualsiasi altro cantante inglese non depressissimo (niente a che fare, quindi, con Ian Curtis e Nick Drake). Ma, finite le mossette, si mette a ridere con gli altri e con il pubblico. Come per dire: “Allora, sono stato bravo stavolta o no?”. Pare, insomma, che ‘sti FF si divertano a suonare (cosa fondamentale), lo facciano bene e siano loro i primi ad essersi meravigliati del loro successo. Tanto per cambiare, lasciatemi divagare.
Flashback. Casa di Franz. Arriva Ferdinand.
Ferdinand: Franz, non puoi capire.
Franz: Cosa?
Ferdinand: Ce l’abbiamo, sfondiamo di brutto. Senti qua (fa un riff di chitarra).
Franz: Cos’è, i Duran Duran?
Ferdinand: No, senti bene (lo ripete).
Franz: Ah, no, sono gli Interpol.
Ferdinand: Ma no, cioè, non hai capito: l’ho scritto io, ‘sto riff.
Franz: Sì, come no. Senti questo (attacca i primi accordi di “Love Will Tear Us Apart”). Che ne dici, eh? Roba mia. Ma va’.
Suonano alla porta.
Franz: Chi è?
Voce: Sono il capo della Domino Records. Passavo di qua per caso e vi ho sentiti. Vi faccio incidere un disco.
Ferdinand: Vedi? Te l’avevo detto, io.
Che poi, diciamolo, le cose in realtà non sono andate molto diversamente. I FF mi inizieranno a stare sulle scatole nel momento in cui rilasceranno dichiarazioni spocchiose e non rideranno più dopo le loro mossettine.
Dopo il concerto dancefloor scatenata. Per quanto ci si possa scatenare ballando in dodici in mezzo metro quadro. Mi sono divertito tantissimo, anche se la legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi non mi ha permesso di esibirmi al meglio durante “Surfin’ Safari”. Poco dopo il sapiente dj ha messo di seguito una canzone delle Hole e “Anarchy in the UK” dei Sex Pistols. Un segnale inequivocabile per andarsene.
P.S. Considerando il numero dipersonechehannounblog che ho visto (senza contare le altre qua sotto), comincio una petizione per eliminare la parola blog-meeting (e affini e derivati): che senso ha?
Domenica. Il ritrovo dei blogger (e vivaddio non blogger) presentialconcertodelgiorno prima (enonsolo) è fissato all’una davanti ad un ristorante del centro. Riprendendo la metafora della mortadella, cosa ti aspetti da un ritrovo di persone di cui leggi spesso con piacere e sghignazzamenti vari le parole? Che si stia bene insieme e si chiacchieri amabilmente. Se l’incontro avviene in un ristorante, poi, ci si aspetta che si mangi bene. Secondo la signora del ristorante “tutto era una meraviglia”. Ah, cosa non fanno i tortellini al Prozac mangiati tutti i giorni. Il pranzo non ha suscitato clamori, ma la compagnia è stata bella, sì. Poi ci siamo speziati l’anima e abbiamo mostrato ai non-bolognesi le solite cose. No, non la triade tette-torri-tortellini. Le tette no, per motivi di pudore (io, al massimo, avevo una serie di foto di tette che porto sempre con me, a volte servono). Non le torri, tanto quelle le hanno viste tutti. Non i tortellini, perché quelli se li è mangiati, ridendo come una pazza, la signora tossicomane del ristorante. Al massimo, sfruttando la sua euforia, avremmo potuto convincerla a mostrare le sue tette. Meglio di no. Abbiamo mostrato loro altre cose, insomma. Poi li abbiamo portati a mangiare il gelato in un posto buono. E poi li abbiamo portati in piazza Santo Stefano. Tutto qua? Tutto qua. Niente di speciale, infatti. Ma volete mettere il godimento massimo che dà un panino alla mortadella quando è fatto bene?
(grazie a tutti, di cuore!)