il mucchio selvaggio

Dagli archivi: Depeche Mode, Unipol Arena, Casalecchio di Reno (Bologna), 22 febbraio 2014

La band torna nel nostro Paese dopo le due date estive del luglio 2013: ecco quello che è accaduto nella terza e ultima serata italiana dell’European Winter Leg del tour di Delta Machine, a Bologna. Può bastare un grande nome, un frontman iconico e dei pezzi immortali per rendere un live indimenticabile?

Foto da Flickr @sybell3

Tre schermi con visual spesso di ottima qualità, file e file di luci, piattaforme e proiezioni: è imponente la scenografia del palco montato all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno, appena fuori Bologna. Una delle venue indoor più capienti del Paese ospita i Depeche Mode per l’ultima data italiana del tour invernale di Delta Machine, dopo i concerti tenuti a Torino e Milano nei giorni immediatamente precedenti.

Il live è sold out, come il 99% delle date dei Depeche: più di undicimila persone sono pronte ad acclamare Dave Gahan, Martin Gore e Andy Fletcher, che salgono sul palco (insieme a Peter Gordeno e Christian Eigner) poco dopo le 21. L’inizio è dedicato all’ultimo album: “Welcome to My World” è una canzone che pare scritta anche come opener perfetto per il tour. Da quel momento in poi la scaletta (una ventina di tracce, uguali data dopo data in questa parte di tournée) è un mix calibratissimo di estratti dagli ultimi dischi e grandi classici, con una precisione matematica quasi prevedibile.

E forse la prevedibilità del set è uno dei punti dolenti del concerto bolognese della band: per quanto infatti i Depeche suonino bene (nonostante la pessima qualità del primo terzo di concerto) e concedano un paio di versioni alternative e remixate (“Halo” è notevole) non c’è un momento in cui si rimanga davvero sorpresi. Anche gli intermezzi acustici (“Slow” e “Blue Dress”) sono funzionali: lasciano il palco a Gore per fare riprendere fiato a Gahan, il vero protagonista della serata. Il frontman sfoggia anello con teschio e gilet nero d’ordinanza e, onore al merito, non si risparmia: suda copiosamente, struscia il pacco sull’asta del microfono, dirige il pubblico in cori infiniti su “Enjoy the Silence” e mostra tutto il repertorio da rockstar qual è.

Ma appunto è tutto come ci si aspetta, come se le quinte (nonostante la scenografia) fossero nascoste maldestramente e si percepisse il necessario lato “business” dello show a cui abbiamo assistito. I fan duri e puri dei Depeche non ce ne vogliano, ma ci aspettavamo qualcosa di più. O qualcosa di meno. Insomma, una sorpresa, che sia una, perché per quanto sia bello cantare insieme a migliaia di persone “Just Can’t Get Enough”, c’è un problema se si pensa che, a un certo punto, “enough is enough”.

Recensione pubblicata originariamente sul numero di aprile 2014 de Il Mucchio Selvaggio

Dagli archivi: Cesare Malfatti – Una mia distrazione

Cesare Malfatti – Una mia distrazione (Adesiva Discografica), 22 novembre 2013
7,5

Mentre scriviamo queste righe, Cesare Malfatti ha raccolto su Musicraiser quasi tutto il necessario affinché il suo ultimo album sia distribuito nei negozi, in cd jewelpack. Già, perché dal novembre del 2013 il cd di Una mia distrazione è acquistabile direttamente sul sito di Malfatti, in un formato particolare, sottovuoto, insieme a 9 cartoline: sul fronte fotografie scattate dallo stesso ex-La Crus nel corso degli anni, sul retro i testi, firmati da Luca Lezziero e Vincenzo Costantino Cinaski. Concepito insieme al pianista Antonio Zambrini e registrato (in pochissimo tempo) anche con Matteo Zucconi (contrabbasso), Riccardo Frisari (batteria) e Vincenzo di Silvestro (che suona tutti gli archi), quello di Malfatti è un disco raffinatissimo negli arrangiamenti che tendono spesso al jazz, e non per caso considerando il curriculum di Zambrini e degli altri collaboratori. Una soluzione che, sposata alla dolcezza delle melodie e all’inconfondibile voce leggera e quasi sussurrata di Malfatti, fa pensare (in molte ariose e lievi aperture) al lavoro fatto da Kirby e Harris sulle partiture di archi e piano dei primi due dischi di Nick Drake. Una mia distrazione suona diverso da ogni cosa pubblicata da Malfatti in passato: che rimanga, appunto, solo una distrazione, o indichi una nuova strada, è comunque un album curatissimo, delicato e prezioso.

Recensione pubblicata originariamente sul numero di maggio 2014 de Il Mucchio Selvaggio

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