postmodernismo

Bill, Kevin, Edward, Hubert, Henry, Clem e Dan

Chi sono? Vi chiederete. Ma i nomi dei sette nani, secono lo stupefacente Biancaneve di Donald Barthelme. Ho aspettato di avere il tempo e la calma necessaria per leggere il terzo libro di Barthelme che minimum fax ha ben pensato di ripubblicare, dopo Ritorna, dottor Caligari! e Atti innaturali, pratiche innominabili. Ero un po’ dubbioso, visto che i due volumi citati sono di racconti e, considerando la fortuna delle riedizioni dell’opera del grande scrittore americano, pare che Barthelme sia ricordato più per questo genere letterario che per altri, sebbene abbia scritto anche un altro romanzo, una favola per bambini e molti saggi.
E invece funziona tutto alla perfezione: come al solito, la scrittura di Barthelme non è facile, come è lecito aspettarsi da uno dei principali esponenti del postmodernismo letterario americano. Ma questa difficoltà è ampiamente compensata dall’incredibile arguzia e ingegnosità del libro. La fiaba di Biancaneve è presa come riferimento, come testo-base che diventa esplicito nel questionario rivolto al lettore che interrompe il libro a metà (una delle domande che ci viene rivolta è “Dopo avere letto fino a questo punto ha capito che Paul incarna la figura del principe?”). Ma l’attenzione di Barthelme è tutta sulla protagonista, bellissima, amata disperatamente dai sette nani (che di lavoro creano omogeneizzati e lavano palazzi), osteggiata dalla perfida Jane e insidata dal volgarissimo Hogo de Bergerac.
Il minimo gesto è fonte di lunghe disquisizioni, che si interrompono bruscamente così come sono iniziate, ci sono analisi apparentemente minuziose di psicologie e comportamenti che si risolvono in un nonsense, discorsi a mo’ di comizio, momenti surreali altissimi.
Ma la struttura del libro – e non potrebbe essere altrimenti – è un insieme di frammenti brevi, legati dal continuo rimando che il lettore fa (anche involontariamente) all’icona di Biancaneve, che Barthelme rielabora e distrugge con raffinatezza e anarchia. Un capolavoro, davvero, che non dimostra minimamente i suoi quarant’anni. Ma, d’altro canto, certi romanzi e certi personaggi sono immortali.

"Barthelme era il nostro eroe, ragazzi!"

Era da un sacco che lo vedevo, quel libro, poggiato lì in mezzo agli altri, alla Feltrinelli. Ma non mi sono mai deciso a comprarlo, chissà perché. Me l’ha comprato una splendida fanciulla e me l’ha fatto messo nello zaino a tradimento. Vedo spuntare questo libro arancione e lo inizio.
Beh, ragazzi… Che libro, Ritorna, dottor Caligari. La frase virgolettata del titolo del post è di Carver (e te pareva), ma non c’è scrittore più distante da Carver di Barthelme (ah, la pronuncia è con l’accento sulla prima “a”). Eppure, come Carver, sento che Barthelme diventerà uno degli autori della mia vita.
Fissiamo delle date: il libro esce negli Stati Uniti nel 1964. In quell’anno i Beatles fanno uscire A Hard Day’s Night (disco e film), Carver ha gli stessi anni che ho io adesso, lo show radiofonico The Goons è finito da quattro anni, Kennedy è morto da un anno, il telefilm di Batman, quello con Adam West e i vari “SBANG!” “CRASH!” “ZING!” a tutto schermo, andrà in onda dopo due anni, nasce Bret Easton Ellis.
Perché questi riferimenti passati, contemporanei e futuri alla data di pubblicazione di Caligari? Perché in questo libro c’è tutto questo e anche di più. Lo stile demenzial-britannico tipico dei Goons e, per filiazione, dei Beatles (nei film sono incredibilmente folli e divertenti) e dei Monty Python; l’attenzione alla realtà americana di quegli anni, quella in cui si formerà Carver; la maniacale focalizzazione su status sociale, prodotti, marchi e tutto quanto stava succedendo negli USA ricchi, benestanti, ma terrorizzati dal loro potere e dalla loro posizione: Ellis, seppur distante come autore, non può non averla presa in considerazione. E poi Batman: c’è un racconto (forse il più divertente di tutta la raccolta) che si intitola Il più grande trionfo del Joker che sembra una sceneggiatura di una puntata di una delle serie più pop che siano mai state realizzate. Pensate solo che nella Batmobile c’è un pulsante per tutto, per farsi un cocktail, per le sigarette, per avere del ghiaccio… E c’è una descrizione della personalità del Joker che devo riportare per intero (sperando che quelli della minimum fax non mi facciano causa):

“Consideralo a ogni livello di comportamento”, disse lentamente Bruce, “a casa, per strada, nelle relazioni interpersonali, in carcere: c’è sempre una straordinaria contraddizione. È sudicio e ossessivamente pulito, appartato e disperatamente socievole, entusiasta e accigliato, generoso e taccagno, un elegantone e uno spaventapasseri, un gentiluomo e uno zotico, portato a eccessi di felicità e di disperazione, singolarmente capace di applicarsi e in grado di sciupare una vita intera perseguendo cose banali, urbano e sconveniente, gentile e crudele, tollerante eppure aperto alle più esagerate forme di bigotteria, un grande amico e un nemico implacabile, amatore e odiatore delle donne, delicato e osceno nel parlare, libertino e puritano, gonfio di superbia e ossessionato dal senso di inferiorità, reietto e arrampicatore sociale, malvagio e filantropo, barbaro e mecenate, innamorato della novità e rigidamente conservatore, filosofo e sciocco, repubblicano e democratico, generoso d’animo e terribilmente meschino, distaccato e traboccante di impulsi di amicizia, bugiardo inveterato e incredibilmente rigido quando si tratta di quisquilie, avventuroso e timido, fantasioso e stolido, malefico eversore e piantatore di alberi il Giorno della Festa degli Alberi: te lo dico francamente, quell’uomo è un casino.”

E poi racconti su persone che fanno l’analisi grafologica della personalità di un mendicante partendo da come ha scritto il suo cartello di aiuto, conduttori radiofonici che trasmettono solo l’inno nazionale e racconti di vita per ricordare alla donna che li ha lasciati i momenti più belli passati insieme, un assicuratore di trent’anni e passa che si ritrova alle scuole elementari ed è sedotto dalla maestra.
Inclassificabile come solo i capolavori sanno essere, Ritorna dottor Caligari è un libro spesso complesso, talvolta anche difficile da leggere, ma meravigliosamente arguto, divertente, volgare e raffinato. Spettacolare. E poi c’è una frase splendida, in uno dei racconti, che penso mi farò scrivere su una maglietta, o tatuare sul petto: “Prenditi il tuo amore e ficcatelo su per il cuore”.
Barthelme è anche il mio eroe, ragazzi.
(Se volete, potete scaricare il primo racconto qui.)

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