Dagli archivi: Run the Jewels – Run the Jewels 2

Run the Jewels – Run the Jewels 2 (Mass Appeal)
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Il punto non è il cosa, ma il come. Già, perché Killer Mike e El-P, giunti alla seconda collaborazione nel giro di poco più di un anno (o alla terza in un biennio, se si considera R.A.P. Music), parlano di droga, sesso, problemi con la polizia, miti musicali e politici di ieri e mondo d’oggi: i contenuti del novanta per cento dei dischi rap degli ultimi trent’anni. Ma il secondo capitolo firmato Run the Jewels ha un modo di raccontare che fa sembrare il suo già ottimo predecessore, self-titled uscito la scorsa estate, una prova generale di un disco che surclassa ogni uscita di genere recente. Il connubio tra i due è eccelso e paragonabile a sodalizi come quelli tra Jay-Z e Kanye West, o Dr Dre e Snoop Dogg: eppure, per molti versi, qua si va oltre.

I suoni di El-P, pur non disdegnando qualche ammorbidimento, rimangono scurissimi, apocalittici, minacciosi: del resto lui è “a dirty boy who come down on the side dissonance / I can’t even relax without sirens off in the distances”, come dice in “Close Your Eyes and Count to Fuck”. Il pezzo, che incita alla rivolta nelle carceri, vede un featuring di Zack de la Rocha: uno dei nomi sulla guestlist di RTJ2, insieme a Boots, Travis Barker, Diane Coffee e Gangsta Boo. Quest’ultima è autrice di un contributo chiave dell’album: in “Love Again (Akinyele Back)”, la rapper ex-Three 6 Mafia dice che il suo amante vuole il suo clitoride in bocca tutto il tempo, fornendo un controcanto alle lodi della fellatio cantate da El-P poco prima.

Ecco il senso politico di RTJ2: il bersaglio è il politically correct, che però non viene seppellito da una mitragliata di volgarità fini a loro stesse. Il nuovo modo del duo è condannare la polizia raccontando in maniera realistica di un (vero) arresto (“Early”), mostrare la disperazione nel passaggio di cocaina tra uno spacciatore e una donna incinta (“Crown”), unire i lati migliori di due autori non in senso agonistico, ma puramente e pienamente collaborativo. Et voilà: i due sfornano, alle soglie dei quarant’anni, uno dei dischi migliori della loro carriera, nonché uno degli album rap più sorprendenti degli ultimi tempi.

Recensione pubblicata originariamente sul numero di dicembre 2014 de Il Mucchio Selvaggio