Ricordo guanciale: post intimista-nostalgico. Diabetici, occhio.

Iniziamo da me. D’altro canto il post è intimista, no? Ero un bambino bravo, quando ero piccolo piccolo. Non rompevo le palle, non svegliavo mia madre ad ore assurde per la poppata, non strillavo troppo, mangiavo e non facevo capricci. E non combinavo troppi casini. “I problemi”, dice mia madre, “sono iniziati quando hai imparato a parlare”. Ma questo non c’entra.
Un giorno, però, ho fatto qualcosa tipicamente da bambino. Ero sul terrazzo della casa dove sono nato, al quinto piano. Non potevo vedere fuori perché l’orrenda “ringhiera” di cemento impediva a me nanerottolo la vista dell’orizzonte. Molto leopardiana, come cosa. In un cestino sul terrazzo c’erano delle arance. Io ne ho presa in mano una alla volta, appoggiandomele alla guancia, sentendone il freddo. Ogni volta che ognuna prendeva la temperatura del mio corpo, con il candore tipico dei bimbi, la buttavo giù, alla cieca. E ne prendevo un’altra.
Questo racconto mi è stato fatto da mia madre, ma, a differenza di altri episodi della mia vita di bimbo che non ricordavo direttamente, ha sempre avuto qualcosa in più, un non-so-che che mi penetrava fino in fondo. E adesso torniamo al presente.

Mi è sempre piaciuto guardare le fotografie, mie o di altri. E sentivo che c’era una fotografia, da qualche parte, che aveva a che fare con l’episodio che ho raccontato. Ripeto: lo sentivo mio, ma c’era qualcosa in più. Mi sembrava di ricordare il senso di liberazione che avevo nel lanciare della arance dal quinto piano, facendo qualcosa di assolutamente proibito, tra l’altro. Ho portato da casa dei miei degli album di foto. E ho trovato la foto in questione, che non metto qua, anche se l’ho subito passata allo scanner, per motivi di pudore (se proprio siete curiosissimi e mi scrivete, ve la mando, veramente). Mia madre è uscita, mi ha visto in questa posa buffa. Prima di fermarmi, è tornata a casa e ha fatto la foto. L’ho rivista, quindi, dopo tanto tempo. E mi sono reso conto che quello che ricordo nettamente è il freddo dell’arancia sulla guancia.

Sì. Questo è il mio primo ricordo in assoluto. Era l’aprile del 1980. Avevo un anno e dieci mesi. Ed ero biondo.