mestre

Il treno dei desideri…

Svegliarsi relativamente presto anche la domenica mattina e prendere l’ennesimo treno non è il modo migliore per finire la settimana – se siete cristiani – o per iniziarla – se credete in Film TV o in qualsiasi rivista di programmi televisivi. Ma tant’è, mi preparo ad oltre quattro ore di viaggio.

Il treno è poco affollato, e, nonostante il rincoglionimento, riesco a sentire i discorsi dei miei vicini, tutti di una certa età. Non mi concentro sulle voci, per cui il loro chiacchiericcio diventa un magma indistinto.

– Dove va, signora?
– A Mestre.
– E com’è?
– Bellissima. Poco traffico.
– Ma signora, dove c’è traffico? Ormai…
– Certo che Venezia…
– Ah, sì, Venezia. Mi piacerebbe viverci.
– A chi non piacerebbe… Ci viveva mio cognato, sa.
– Ci viveva? Non c’è più?
– No, se n’è andato, è morto ormai un anno fa.
– Mi dispiace.
– Macchè, uno stronzo tremendo.
– Sa che a Venezia ho mangiato veramente male, l’ultima volta che ci sono andata.
– Signora mia, in Italia si mangia male. Meglio andare all’estero, guardi.
– Ha ragione da vendere.
– Guardi, guardi fuori dal finestrino. Ai miei tempi era tutto identico, Facevo questa strada per andare al lavoro.
– Lei che cosa fa?
– Sono in pensione.
– Ha una bella pensione?
– Sì, non mi posso lamentare. Poi, con questi prezzi bassi… Ieri ho comprato dodici chili di zucchine: sa, costavano così poco.
– Le zucchine costano sempre pochissimo. Anche quando sono fuori stagione.
– A proposito, stiamo proprio vivendo un bell’autunno, no?
– Già, un autunno proprio autunnale, come ogni autunno, del resto.
– Guardi che sole, guardi. Tutto merito di questo governo.

Mi sono svegliato di soprassalto, ansimando.

… coi miei pensieri all’incontrario va.

Cats and cigarettes

Ho una confessione da farvi. I miei genitori non sanno che fumo. O meglio, non sanno che fumo sigarette. Cose strane, lo so, ma tant’è. Quindi, dopo il pranzopasquale, dopo il caffè, niente sigaretta. Guardo il mio fratello di parole (special guest per queste festività nel profondo nordest) che se la fuma, la sua, e muoio anche io dalla voglia di una sigaretta. Niente. Fino a che non mi accompagna in stazione, domenica. Nel sottopassaggio, finalmente, posso accendermene una. Salgo le scale e continuo a fare due chiacchiere con il fratello di parole che ha deciso di fermarsi con me fino a che non arriva il treno. Dopo un paio di minuti, qualcuno mi chiama.
“Francesco!”
Mi giro e non ci posso credere: è il medico di famiglia dei miei, nonché loro amico. Personaggio alquanto buffo e strano. Bravo, eh. Tanto bravo che non appena ho potuto ho cambiato medico.
“Uhm, ciao” faccio io.
“Eh, ma sei tu, non ti riconoscevo! Ho visto un fumatore…”
“Ahiacazz'” penso io: mi ha etichettato, è la fine. “Fumatore… Ogni tanto…”, tento di giustificarmi. E mi viene in mente di una delle ultime visite che mi ha fatto. Avrò avuto tredici-quattordici anni. Ausculta, batte, le solite cose. Poi mi guarda là, tutto a posto, ma mi chiede repentinamente: “Sesso? Dico, qualche pippetta?” (testuale). Io divento viola e dico “Nooooooooooo”, ma seriamente. E lui, trattenendo un sorrisino: “No, no, certo”. Tanto per dirvi che tipo bizzarro sia.
Scopro che faremo il viaggio fino a Mestre insieme. Io avrei voluto leggere, ma pazienza. Quando ci sediamo gli chiedo se può mantenere il segreto professionale, per modo di dire, sulla questione delle sigarette, onde evitare che precari equilibri familiari vengano mandati in fumo (ops). Lui acconsente e iniziamo a parlare. Mi dice, tra le altre cose, che:
1. è triste perché gli è morto il gatto, anzi, la gatta a cui la figlia ventenne è affezionatissima. “Non ha amici”, mi confessa. “Non aveva amici”, correggo io pensando si riferisca alla gatta defunta;
2. ha sepolto la gatta in giardino, mettendo delle viole come decorazione, in un punto in cui la figlia – in vacanza con la madre e ancora ignara della disgrazia – possa vedere la tomba dell’amato felino mentre studia. Poi ci pensa e dice: “Va a finire che questa guarda fuori dalla finestra, si intristisce e non studia un cazzo”. Io lo convinco a non chiamare il vicino per fargli disseppellire il cadavere;
3. deve andare in Sicilia, ma non ha preso l’aereo perché ha paura di attentati (era l’11 aprile): evito di dirgli che l’ultimo attentato è stato fatto in un treno, pensando che quel povero uomo ha davanti a sé un giorno intero di viaggio;
4. i genitori sbagliano tutto e sono troppo emotivi;
5. la nostra generazione è fottuta;
6. lui, però, ha problemi alla prostata, che lo faranno sicuramente andare in bagno molte volte di notte, disturbando i suoi compagni di vagone letto. “Dovevo portarmi il pappagallo di carta”, conclude. Io rido. Lui no. Penso a come può essere fatto un pappagallo di carta.
Finalmente arrivo a Mestre e lo saluto. Prima di scendere gli dico: “Oh, mi raccomando. Mantieni il segreto, eh”. “Quale segreto?” chiede lui. “Sul fatto che fumo”. “Ah, pensa, non me lo ricordavo già più. Vedi, io con il segreto professionale non ho problemi, sono un ottimo medico: infatti non mi ricordo un cazzo”.

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