Diecisudieci

Stamattina mi ha svegliato un incubo. Anzi, due, uno alle nove e uno alle undici. Ho fatto colazione e mi sono sentito uno di quei settesudieci che passeranno il Capodanno a casa (me l’ha detto il Televideo, non che passerò il Capodanno a casa di amiche, quello è stato deciso con sommo tempismo verso le otto di ieri sera). Sono uscito. Bologna era piena di gente, soprattutto gente arrivata da poco, con cartine spiegate o che parlava di dove andare, cosa fare. Chiaramente loro erano i tresudieci. Mi sono aggirato pigramente nella Feltrinelli sotto le due torri, inaspettatamente deserta. I musicisti rom per strada suonavano, a seconda, “Besame Mucho”, il tema del Padrino oppure “O sole mio” (immagino con scopi propiziatori, visto il cielo plumbeo).
L’ultimo giorno dell’anno, pensavo. Potrebbe essere tempo di bilanci, di classifiche, tirare le somme, buona fine buon principio. Tenterò di non fare nulla di tutto ciò, non mi sembra il caso.
Spero solo che stasera il conto alla rovescia passi in fretta.
Voglio augurare a tutti (diecisudieci) un anno nuovo di pace, serenità, amore.
Lo so che è molto hippy come cosa, ma è quello che sento. Di cuore, a tutti voi, gli unici auguri che secondo me hanno senso in questo periodo. State bene.