Esami

Quindi, domani inizia la maturità. Quest’anno sono quindici anni che mi sono diplomato: ricordo molto bene alcune cose degli esami, altre un po’ meno. Ma ho due riferimenti assoluti: uno di cui ho in mente ogni particolare, l’altro che, invece, è stato completamente cancellato.
Ciò che ricordo bene, durante l’orale, fu la correzione del compito di italiano: il membro interno, professore di scienze, fu particolarmente stronzo. Il tema ricevette un giudizio molto positivo, ma lui si impuntò su un paio di cose: la prima era una specie di sfida sul significato del termine “affatto”. “Vuol dire ‘per niente’?” mi chiese con aria viperesca. “No”, dissi io, cercando di dissimulare il terrore suscitatomi da quella domanda. “Ecco”, rispose lui. Poi prese i fogli del mio compito d’esame e mi indicò un segno rosso, senza dire nulla, stavolta. Io, che facevo davvero di rado errori di ortografia, avevo messo un apostrofo tra “un” e il sostantivo maschile che lo seguiva. Perché? Distrazione, chissà. Fatto sta che tuttora mi capita di rifare quell’errore. Ma chiedetemi pure che vuol dire “affatto”, risponderò senza timori.
Quello che ho totalmente rimosso, invece, è stato il compito di matematica. Ho fatto il Liceo scientifico e, verso la fine del triennio, complice anche la coeva canzone dei Rage Against the Machine, pensavo che avere fatto matematica fosse stato il modo migliore per mettere in pratica il “Know Your Enemy” di Zack de la Rocha e soci. Nonostante questo atteggiamento spavaldo, sono morto d’ansia prima di ogni compito di matematica dei cinque anni del liceo: dato che ricordo bene quella sensazione letale ancora oggi, mi domando spesso come accidenti abbia affrontato il compito di matematica dell’Esame di Stato. Eppure anche quello è andato bene. Ma non ricordo nulla, niente, se non una parabola, non intesa nel senso evangelico né elettrotecnico: la funzione della parabola, quella c’era. Tutto il resto: zero (è il caso di dirlo).
Parlando di ciò con altre persone, mi sono reso conto di non essere il solo ad avere attuato queste rimozioni: e sono in buona compagnia quando collego questo fatto bizzarro a una scena di Top Secret di cui ho compreso la valenza sono molti anni dopo avere visto quel capolavoro di demenzialità. Il protagonista, Val Kilmer, si aggira per i corridoi di una scuola, nel panico: chiede informazioni a un ragazzo su un esame, ma quello gli dice che è già iniziato, ha perso la sua occasione. Kilmer è disperato… quando si rende conto che è tutto un sogno: si risveglia legato a un ceppo, mentre due energumeni lo frustano. “Ah, la dolce realtà”, sussurra in un sorriso sotto i colpi.
Così, quando mi sento giù di corda, penso che quel maledetto esame l’ho dato, sebbene non me ne ricordi. Sperando che, come capita in certi film, non riceva una lettera dal Ministero: proverò comunque a barattare la ripetizione della prova con qualche frustata.