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Referrers – Gente che cerca altro – 7

Dagli stessi produttori di Neighbours, in associazione con Google, Virgilio, Yahoo! e Shinystat
7. bon ton fischiettare

Continuava a guardare l’invito e non gli pareva vero. Il suo nome era stampato sulla busta e anche sul cartoncino all’interno. Era proprio lui che volevano. A cena dalla contessa Floris. Una delle donne più importanti del paese. “Del mondo, altro che.”
Era stato un anno magico, culminato con l’esibizione al Radio City Music Hall, solo un paio di settimane dopo la conclusione della tournèe italiana, davanti a cinquantamila persone, allo stadio Olimpico di Roma.
Poteva dire di essere il fischiatore più famoso del mondo. Riusciva ad eseguire di tutto, dalle sinfonie di Mahler ai pezzi dei Cannibal Corpse. Il pubblico batteva le mani, si alzava in piedi, lo invocava. Non fischiava, no, sarebbe stato un affronto.
Tra poco più di un’ora sarebbe stato in mezzo a chissà quali persone importanti, nella splendida residenza estiva della contessa. Sarebbe passata una macchina e l’avrebbe portato alla villa.
Era vestito come al concerto di New York, non se ne sarebbe accorto nessuno: gli stava bene quello smoking rosso. Non troppo fine, è vero, ma doveva distinguersi, in qualche modo. Ma aveva un dubbio: e se la contessa l’avesse invitato per prenderlo in giro? La sua musica era per il popolo, per la gente, mica per i nobili. Fu preso dal panico. Non doveva fare brutte figure. Ripassò tutto quello che sapeva sulle buone maniere a tavola. Si sentiva preparato per consumare alla perfezione una cena da dodici portate, e da dodici posate, anche. La cena sarebbe finita, avrebbero fatto due chiacchiere, o forse neanche quelle, poi se ne sarebbe andato. Si sarebbe congedato, cioè, si dice così.
E se gli avessero chiesto un’esibizione? Avrebbe fischiettato uno dei suoi cavalli di battaglia davanti a tutti? Il suo repertorio era pronto. Avrebbe eseguito il secondo movimento della sinfonia “Jupiter” di Mozart. Gli sembrava una scelta appropriata per quel pubblico.
E se fosse stato un tranello? Guardò l’orologio, c’era tempo. Doveva informarsi: si poteva fischiettare ad una cena? Internet. Un motore di ricerca. Guardò ancora l’orologio. C’era tempo. Si rilassò sulla sedia, attento a non spiegazzare la camicia con gli sbuffi.

Rimase a leggere un blog stupido. Nessuno gli suonò al citofono. Semplicemente, l’autista della contessa Floris, conosceva il bon-ton. Un quarto d’ora di attesa sotto casa del fenomeno da baraccone, come lo chiamava la contessa, era più che sufficiente. Evidentemente il grande fischiatore se la tirava, aveva pensato l’autista.
Il grande fischiatore, invece, quando si rese conto del tempo passato, imprecò ad altissima voce, infischiandosene delle buone maniere e di quello che potevano pensare i vicini. Puntualmente i vicini commentarono con un “Ma insomma!”, che risuonò nell’aria. Lui si vergognò, ma non gli venne da fischiettare per nascondere l’imbarazzo.

Referrers – Gente che cerca altro – 5

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5. “la mia fidanzata nuda gratis”

L’ultima cosa che sentiva e che gli si piazzava nella testa per almeno due ore, era il rumore della porta che sbatteva. Ogni volta che lei se ne andava, sbatteva la porta. Ma forte. E luicontinuava a sentire quel rumore sordo, talvolta accompagnato dalle urla della vicina. “Ma basta sbattere queste porte, insomma!”
Eppure l’amava. Quando si era messo con lei, i suoi amici erano sbiancati. “No. Con lei?” E ogni volta che passavano insieme, attiravano solo sguardi invidiosi. Invidia e desiderio, ecco cosa suscitava la sua donna. Una bellezza perfetta, luminosa, erotica, non volgare. Un cervello, ben piazzato nella scatola cranica, che funzionava a dovere. E tutti gli accessori che si potevano desiderare. Sapete, quelle piccole grandi cose che fanno impazzire gli uomini. Per esempio, saper pronunciare correttamente alcune parole francesi, anche se cadute in disuso da anni. Fanno comunque un certo effetto.
L’amava, nonostante con lei non fossero andati oltre il bacio-con-la-lingua. Non appena lui allungava una mano, lei si irrigidiva. Se lui tentava di andare oltre, facendo finta di non notare l’irrigidimento, ecco che lei si alzava. Se provava a discutere, lei se ne andava. Se tentava di chiamarla, per continuare a discutere, se ne andava, sbattendo rigidamente la porta. Lui piangeva un po’, poi si masturbava, e, alla fine, con la pace dei sensi, pensava “L’amo”.
Quel giorno, però, non ne poteva più. Iniziava ad esserci la primavera, pollini e ormoni nell’aria. Non gli interessavano assolutamente le capacità linguistiche della sua donna. La voleva nuda, cosparsa di venticinque gusti diversi di gelato, magari anche con delle cialde, dei coni, della granella di nocciola, della panna montata e un cucchiaino colorato. No, quello meglio di no. Voleva farci l’amore, voleva. “Ti pago”, le aveva detto quasi piangendo. “Fammi vedere le tette. Ti amo. Quanto vuoi?”. Era impazzito. Lei aveva sbattuto la porta. E lo “sbam” gli risuonava nel cervello, in continuazione.
Accese il computer, sperando di ottenere qualcosa per alleviare le sue pene. Digitò qualche parola in un motore di ricerca.
Quando premette invio, scoprì che la sua ragazza aveva mostrato le sue pudenda, senza chiedere compenso alcuno, ad almeno un fotografo (direttamente) e a qualche centinaio di milioni di persone (potenzialmente). Ma forse i fotografi erano di più, visto che lo stile e la luce delle diverse pose era evidentemente diverso. Per non parlare degli attori che erano con lei. Ma probabilmente si trattava di un fotomontaggio, un fotomontaggio realistico, magistrale.
Poi lesse per la prima volta in vita sua un blog, ma non c’entrava niente. Andò su Splinder, e ne aprì uno anche lui. Dicevano che funziona, per dimenticare donne del genere. Gli rimase solo voglia di gelato. Ma anche quello si doveva comprare.

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