Arc Iris – Arc Iris (Anti-), 1 aprile 2014

8

Nel curriculum di Jocie Adams spicca, quasi più della militanza nei Low Anthem, un periodo passato alla NASA come ricercatrice: è il lato inaspettato, bizzarro, ma allo stesso tempo “serio” nella biografia di un’ottima musicista. C’è una sorta di corrispettivo di tutto ciò nel debutto solista a nome Arc Iris: si stende sulle undici tracce del disco, portando l’ascoltatore per mano in un viaggio in cui c’è una vera sorpresa ad ogni passo. Jocie mischia rock, jazz, folk, country, ma evita pasticci, barocchismi e virtuosismi, non forza la mano pur non disdegnando arrangiamenti complessi (basati principalmente su archi, fiati, armonie vocali e pianoforte) e richiami colti (uno su tutti, la musica da cabaret). Traccia la strada mentre la percorre e il paesaggio coloratissimo che si snoda canzone dopo canzone davanti ai nostri occhi muta di continuo, rivelando scorci inaspettati che fanno sobbalzare il cuore.

Arc Iris si muove avanti e indietro nel tempo e non ha paura di fare seguire l’ambiziosa “suite” in due parti “Honor of the Rainbows” da “Powder Train”, una canzone sulla cocaina (sic) che sembra provenire da un’altra epoca. Ma non c’è passatismo nell’album, né fastidiose strizzatine d’occhio: Jocie Adams, se ci dà di gomito, è per farci salire su una giostra. Un consiglio? Lasciatevi andare, il divertimento è assicurato.

Recensione pubblicata originariamente sul numero di maggio 2014 de Il Mucchio Selvaggio