La prima persona plurale

Se c’è una cosa che il PD fa è spendere soldi in campagne di comunicazione: compaiono spesso, sui muri delle città, manifesti del PD, di solito contro qualcosa (il Governo), con payoff abbastanza banali, tutto sommato. L’ultimo cartellone che ho visto mi ha fatto da un lato perdere le speranze e dall’altro incazzare come una bestia.

Avete presente il PD, no? Quei partito che di solito agisce come Fantozzi quando viene chiamato: cerca di mimetizzarsi con la tappezzeria e fa finta di niente, qualsiasi cosa accada. Il PD è l’amico che fa orecchie da mercante, che quando c’è da lavorare si sloga un polso (per poi guarire miracolosamente quando c’è da prendere al volo una birra), che quando viene interpellato la prima cosa che dice è “Ma chi, io?”
Ma le cose si capivano già alla Prima Festa Nazionale del PD: io c’ero. Il PD aveva appena perso le elezioni, ma, fiero, aveva allestito alla Fortezza Da Basso di Firenze la sua bella Festa. C., che era con me, mi diceva, girando per gli stand: “Ma quando c’erano le altre Feste, quelle provinciali e quelle regionali, c’erano molti più stand”. Con ogni probabilità all’epoca il PD aveva offerto degli spazi a prezzi iperbolici. Risultato? Una festa con stand di trattori, arredamenti e niente di davvero piccolo e vicino alla “ggente”. Non solo: a quella Festa c’era una raccolta firme. A pochi mesi dal voto, il PD chiedeva ai suoi simpatizzanti, iscritti, votanti una firma per salvare l’Italia. Ma come? Vi ho votato e volete avere un altro mandato ancora?
La prassi continua: l’ultimo manifesto vede Bersani in camicia, con le maniche arrotolate. Slogan? “Per giorni migliori, rimbocchiamoci le maniche”. Eh, no, cari: io ho fatto quello che dovevo fare. Ora dovere muovervi voi. E che cazzo.